Diario in coronavirus

Diario in coronavirus con grani di scrittura – 11°

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Federazione Unitaria Italiana Scrittori
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Diario in
coronavirus
con grani di scrittura

11°
Domenica di Lettura –
24 maggio 2020

 

Indice

Proponente FUIS – Natale Antonio Rossi
11° testo proponente FUIS


Probabile conclusione del DIARIO: 7 giugno 2020

Il DIARIO IN CORONAVIRUS, con annessa DOMENICA DI LETTURA è giunto alla sua 11° antologia.
Se ne prevede la conclusione domenica 7 giugno. Tale previsione di chiusura è determinata dalla fine auspiscabile della clausura o autoisolamento a cui siamo stati costretti: coloro che ci hanno inviato loro scritti e che ritengono di dover dare un finale, lo facciano.Sarà utile al momento del collazionare i testi per l’antologia su carta.
Continueremo, progettando altre modalità on.line e non, suggerite anche dagli associati, a seconda delle opportunità che saranno permesse.
Nel frattempo abbiamo provveduto a rafforzare la FUIS e Federintermedia in ambito on.line e internazionale.
Infatti i ns.siti sono:
www.fuis.it,
www.federintermedia.it, quale organismo di gestione collettiva dei diritti. (Gli scrittori e gli artisti, che abbiano diritti da esigere, sono invitati ad iscriversi).
A corredo di ciò due riviste:
www.scrittoritaliani.com, periodico on.line di servizio per la scrittura e per l’arte,
www.formafluens.net, periodico on.line con propositi internazionali stante l’accoglienza di contributi in lingua anche non italiana.
Non ultimo il sito dedicato al Premio The Bridge Il Ponte, giunto alla 5° edizione, con 100 giurati – 50 in Italia e 50 in U.S.A. – che propone i migliori testi di narrativa e di saggistica della produzione italiana e statunitense far pubblicare, in traduzione, agli editori dei rispettivi Paesi.
La politica culturale, che la FUIS e Federintermedia perseguono, è stata rafforzata dalla presenza di un rappresentante degli scrittori italiani in I.A.F. (International Authors Forum) nella persona di Katie Webb.
Tale presenza insieme a quella in O.N.U – W.I.P.O. sono di buon auspicio per rafforzare la FUIS in campo internazionale.

* * *
Gli scrittori associati FUIS e aderenti a Federintermedia sono invitati a proporre idee (quelle possibili saranno accolte) e a continuare a inviare loro testi, secondo intenzioni e progetti che saranno enunciati per tempo.

* * *
Stante la possibile prosecuzione dell’isolamento, stiamo cercando di attrezzare tecnicamente la CASA DELLO SCRITTORE per fare delle riprese da spedire in streaming e per costruire prodotti audiovisivi da utilizzare per la diffusione.

Non per ultimo.
L’11° antologia si apre con due appelli e con rispettivi inviti a partecipare o ad aderire: sono segnali di attenzione verso gli scrittori che hanno collaborato al DIARIO e verso gli scrittori associati.

Infine
1 la F.U.I.S. propone il 1° esempio di
Bandiera del Mondo

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INVITO A PARTECIPARE
“Per una cultura europea della coesione”

MARTEDI’ 26:
UN NUOVO INTERESSANTE DIALOGO TEDESCO-ITALIANO SUL WEB

Martedì 26 giugno, dalle ore 19 alle 21, si terrà il terzo incontro in via informatica, ovvero il terzo “web seminar” (in gergo webminar), intitolato “Per una cultura europea della coesione”, promosso da Sven Giegold. Deputato europeo tedesco dei Verdi, Giegold è attivo sostenitore della comprensione reciproca fra italiani e tedeschi, in risposta alle crescenti polemiche e accuse sovraniste scambiate da ambo le parti dell’arco alpino.

Il dibattito di martedì farà seguito a quello della settimana scorsa, dedicato alla presa di posizione della Corte costituzionale tedesca in merito all’operato della Banca centrale europea di Mario Draghi e ai poteri della Corte di Giustizia europea. Nell’occasione è intervenuto come protagonista, da parte italiana, il ben noto professore Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, mentre accanto a Giegold hanno preso la parola le colleghe Alexandra Geese e Franziska Brantner (che oggi è al Bundestag).

Questa volta invece, sempre sotto la conduzione di Sven e in presenza della colleghe, compariranno l’attore teatrale italiano, con ampia esperienza germanica, Claudio CAIOLO e la scrittrice Francesca MELANDRI, autrice, tra gli altri, di Sangue giusto, apprezzato a livello internazionale, mentre a dirla in tedesco (assai bene tradotti) saranno gli scrittori Jagoda MARINIĆ e Wolfgang SCHORLAU, ambedue impegnati con successo ad illustrare i mali di una società che si mostri ostile all’altro e carica di lati oscuri.

Attenzione, ché se poi a qualcuno risulterà impossibile collegarsi subito, sarà in ogni caso utile avviare la connessione con l’iniziativa degli amici tedeschi, perché il dialogo proseguirà regolarmente nelle settimane successive!

Un appuntamento, in poche parole, quello di martedì 26, ore 19, che non è proprio il caso perdere e per il quale siamo tutti invitati a registrarsi, ovvero a prenotarsi qui:

https://civicrm.svengiegold.de/sites/all/modules/civicrm/extern/url.php?u=8369&qid=8692163

Ecco inoltre di seguito il link all’appello alla solidarietà lanciato da Giegold e colleghe, invitando tutti a sottoscriverlo, insieme alle ragioni con cui è stato promosso l’incontro di martedì (vedi anche istruzioni tecniche):

Care amiche, cari amici, Le ultime settimane hanno dimostrato con forza che non possiamo affrontare il coronavirus e la crisi economica conseguente con egoismi nazionali. La solidarietà europea è imprescindibile. All’inizio, i paesi europei non erano uniti, chiusero le frontiere e non si aiutarono a vicenda nella fornitura di presidi medici e nel sostegno ai sistemi sanitari. Le cittadine e i cittadini invece erano più avanti: cantarono insieme sui balconi la sera, mostrarono solidarietà in rete e aiutarono i vicini.

ORA ABBIAMO BISOGNO DI QUESTA COESIONE IN EUROPA ANCHE A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO PERCHÉ STIAMO ATTRAVERSANDO QUESTA CRISI INSIEME E POSSIAMO USCIRNE SOLO INSIEME.

Per questo noi – come europei convinti provenienti dall’Italia e dalla Germania – vogliamo creare una nuova cultura della coesione. Dopo il nostro ampio appello italo-tedesco www.weareinthistogether.eu il prossimo passo è il seguente: Invitiamo autrici ed autori italiani e tedeschi ad una discussione congiunta su come vedono l’Europa nella crisi, su cosa si aspettano dall’Europa di oggi, ma anche su cosa vorrebbero contribuire loro stessi. Ve invitiamo a farne parte e a contribuire con le vostre idee!

Il nostro formato webinar interattivo permette a tutti i partecipanti di porre domande orali e scritte e quindi di contribuire con le proprie idee alla discussione. Il webinar si terrà in italiano e tedesco con traduzione orale simultanea. Poiché lo spazio è limitato, è meglio registrarsi presto.
Si prega di condividere l’invito con gli altri interessati! Non vediamo l’ora di discutere con voi. Con saluti solidali europei

Alexandra Geese, Sven Giegold e Franziska Brantner

SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA

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Elaborazione grafica di Mino La Franca

SENZA ANZIANI NON C’È FUTURO
Appello per ri-umanizzare le nostre società.
No a una sanità selettiva

Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire.

Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come “cultura dello scarto”: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello.

In numerosi paesi di fronte all’esigenza della cura, sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbero una forma di “scelta” in favore dei più giovani e dei più sani.

Rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica. Non può essere avallato alcuno “stato di necessità” che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione “legale” del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo.

L’apporto degli anziani continua ad essere oggetto di importanti riflessioni in tutte le civiltà. Ed è fondamentale nella trama sociale della solidarietà tra generazioni. Non si può lasciar morire la generazione che ha lottato contro le dittature, faticato per la ricostruzione dopo la guerra e edificato l’Europa.

Crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte.

Con questo appello esprimiamo il dolore e la preoccupazione per le troppe morti di anziani di questi mesi e auspichiamo una rivolta morale perché si cambi direzione nella cura degli anziani, perché soprattutto i più vulnerabili non siano mai considerati un peso o, peggio, inutili.

Primi firmatari:
Andrea Riccardi (Sant’Egidio), Romano Prodi, Jürgen Habermas, Sachs, Felipe Gonzalez, Hans-Gert Pöttering, Cardinale Matteo Maria Zuppi, Irina Bokova, De Rita,
Firma di Natale Antonio Rossi co-presidente Federazione Unitaria Italaiana Scrittori e altre personalità in un lungo elenco

Carmelo Cedrone
L’EUROPA DI FRONTE ALL’IDEOLOGIA TEDESCA

In questi giorni mi “meraviglio” di coloro che si “meravigliano” della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale tedesca in merito agli acquisti dei titoli di debito pubblico da parte della BCE. Sono meravigliato perché quella del 5 maggio è l’ultima di una serie di sentenze della Corte tedesca. Dovremmo essere in molti a saperlo. Vanno tutte nella medesima direzione: affermare il primato del diritto nazionale tedesco su quello europeo, mai riconosciuto come preminente.

Solo che questa volta l’hanno fatta più grossa del solito. Per due ragioni. La prima riguarda il momento scelto per emettere la sentenza, mentre tutta l’Europa è colpita dalla pandemia e attraversata da migliaia e migliaia di bare. La seconda è il disprezzo verso la Corte di Giustizia Europea, che si era già pronunciata favorevolmente all’azione della BCE (2018), e verso la catastrofe economica e sociale che seguirà la pandemia. Ciò la dice lunga sull’ideologia economica e politica della Corte, interprete di una medesima visione ampiamente rappresentata nel paese. Infatti la Corte non è un partito di destra o di altra ispirazione. Quindi non rappresenta solo “una parte” della Germania. I giudici agiscono come se l’Euro fosse un incidente della storia, come se ci fosse ancora il marco. Perciò l’Euro deve essere finalizzato, senza eccezione alcuna, secondo loro, a tutela dell’interesse della Germania, al quale dovrebbero concorrere tutti gli altri paesi, perché quello tedesco è un interesse preminente sull’Unione e, quindi, anche sugli altri. È tutto molto chiaro. Da tempo, per me.

Non serve addentrarsi in una disquisizione giuridica, è inutile. Il problema è politico. Possiamo desumerlo dal fatto che la Corte non ha mai fatto rilievi sui maggiori vantaggi che la Germania ha tratto e trae dall’Euro, a causa della configurazione iniqua e limitata dell’Eurozona attuale. Non ha mai preso in considerazione nemmeno l’idea di una perequazione, figuriamoci quella della solidarietà che prefigura una democrazia ed uno Stato federale, che loro ritengono “impossibile” per l’Europa, non disponendo questa un popolo unico. Perciò si limitano a tutelare al meglio l’interesse del loro paese, che in questo caso coincide col diritto del più forte. Infatti i giudici, con le loro sentenze a sostegno della prevalenza del diritto tedesco su quello comunitario, hanno sempre ostacolato il processo di integrazione europea, facendo da alibi per i politici. La motivazione, tutta ideologica, è che l’Europa non potrà essere democratica perché non ha “un popolo omogeneo”. È incredibile. Qualcosa di pericoloso, quasi di eversivo, che ha poco a che fare col diritto e non può trovare in esso una giustificazione. Preferisco non commentare oltre. Questo aspetto fu rappresentato, per la prima volta, in una sentenza del 1990, un anno dopo l’unificazione. Penso che in ciò sia racchiuso lo spirito e l’ideologia del popolo tedesco. Un popolo che nel dopoguerra si vide imposta la Costituzione dagli anglo-americani, poi la CECA e forse anche la CEE (Comunità Economica Europea) col Trattato istitutivo di Roma. Uno spirito mai abbandonato, che prova a riemergere, forse per rivalersi? Spesso ci riesce, anche per gli errori della Francia e degli altri paesi, come è avvenuto nel 1991 a Maastricht, quando la Germania ha imposto una UEM incompiuta, costruita nella logica dei loro giudici togati. I paesi euro sono stati considerati come dei Lander aggregati alla Germania, però senza “diritti” perché esterni al loro sistema federale, così come a quello dell’Unione.

Il problema che si è aperto con questa sentenza riguarda anche l’Unione, non solo la Germania. Al momento tutti gli organismi europei si sono affrettati a respingerla, rivendicando la loro autonomia e la prevalenza del diritto comunitario su quello dei singoli paesi. La presidente della Commissione è stata la più chiara. In una lettera aperta ha esplicitato tre principi fondamentali: “la politica monetaria dell’Unione è di competenza esclusiva europea, il diritto dell’Unione ha il primato sul diritto nazionale, le sentenze della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutti i tribunali e le corti nazionali”. Ma ciò non basta. Bisognerà vedere quanto questo varrà. Finora non è mai bastato per la Germania e non basterà nemmeno questa volta. Potrebbe bastare per gli altri paesi. È un conflitto che dura dalla nascita dell’Unione. Perciò va affrontato e sciolto dalla Germania, che non può continuare a rinviare, sine die, tenendo sotto scacco tutto il processo di integrazione e l’Eurozona. Il problema è profondo. Grave. Molto grave. Va ben al di là del QE (“quantitative easing”- alleggerimento quantitativo) della BCE. Riguarda la Germania in quanto tale. Il suo modo di essere. Quello, ad esempio, di trasformare in ideologia delle semplici regole contabili o dei principi economici, così come la visione del suo ruolo. Perciò il paese ha bisogno di ridefinire il suo rapporto con sé stesso e con l’Unione. È un nodo che solo la Germania può sciogliere. Deve farlo il suo governo, il suo Parlamento, il suo popolo. Una volta su tutte, se ci riescirà. Il Parlamento tedesco non può continuare a ignorare tale conflitto che riguarda i principi essenziali, fondamentali su cui è basato il Trattato dell’Unione, come ad esempio quello della solidarietà, della democrazia e dell’integrazione sempre più stretta, ancora da realizzare.

Gli altri paesi, in particolare quelli dell’Eurozona, non possono accettare che la Corte di un paese, sia pur esso la Germania, possa

giudicare “al di là dei suoi poteri” (ultra vires) la sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea, nel 2018, ha ritenuto compatibile il PSPP (Public Sector Purchase Program) di Draghi col mandato della BCE;

valutare ingiustificato il QE messo in atto dalla BCE per far fronte alla pandemia, come se i paesi dell’Eurozona non avessero niente a che fare con l’Euro ed avessero monete diverse;

criticare il governo ed il Parlamento tedesco per non aver difeso gli interessi dei risparmiatori, delle banche e delle assicurazioni del loro paese, cioè di coloro che, al contrario, sono stati e sono i maggiori beneficiari dell’Euro.

Intimare al governo e alla BCE di fornir loro spiegazioni, pena l’uscita della Bundesbank dalla BCE.

Qualcosa di inaudito. La Corte tedesca resiste asserragliata dentro il suo fortino ideologico, ignara (?) che gli altri paesi europei continuano a pagare il loro obolo, per paura di conseguenze più gravi. Cosa farà se non riceverà spiegazioni adeguate? E la banca centrale tedesca cosa farà se dovesse ricevere tale intimazione? E il governo tedesco dov’è? Latita. Se ha bisogno ancora di tempo, se lo prenda, ma ce lo chieda e lasci proseguire gli altri. Lo deve ai 450 milioni di abitanti dell’Unione. Si prenda il suo tempo, intanto i paesi che lo vogliono emettano pure gli Eurobond per salvare l’Eurozona e comincino a lavorare per un’Europa Politica. Dobbiamo evitare che i tatticismi ed i rinvii della Merkel distruggano l’Unione, come sta già avvenendo. Dobbiamo fare di tutto per salvare l’Europa e salvare così anche la Germania.

Salvatore Rondello
LA CORTE TEDESCA GIUDICA LA BCE

La sentenza della Corte Costituzionale tedesca, fa venire la pelle d’oca e drizzare i capelli.
I giudici tedeschi hanno sentenziato sulla legittimità del Pspp, il piano di acquisti lanciato dalla Banca Centrale Europea ai tempi di Mario Draghi.
Secondo quanto hanno riferito diversi media tedeschi, nel verdetto pronunciato oggi dalla Corte di Karlsruhe risulterebbe che l’acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea ‘viola in parte’ la Costituzione tedesca, in quanto il governo tedesco e il Bundestag ‘non hanno esaminato le decisioni della Bce’.

Il giudizio sarebbe un si, ma con molte riserve (che non a caso ha ‘congelato’ le Borse partite in forte rialzo) e con un pesante monito al governo di Berlino. La Corte Costituzionale tedesca si è limitata ad accettare le decisioni della Corte di Giustizia Europea stabilendo che il programma ‘non viola il divieto di finanziamento monetario’ degli Stati membri. Il giudizio odierno non riguarderebbe le misure adottate nell’emergenza coronavirus.
Secondo i giudici tedeschi: “Il Programma di acquisti è una decisione della Bce ‘ultra vires’, ovvero al di là dei poteri della banca centrale. Ma visto che i trattati assegnano alla Corte Europea il mandato di interpretare l’applicazione delle misure, va rispettata la decisione di legittimità adottata a suo tempo da quest’ultima. Anche perché, se ogni stato invocasse l’autorità di decidere della validità di atti dell’Ue, questo ne minerebbe l’applicazione uniforme”.

I giudici della Corte tedesca hanno osservato: “In linea di principio, alcune tensioni sono inerenti al progetto dell’Unione europea e quindi devono essere risolte in modo cooperativo, in linea con lo spirito dell’integrazione europea e mitigati attraverso il rispetto e la comprensione reciproci. Ciò riflette la natura dell’Unione europea, che si basa sulla cooperazione multilivello di Stati sovrani, costituzioni, amministrazioni e tribunali. Tuttavia, la valutazione della Corte Europea di Giustizia non soddisfa i criteri di una revisione comprensibile sull’effettivo rispetto da parte della Bce dei limiti del suo mandato. Anzi, contraddice l’approccio metodologico adottato dalla CGUE praticamente in tutti gli altri settori del diritto dell’UE”.

Nelle motivazioni dei giudici tedeschi si legge l’affondo finale: “Un programma di acquisti di titoli di stato, come il PSPP, che ha significativi effetti di politica economica richiede che gli obiettivi di politica monetaria del programma e gli effetti di politica economica siano identificati, ponderati ed equilibrati l’uno rispetto all’altro. Invece, perseguendo incondizionatamente l’obiettivo di politica monetaria del programma, raggiungere tassi di inflazione inferiori, ma prossimi al 2%, e ignorando i suoi effetti di politica economica, la Bce ignora palesemente il principio di proporzionalità e le sue decisioni controverse eccedono il mandato di politica monetaria assegnato all’Eurotower”.
Poi la Corte Costituzionale tedesca è entrata in contraddizione quando afferma: “Non è possibile determinare se il PSPP violi la Costituzione tedesca o la responsabilità di bilancio del Bundestag, anche perché non prevede un regime di condivisione dei rischi fra la Bce e le singole banche centrali che sarebbe anche inammissibile. Tuttavia, sulla base della loro responsabilità, il governo federale e il Bundestag tedesco hanno il dovere di adottare misure attive contro il PSPP nella sua forma attuale”.

Parole molto dure che rischiano di mettere in forte difficoltà la cancelliera Merkel nel momento in cui Berlino è chiamata a uno ‘sforzo di solidarietà’ economica nei confronti dei partner europei colpiti dalla pandemia, alla vigilia del semestre europeo a guida tedesca.

In sostanza, la Corte di Karlsruhe, ha accolto in parte i ricorsi contro il ‘quantitative easing’ della Bce presentati tra gli altri dall’ex esponente della Csu, il partito conservatore bavarese, e dal fondatore della Afd Bernd Luecke. Il verdetto è stato emesso con 7 voti a 1. Non è stato dato seguito invece alla contestazione che il Qe sarebbe stato un finanziamento di Stato per via valutaria.
Infine nella sentenza dei giudici tedeschi si afferma: “Il governo federale e il Bundestag sono impegnati di contrastare la gestione passata del Pspp”. Inoltre la Corte di Karlsruhe ha ritenuto: “Arbitrario il verdetto della Corte europea del dicembre 2018 e dunque non vincolante per la Germania”.
Subito dopo la sentenza, lo spread tra il rendimento del Btp e del Bund è salito a 237 punti, dai 230 punti dell’apertura. Il rendimento del Btp è salito all’1,850%
Ora l’Eurotower ha tre mesi di tempo per dimostrare che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal programma di acquisto di titoli pubblici non sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica fiscale ed economica derivanti dal programma. La decisione dei giudici tedeschi non riguarda l’ultimo intervento della Banca centrale, quello di metà marzo, il Pepp (Pandemic Emergency Purchase Programme) lanciato a seguito dell’esplosione della pandemia da Covid-19. Secondo i ricorrenti il Qe va oltre quello che è il mandato dell’Istituto Centrale Europeo.
I giudici tedeschi oggi hanno preso una decisione sul ricorso presentato poco dopo la nascita del Qe, nel 2015. In realtà la Corte tedesca non potrà impedire alla Bce di agire, ma tale decisione potrebbe creare un clima di maggiore incertezza in un momento delicato come quello che sta vivendo l’economia europea. Già nel 2017 la Corte di Karlsruhe aveva chiesto il parere alla Corte di giustizia europea in Lussemburgo, che aveva definito ammissibile il programma di acquisti della Bce.
Sin dal 2012 alcuni membri della Cdu si erano opposti al ‘bazooka’ pensato dall’allora presidente della Bce, Mario Draghi. In particolare i parlamentari tedeschi non avevano condiviso il programma Omt (Outright Monetary Transactions), le operazioni di acquisto illimitato di titoli di stato a breve termine dei paesi in difficoltà. Questi acquisti illimitati possono scattare in caso di richiesta di intervento del Fondo salva stati, Mes, di cui in questi giorni si parla tanto. Per i ricorrenti tedeschi, permettere alla Banca Centrale di comprare titoli di stato di un paese dell’Eurozona senza limiti, equivale a finanziare direttamente gli stati e quindi si tratta di una pratica che va contro i trattati.

Nel giugno 2016, pochi giorni prima il referendum sulla Brexit, la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato legittimo il programma di acquisto di titoli di Paesi in crisi (Omt) varato dalla Bce nel 2012, respingendo il ricorso presentato da un gruppo di cittadini.
Con quella decisione la Corte tedesca affermò che il programma è legittimo se rispetta i limiti chiariti dalla sentenza della Corte Ue del giugno 2015. Cinque anni fa i giudici del Lussemburgo stabilirono che il programma varato nel settembre 2012 dalla Bce presentava sufficienti garanzie al fine di prevenire un uso sproporzionato dell’acquisto di bond che si tradurrebbe in una violazione delle regole Ue dell’Istituto centrale.
La contraddittoria decisone odierna della Corte Costituzionale tedesca manifesta una posizione ostile e prevaricatrice verso le Istituzioni europee.

Sumit Raj (dall’India)

1. Nature’s Broom

Nature has arrived with its broom to clean the earth. Do not go out. It is very dusty out there. It is going to clear all the litter that you have thrown. It will clean up the minds of those who have been planning to destroy

the earth and have built human settlements on it. Those who never planned their life and created problems for others are going to be the victims of Her broom.

Buildings and Boundaries

No factories were needed beyond a limit and no artificial lifestyle was required. Your greed has spoilt the beauty of Nature and made her look ugly.

There was no need for creating boundaries and dividing the world into countries, states, and cities. You could live wherever you wanted to live peacefully. Everyone in this world has his or her own space where he or she has to survive.

You could live your life quietly without making any disturbance to the other creations of God. You could happily fetch your part of food from a small part of the land and look after yourself. But you decided to rule the world and have more and more of everything.

Casts and Religions

There was no need to divide yourself into castes and religions. In different parts of the world, people have a different color of the skin due to the climatic conditions. That does not mean that his and your areas are different.

The whole world is one and belongs to you but you divided it into countries and put boundaries. Who are you to do so?

You forgot to understand that God is one. You never understood that It is shapeless, colorless, soundless, and genderless but still is present everywhere. Instead of educating yourself in the name of almighty, you qualified to create mosques and temples and churches where the only lesson taught is to hate others and prefer yourself.

The only thing told in these buildings of different ‘Gods’ is that you are the best and the others are idiots.

You Forgot Your Share

You forgot that apart from you there are animals, birds, insects, reptiles, and moths also in this world too. You forgot that the trees and plants also have the same rights on this earth as you have. You never admired the beauty of nature rather you admired what you created. You preferred gardens to forest and bouquets and

garlands to plants of flowers. Instead of admiring the landscape, you preferred to go to cinema halls, and instead of growing food in the fields, you preferred to find a restaurant.

Your greed asked you to erect a gorgeous looking structure for yourself to live in that where no other creature should be allowed. And if some were allowed then they could be there only if you permitted them. You didn’t understand that it was their abode that you capture just because you had money.

2. Fear

It is the middle of the night and I am still awake. I look at the sky through the window pane, next to my bed. It is full of stars and looks like a scarf of a bride. The cedar tree of the dark forest near my house stands still and the bulbs are shimmering on the slopes, quietly. No sound is there and in this still and peaceful night I, laying on my bed, can hear my own breath.

My thoughts interrupt the peace. Whole country is in the lap of sleep. The demon of Corona virus is roaming everywhere in the world. Thousands of people are infected by this virus and many of them have lost their life whereas others are struggling to survive it. No one has any medicine or a remedy to escape it. Whole day I passed listening to the news related to this fatal disease.

The industry Damaged

My work has come to a stand still. No bookings for a walking guide to earn his day to day survival. Several mails have arrived asking to cancel all the bookings that have brought complete damage to business.

How shall we survive now? The question disturbs me. I do not have any other way to earn my survival. I am a small tour guide and live on the money that I make from my clients who come to see my town with me. They pay me my fee and some tips and that is the only way for me and my team to earn our living. But now every

movement of any tourist has been suspended for indefinite time.

It is peace everywhere but every mind is disturbed at the moment. A government employee or a private entrepreneur everyone has the same thought, what would happen to his business or to his job.

Unable to sleep with this problem in mind I get up and come out in my balcony. The dark has taken the entire area in its grip. No one is worried about the problem at this hour but tomorrow morning when they will get up and again the troubles will surround them. New rules from the Government shall be imposed. New problems will be there for the new day and they will begin to struggle to get rid of their new troubles. It never stops. Troubles keep coming and keep us busy.

Corona Virus

I have been suffering from flu and cold for the last two weeks. I took the medicine from Dr. Surinder Singh – a homeopath who has his clinic near the old Bus Station. His medicine has always helped to fight against the fever or cold. This time it has taken more time to cure, perhaps because I had to travel with a tourist group from New Zealand. We went to Dharamsala, Amritsar, Chandigarh and then to Shimla.

From my Balcony

From my balcony I think of the people of my country and of the people from the other parts of the world. The sky is not blue any more because of the layers of smog. The birds have disappeared from the skies and there are no tigers or leopards in the jungles. During monsoon hardly we see any spiders, insects, centipedes or scorpions.

Our children know nothing about changing views of the landscape due to mist. Nature has been disturbed a lot because of its violation.

Those trees, animals, insects, birds, fishes, worms never made any complaint against us. They isolated themselves to some other forests and mountains and when we intruded in those areas as well they reduced in their numbers. Either they died to extinction or just stopped producing their kids.

Cleaning Campaign

She gives us a lot when we are born. She makes us healthy, physically and mentally both, to earn our living and earn the items of our need. But we become greedy and that greed puts us in trouble.

This cleaning campaign will continue for some more time. But I know that the people of this world are never going to learn a lesson from this episode. Mother Nature will have to return with a stronger weapon.

TRADUZIONE
Sumit Raj.
1. Ginestra della natura

La natura è arrivata con la sua scopa per pulire la terra. Non uscire. È molto polveroso là fuori. Pulirà tutta la spazzatura che avete gettato. Ripulirà le menti di coloro che hanno pianificato di distruggere

la terra e ci hanno costruito sopra insediamenti umani. Coloro che non hanno mai pianificato la loro vita e che hanno creato problemi agli altri stanno andando a fare le vittime della Sua scopa.

Edifici e confini

Non c’era bisogno di fabbriche oltre il limite e non era richiesto uno stile di vita artificiale. La tua avidità ha rovinato la bellezza della Natura e l’ha resa brutta.

Non c’era bisogno di creare confini e di dividere il mondo in paesi, stati e città. Si poteva vivere ovunque si volesse vivere in pace. Ognuno in questo mondo ha il proprio spazio dove deve sopravvivere.

Si poteva vivere la propria vita tranquillamente senza disturbare le altre creazioni di Dio. Potresti andare a prendere felicemente la tua parte di cibo da una piccola parte della terra e prenderti cura di te stesso. Ma hai deciso di governare il mondo e di avere sempre più di tutto.

Calchi e religioni

Non c’era bisogno di dividersi in caste e religioni. In diverse parti del mondo, le persone hanno un colore della pelle diverso a causa delle condizioni climatiche. Ciò non significa che le sue e le vostre aree siano diverse.

Il mondo intero è uno solo e vi appartiene, ma voi lo avete diviso in paesi e avete posto dei confini. Chi sei tu per farlo?

Hai dimenticato di capire che Dio è uno solo. Non avete mai capito che è informe, incolore, senza suono, senza sesso, ma è comunque presente ovunque. Invece di educare te stesso in nome dell’onnipotente, ti sei qualificato per creare moschee e templi e chiese dove l’unica lezione insegnata è odiare gli altri e preferire te stesso.

L’unica cosa che si dice in questi edifici di diversi “Dei” è che tu sei il migliore e gli altri sono degli idioti.

Hai dimenticato la tua parte

Hai dimenticato che oltre a te ci sono animali, uccelli, insetti, rettili e falene anche in questo mondo. Hai dimenticato che anche gli alberi e le piante hanno su questa terra gli stessi diritti che hai tu. Non avete mai ammirato la bellezza della natura, piuttosto avete ammirato ciò che avete creato. Hai preferito i giardini alla foresta e ai mazzi di fiori e ghirlande a piante di fiori. Invece di ammirare il paesaggio, si è preferito andare nelle sale cinematografiche, e invece di coltivare il cibo nei campi, si è preferito trovare un ristorante.

La vostra avidità vi ha chiesto di erigere per voi stessi una struttura dall’aspetto magnifico per vivere in quella dove nessun’altra creatura dovrebbe essere ammessa. E se alcune di esse erano permesse, potevano essere lì solo se tu glielo permettevi. Non hai capito che era la loro dimora che catturavi solo perché avevi i soldi.

2. Paura

È notte fonda e sono ancora sveglio. Guardo il cielo attraverso

il vetro della finestra, vicino al mio letto. È piena di stelle e sembra una sciarpa di una sposa. L’albero di cedro della foresta oscura vicino a casa mia è fermo.

Le lampadine scintillano sulle piste, in silenzio. Non c’è nessun suono e in questa notte tranquilla e serena io, sdraiato sul mio letto, posso sentire il mio stesso respiro.

I miei pensieri interrompono la pace. Tutto il paese è nel grembo del sonno. Il demone del virus Corona si aggira in tutto il mondo. Migliaia di persone sono infettate da questo virus e molte di loro hanno perso la vita, mentre altre lottano per sopravvivere. Nessuno ha medicine o rimedi per sfuggirgli. Per tutto il giorno ho passato ad ascoltare le notizie relative a questa malattia mortale.

L’industria danneggiata

Il mio lavoro si è fermato. Nessuna prenotazione per una guida a piedi per guadagnarsi la sopravvivenza quotidiana. Sono arrivate diverse mail che chiedono di cancellare tutte le prenotazioni che hanno portato un danno completo agli affari.

Come sopravvivere adesso? La domanda mi disturba. Non ho nessun altro modo per guadagnarmi la sopravvivenza. Sono una piccola guida turistica e vivo con i soldi che guadagno dai miei clienti che vengono a vedere la mia città con me. Mi pagano il mio onorario e alcune mance e questo è l’unico modo per me e per il mio team di guadagnarci da vivere. Ma ora ogni

il movimento di qualsiasi turista è stato sospeso a tempo indeterminato.

C’è pace ovunque, ma ogni mente è disturbata al momento. Un impiegato statale o un imprenditore privato hanno tutti lo stesso pensiero, che cosa ne sarebbe della sua attività o del suo lavoro.

Incapace di dormire con questo problema in mente mi alzo ed esco sul balcone. Il buio ha preso in pugno tutta l’area. Nessuno si preoccupa del problema a quest’ora, ma domani mattina, quando si alzerà, i problemi li circonderanno di nuovo. Saranno imposte nuove regole dal governo. Ci saranno nuovi problemi per il nuovo giorno e cominceranno a lottare per liberarsi dei loro nuovi problemi. Non si ferma mai. I problemi continuano ad arrivare e ci tengono occupati.

Virus della Corona

Nelle ultime due settimane ho sofferto di influenza e di raffreddore. Ho preso la medicina dal dottor Surinder Singh – un omeopata che ha la sua clinica vicino alla vecchia stazione degli autobus. Le sue medicine hanno sempre aiutato a combattere la febbre o il freddo. Questa volta ci è voluto più tempo per curare, forse perché ho dovuto viaggiare con un gruppo di turisti neozelandesi. Siamo andati a Dharamsala, Amritsar, Chandigarh e poi a Shimla.

Dal mio balcone

Dal mio balcone penso alla gente del mio paese e a quella delle altre parti del mondo. Il cielo non è più blu a causa degli strati di smog. Gli uccelli sono scomparsi dal cielo e non ci sono tigri o leopardi nella giungla. Durante i monsoni non si vedono quasi mai ragni, insetti, millepiedi o scorpioni.

I nostri figli non sanno nulla del cambiamento di vedute del paesaggio dovuto alla nebbia. La natura è stata molto disturbata a causa della sua violazione.

Quegli alberi, animali, insetti, uccelli, pesci, vermi non ci hanno mai denunciato. Si sono isolati in altre foreste e montagne e quando ci siamo introdotti anche in quelle zone si sono ridotti. O sono morti per un’ex-tintura o hanno semplicemente smesso di produrre i loro figli.

Campagna di pulizia

Ci dà molto quando nasciamo. Ci rende sani, sia fisicamente che mentalmente, per guadagnarci da vivere e guadagnare gli oggetti del nostro bisogno. Ma diventiamo avidi e questa avidità ci mette nei guai.

Questa campagna di pulizia continuerà ancora per un po’ di tempo. Ma so che la gente di questo mondo non imparerà mai una lezione da questo episodio. Madre Natura dovrà tornare con un’arma più forte

Yulia Bazarova* (Ass. “Amici della Grande Russia”)
In pandemia

Era febbraio quando sono andata a trovare la moglie del grande regista Tonino Guerra. Ho scoperto il mondo che ho sempre ammirato: il cinema. Faceva bel tempo, sembrava Primavera perché tutti gli alberi stavano per fiorire e ritornando dal piccolo posto in Emilia Romagna parlavamo del mondo del regista, di come si erano conosciuti con la moglie Lora, del loro grande amore. Mi sentivo felice. Il giorno dopo ho parlato con le mie amiche, che lo erano anche della moglie del noto regista, e abbiamo cominciato a leggere articoli strani sulla malattia, sul virus a Milano e tutto questo ci ha sconvolte. Eravamo molto preoccupate e abbiamo sentito anche di casi in Emilia Romagna. Tornando dal quel viaggio artistico mi sono sentita male per due giorni aver preso il raffreddore.
La nostra Associazione “AMICI DELLA GRANDE RUSSIA” ha seguito in tutto il mondo, parlando in diverse lingue, le notizie sulla pandemia.
E’ molto difficile quando si ha la famiglia così lontana, però mi ha colmato di soddisfazione e di orgoglio vedere come il mio paese e il mio Presidente Putin ha reagito subito e aiutato l’Italia, soprattutto a Bergamo. E’ stato un bel gesto superando le frontiere che ci dividono.
Ero molto depressa perché tutto saltava nella mia piccola agenda: viaggio per la Russia, incontri di lavoro e con i miei amici a Mosca che non li vedovo quasi da un anno.
Desideravo partire per il mio Paese che potevo fare ancora il tempo, ma non ero sicura nella mia decisione giusta. In quel momento la Russia avevo pochi casi e non è stata chiusa e non c’era la quarantena.
Non percepivo dell’emergenza all’inizio. Stando in diversi gruppi telefonici che bombardavano di messaggi e video dalla mattina alla sera, andando a fare la spesa, passeggiando per le vuote strade mi sono sentita come fossi personaggio del film cinematografico che sta vivendo l’Apocalisse.

*E’ presidente dell’ASSOCIAZIONE CULTURALE “AMICI DELLA GRANDE RUSSIA”

* * *

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Maddalena Ferrara

*E’ l’attrice del casting per il concorso Fuis “Cinque figure femminili delle tragedie greche”, di cui al testo 11 di Lucio Castagneri

Pascal Schembri (da Parigi)
LE MELE MARCE ESISTONO IN OGNI PAESE

A Parigi, da circa una settimana, siamo liberi, ma  possiamo spostarci  solo nel giro di 100 kilometri. Abbiamo fatto dei passi in avanti. Prima era solo di un km. a partire dalla nostra abitazione. Per più di un mese e mezzo  politici e medici dicevano che non era necessario portare la mascherina , ma la verità era perché le mascherine non si trovavano nemmeno a 50 euro l’una, poi, dopo tanti scandali, le mascherine sono arrivate, nelle farmacie, nei comuni, nelle associazioni, ecc. ecc. Ora, da quando ci hanno messo in libertà,  siamo costretti a portare la mascherina anche tra famigliari e soprattutto nei mezzi  pubblici. Finalmente, con mio stupore,  uscendo vedo  che il 70 % delle persone che incontro per strada portano la mascherina. Io,  avendone un pacchetto a casa , l’ho portata sin dal 16 marzo, data del confinamento a Parigi e in tutta la Francia e, naturalmente, la gente mi guardava come se fossi uno dei contaminati. Anche qualche vicino di casa  cambiava marciapiede per paura, ma ora  tutti le  portano, perché i capi del gregge hanno detto di portarle, altrimenti ci sarà una penalità di 135 euro.
So che in Italia la penalità è di 400 euro.

Io non ho mai fatto politica e non é alla mia età che comincero’ a farla, pero’ ci sono delle situazioni che mi fanno veramente restare senza parole, per non dire altre cose.

Questa settimana abbiamo avuto un paio  di giornate soleggiate, con la temperatura che oscillava tra 29 e 31 gradi. A Parigi tutti i giardini sono chiusi ancora , però certi posti li hanno lasciati aperti, come il lungo Senna , il canale Saint Martin e la Splanade degli Invalidi, dove c’é la cupola coperta di foglie d’oro che copre  la tomba di Napoleone. Questi tre posti sono stati presi d’assalto dai giovani e meno giovani, naturalmente la maggior parte senza la mascherina.

Abbiamo visto in televisione  molti agenti delle forze dell’ordine che volevano non solo farli allontanare, ma anche fermarli  per  multarli , ma la cosa strana era che parte  delle forze dell’ordine non aveva la mascherina. I giovani si sono ribellati e alla fine, forse avendo ricevuto ordine dell’alto, hanno  lasciato che prendessero il sole, fumando e scherzando tra di loro .

Ho letto per caso su un quotidiano che viene distribuito gratuitament, tipo  Metro, che altre persone con divise che rappresentano l’arma militare,  avevano fermato un giovane egiziano provvisto di una carta d’identità rilasciata in Francia nel 2015 valida fino nel 2030, senza la mascherina e quello che ho letto su questo articolo mi ha fatto stupire. Il giornalista aveva scritto che era stato fermato con ingiurie razziste, era stato  maltrattato in malomodo, portato al posto di polizia ecc. ecc. Una volta liberato, si è rivolto all’avvocato della sua comunità, anche lui ora cittadino francese, che ha sporto denuncia ed è venuto a sapere che questi soggetti, per la maggior parte alti  un metro e ottanta,   vestiti con tanto di divisa, fanno la legge a modo loro e questo non succede solo in Francia. Ora c’é un processo  in corso.
Ho scritto che non succede solo in Francia, perché in questi giorni, guardando un programma italiano, ho saputo che anche a Roma è successa una cosa del genere per colpa di una  persona che non aveva la mascherina, solo che questa persona non era un extracomunitario, bensi  una signora che nel passato  ha lavorato molto come giornalista e come conduttrice di programmi televisivi. Ecco come l’ha raccontato lei: mentre era in un bar del centro per prendere un caffè e un cornetto da portar via, le  si è staccato da una parte l’elastico della mascherina  e mentre con una mano teneva la mascherina, con l’altra stava ritirando il caffe con il cornetto. All’improvviso, si è ritrovata con tre persone che indossavano una divisa militare, che volevano farle la multa. Mentre lei cercava di spiegare l’accaduto, poi, detto da lei, se ne sono avvicinati altri tre in divisa ed a questo punto la discussione si è animata a viva voce,  i passanti si fermavano a guardare, poi è arrivata un’altra macchina con altri tre in divisa. Evidentemente la signora si è innervosita   vedendosi circondata da 9 militari che, solo perché ,secondo loro , non aveva la mascherina, volevano farle una multa di 400 euro e si è rifiutata di pagarla, ma gliel’hanno fatta lo stesso.

Lei diceva “con tante cose importanti che stanno succedendo , con tante persone che sono morte per mancanza di assistenza, per una questione di mascherina,  9 militari mi circondano per farmi una multa di 400 euro. “Ma in che mondo viviamo”, aveva ripetuto più volte!

Il fatto é che  molto spesso certi personaggi che fanno parte dell’ordine militare, per il solo fatto che indossano una divisa, pensano di avere  tutti i diritti e  se si dice una parola di traverso, si è subito accusati di oltraggio a un pubblico ufficiale.
Purtroppo, di questi casi ne succedono tanti in tutti i paesi del mondo. Ecco la mia riflessione sulle mele marce che esistono in ogni paese.

La prossima volta,  forse, vi parlero’ dello scandalo  di quel medicinale chiamato clorokina, che serve contro la malaria e in questo periodo di quarantena è stato dato a tanti malati che si dice siano guariti, ma che poi hanno avuto attacchi cardiaci e poi  vi potrei parlare  dello scandalo delle mascherine in tanti paesi, di  personaggi politici, politici regionali, gli invisibili, che sono quelli più pericolosi ecc. ecc.
Buona settimana  a tutti e alla FUIS per questo diario..

Francesco Gui
Sporca Roma
Premessa dell’autore al racconto

Questa mattina, qui a Roma, ancora una volta la sensazione a sorpresa di un fenomeno meteorologico-naturalistico curioso, suggestivo, piacevolmente polveroso. La tua automobile, i tavolini in giardino, i mobili dentro casa: su tutti uno strato sottilissimo, giallino-verdino, fatto di palline minime minime, intuibilmente soffici, da strofinarci il dito sopra per veder ricomparire la liscia superficie sottostante. Una pioggia particolare insomma. In pratica la discesa dal cielo di polline a miliardi di granelli, sospinti dalla brezza notturna a depositarsi su ogni oggetto circostante, fuori casa e dentro. Tanto da far cambiare un po’ tutto di colore, di consistenza, di concretezza, quasi a perdersi in un che di indefinito, in sintonia con le venature del paesaggio, con le tinteggiature dei palazzi romani ocra rossiccio, con le pinete esuberanti della campagna circostante e la vastità immaginifica dell’atmosfera che ti circonda.

E dunque? E dunque nulla, semplicemente lo stimolo, quella pioggia di pollini, al ricordo di un altro fenomeno del genere, il farsi venire in mente un’esperienza vagamente analoga, vissuta una venticinquina e più di anni addietro dal sottoscritto, ma con qualcosa di sicuro in comune: il cielo di Roma, l’aria di Roma, le sorprese di Roma, con tutto quel polverio psicologico che ti coglie ogni volta che la Città Eterne se ne viene fuori con i suoi modi a provocarti una sensazione. E quello che segue è appunto il racconto di allora, riproposto oggi grazie alla cortesia della Fuis e del suo presidente. Riproposto oltretutto con non poche analogie con il presente, anche nella vita vera: dalle tensioni senza posa con chi ti dovrebbe essere più vicino, ai tuoi obiettivi che non si realizzano, all’Italia, all’Europa, al mondo sempre intenti ad andarsene problematici ora avanti e ora indietro, ai pericoli ricorrenti che di tanto in tanto regolarmente sulla testa ti incombono.

Con un piccolo ripensamento, però, rispetto a quella narrazione d’epoca, a proposito di influssi e ventilazioni fra nord e sud, con la capitale al centro. Infatti, quando il racconto fu scritto, oltre a certe delusioni personali, penose vicende italiche riconducibili a quelle cose brutte che si chiamano mafia e camorra avevano lasciato parecchio amaro in bocca a chiunque avesse creduto nella Repubblica e nella democrazia postbellica. E però, con il passare degli anni, anche di polveri sottili settentrionali, mediasettiche o leghiste che fossero, non è che ci sarebbe stata poi tanta carenza. Con la Roma dei papi e dei cesari (oddio, anche le polverini…) sempre messa in mezzo. Ma poi, quand’anche tutta quella sabbia che pioveva su Roma avesse evocato il pericolo delle migrazioni, come il qui presente ebbe modo allora di accennare, non è che poi la minaccia si sia rivelata così devastante. Anzi, per certi aspetti parecchio utile. Da cui questa doverosa precisazione riequilibratrice dell’oggi. E un grazie rinnovato alla Fuis per la sua ospitalità.

Sporca Roma
Quella mattina F. scivolò giù dal letto piuttosto presto, prima delle sette. Il senso di bruciore allo stomaco che provava per le accuse ricevute da un arcigno antagonista, appartenente al suo stesso movimento politico culturale, gli aveva tormentato il sonno. Meglio sottrarsi al più presto all’agitazione del dormiveglia. In fondo, per lui la notte non aveva mai rappresentato quel momento mitologico, creativo e fantastico, descritto nelle memorie del fondatore dell’organizzazione (una di quelle che hanno lo scopo di salvare l’Europa e, se possibile, il mondo) di cui F. era un dirigente romano. Anzi, per F. passare dalla posizione orizzontale a quella verticale voleva dire licenziare immediatamente i fantasmi e le ansie notturne per ritrovare con la luce il dinamismo e il piacere di agire, di fare (forse anche troppo, tutto sommato, visto che la sua colpa, quella che gli era stata rinfacciata, consisteva in un eccesso di intraprendenza).

In punta di piedi si trasferì in salotto e accese il televisore, tanto per straniarsi un po’ con le prime notizie, recitate con impeccabile professionismo dalle linde anchor women che mese dopo mese soppiantavano i colleghi maschi dal video. Quello che gli bruciava di più non era lo spiacevole ricordo della figura dell’avversario inquisitore, armato di documenti accusatori tenuti nel cassetto fino al momento giusto. Era l’essersi accorto di quanto ci voglia poco a veder scomparire gli amici in un momento di difficoltà, di quanto sia facile restare alle cronache per un solo infortunio (o leggerezza) ed esser ricordato soltanto per quello. E poi, gli bollivano ancora i nervi per aver visto andare al naufragio il progetto rampante che era all’origine dello scontro: un happening politico culturale in eurovisione, per coinvolgere tutto un continente nella magica notte fra il 1992 e il 1993, quella della nascita del grande mercato unico e dell’Unione politica, quella della rigenerazione dai lugubri ricordi del passato dalla quale non si poteva, non si doveva restare assenti. Peccato che, al solito, rivalità personali, unite a prevenzioni inveterate verso “quelli di Roma”, avessero bloccato tutto, anche se non era ancora detta l’ultima parola. L’evento fascinatore era ormai nell’aria e fermarlo non sarebbe stato facile per nessuno.

Eppure, F. se ne accorse quasi subito, accanto alla pungente percezione dello scacco subito, un’ulteriore sensazione insolita era sul punto di rivelarsi nei riti e nei colori di quel primo mattino. Si, senza dubbio, a quel giorno mancava qualcosa: non la gatta, regolarmente intenta ad estrarre con la zampa i croccantini di pesce dalla scatola, non la moka già pronta sul fornello dalla sera prima, non le scarpe e i giornali sparsi sul tappeto. Ecco il piccolo dettaglio che mancava all’appello; la luce del sole! Alzati gli occhi di scatto, puntando verso la grande finestra del salotto le pupille dilatate, F. cercò inutilmente i colori del cielo. O meglio tentò di adattarsi all’idea che quel giorno i colori del cielo erano cambiati. Proprio così: da dietro i pini non venivano più l’azzurro o il grigio o il rosa. Cavolo! tra gli alberi si stendeva una mano di giallo ocra, scuro, pastoso, tutto uguale, come di plastica, come una tinta tirata con il rullo.

Cos’era accaduto al cielo di Roma?

Uscì sulla terrazza, passò all’altra, scrutò gli angoli più familiari dell’orizzonte, tra una casa e l’altra. Nulla da fare. Ovunque il cielo era giallo, torbido, psichedelico. D’impulso entrò nella stanza delle bambine e le caricò ancora addormentate sulla spalla per deporle in fila nel lettone grande, accanto ai capelli della mamma, che spuntavano a malapena dal piumone bianco. Alzò la serranda e, nonostante le proteste, le invitò a guardare. Fatica inutile. Allora, rassegnato, si stese anche lui fra le testine dormienti e guardando affascinato attraverso il vetro lasciò libera la fantasia.
No, quel colore insolito, mai visto, dal quale cadevano grosse gocce di pioggia, sierose e giallastre, non annunciava, almeno per il momento, l’inizio dell’Apocalisse. Quella notte, per effetto di un evento meteorologico inusitato, mai visto a memoria d’uomo, o almeno sua, doveva essersi prodotto proprio sul cielo di Roma un incontro, un rendez-vous eccezionale. Venti freddi da Nord, arzigogolò F., dovevano essersi opposti ad un gigantesco soffio di scirocco proveniente dal Sud. Avevano costruito in aria un muro invisibile, contro il quale milioni, miliardi di granelli di sabbia si erano schiacciati, restando in sospensione prima di trasformarsi in pioggia fangosa. Proprio su Roma, osservò F., contemplando le nuvole attraverso il morbido profilo di sua figlia. Doveva esserci un senso.

Ancora inacidito, provò ad azzardare un’impietosa metafora sociologico-etnologica: in fondo, nel cielo di Roma non si era svolta altro che la replica di una vecchia maledizione, una ricostruzione simbolica, come se quelle vere già non bastassero, di malriuscite trasmigrazioni umane e culturali. Erano decenni e decenni che a Roma correnti migratorie di italiani del Nord sperimentavano l’impossibile mescolanza con i granelli umani di colore bruno affluiti dal Sud. Ma quei bruscolini scuri saliti ad affollare ogni angolo della città, dalle baracche di lamiera ai palazzi più sontuosi, si erano rivelati troppi. Troppi nel numero, troppo diversi nella mentalità. Roma era diventata la linea di frontiera del regno del Sud (in preda ai granelli di sabbia) e quello del Nord, nel quale i bruscolini portati dai venti erano stati integrati e “lavorati”, fino al punto da farli vergognare delle loro origini. A Roma, gli elementi si fronteggiavano, si inquinavano a vicenda, non innescavano il processo creativo sognato dai rigidi notabili piemontesi e lombardi dell’Ottocento.

E il risultato era proprio quello, quello del cielo artificiale dal quale colava la pioggia gialla e terragna a imbrattare Roma. Una polvere impiastricciante e granulosa che ti trovavi addosso dappertutto, nei visi e nelle parole della gente, sui travertini consunti e sulle automobili trascurate, nel sudicio delle stanze del potere locale, nei modi equivoci dei tuoi interlocutori, in quella coltre di corruzione che ricopriva sempre più spessa un sistema di potere che andava allo sfacelo. Adesso basta!, si interruppe F. Le sue idee stavano correndo più del giusto, la troppo assidua frequentazione di amici manager settentrionali, allobrogo-lumbardi, lo stava portando sulla cattiva strada, sollecitava i suoi istinti padani fino al punto di fargli dimenticare di aver passato buona parte della sua esistenza nel Quartiere Africano, lungo la via Nomentana.

Insomma, si convinse, gli erano venuti in mente, come a Cipputi, pensieri che non condivideva. Tutto qua. Pensieri che si guardò bene di comunicare alle bambine, troppo tenere, troppo pronte a commuoversi al primo miagolio di Camilla per meritare tanto cinismo. Le lasciò saltare giù dal lettone all’ultimo momento, le ascoltò immergersi in quella sarabanda di strilli, di battibecchi, di tonfi che si susseguiva puntuale ogni mattina, finché lo sbattere della porta di casa non segnalava l’inizio della corsa verso la scuola.

E poi, per la verità, si disse mentre la moglie premurosa gli portava in stanza la tazzina del caffè, quella metafora sociologica non lo convinceva fino in fondo. Lo spettacolo naturale, ormai impallidito, al quale aveva partecipato in quella insolita mattina, era stato straordinario, commovente e anche benefico. Un colossale trasporto organizzato dai venti del Sahara aveva disteso nel cielo un velo uniforme di polvere fertile, primigenia, intatta e lo aveva lasciato cadere sulla terra vecchia, inquinata dai diserbanti e dalle piogge acide, sui granelli di smog accumulati in tanti mesi di inquietante siccità invernale, sulle carrozzerie di chi vorrebbe che di fango e terra non ce ne fosse più: solo cemento. La madre Africa, insomma, dai tempi di Lucy continuava a privarsi del suo humus per alimentare la Pangea, a rinnovarne il tessuto e nutrire gli uomini. Ma quale fosse stato il senso più suggestivo dell’evento venuto dal Sud F. lo avrebbe capito soltanto mezz’ora più tardi, quando si avviò a dare il suo contributo al quotidiano avvelenamento della città pilotando la sua piccola diesel fumigante verso il semaforo della via Trionfale (dove gli imperatori, se ci passassero oggi, si piegherebbero sul carro per l’orrore). La pioggia di fango era cessata da pochi minuti e una specie di latte condensato continuava a restare appiccicato al parabrezza, insensibile alla fatica del tergicristallo. Appena l’utilitaria si arrestò davanti al rosso, tre quattro facce festanti dai capelli crespi e dalla pelle scura comparvero attraverso il vetro. “Pulire capo, pulire capo”, ridevano con gli occhi allegri e i denti bianchi, sicuri che quella mattina F., come tutti gli altri “capi” seduti al volante, di regola infastiditi e insofferenti, avrebbero dovuto cedere la superficie trasparente alle loro attenzioni, in cambio di qualche lira.

Finalmente il senso. La terra gialla venuta dal Sud era la terra loro, non quella (con rispetto parlando) dei cafoni di casa nostra. Il miracolo benefico dai toni ocra, la metafora fangosa riguardava i vu cumprà, il nuovo pulviscolo bruno che arrivava dal Sud in quantità bibliche fino ad oscurare il cielo. E poi quella sabbia (F. lo lesse più tardi sul giornale) non era affatto precipitata su Roma per effetto di una estenuante confrontation fra i venti freddi del Nord e quelli sporchi e terragni del Sud. Teoria errata.

Un Dio provvidenziale, quel giorno, quella notte, aveva guidato con mano possente i venti dell’Artico direttamente sul Sahara e, costringendoli ad un rapido vortice, tanto impetuoso da risucchiare milioni di tonnellate di pulviscolo sottile, li aveva rispediti verso la penisola, fino a Milano, fino a Torino e non soltanto a Roma. Ovunque insomma si trovasse un miserabile lavavetri, africano o “pilipino” o messicano o polacco che fosse, senza distinzione, per fargli vivere almeno un giorno, con la terra loro, quella buona, quella intatta del Sahara, un’esperienza di allegria e di guadagni meno magri del solito. Aveva esagerato addirittura, la mano possente: persino il colore delle nevi sui monti della Sardegna si era mutato in giallo.

Anche gli afro, allora, avevano un Dio e una provvidenza? Si chiese compiaciuto F. allontanandosi con una robusta sgassata, incalzato dai clacson (per un momento si era incantato). Sì, qualcosa del genere doveva esserci, somewhere. Ma il pessimismo latente nel suo carattere lo porto ben presto a rabbrividire, pungolato da altri, inquietanti interrogativi. E se il Dio che aveva comandato ai venti avesse un giorno armato la mano, miliardi di mani, dei bruscolini bruni? Che ne sarebbe stato di tutti loro, delle bambine che non avevano voluto aprire gli occhi davanti all’evento, al cielo divenuto giallo per la prima volta, improvvisamente?

F. scomparve nel traffico rassegnato: tanto nessuna delle sue ricette democratico illuministe sarebbe stata in grado di dargli una risposta un minimo tranquillizzante. Poteva al massimo aggrapparsi alla sapienza annalistica del suo posteggiatore di fiducia, per il quale, dai tempi di Brenno, dotto’, i guai peggiori erano sempre calati su Roma da settentrione. Si rendeva conto tuttavia che il ricordo urticante dell’affronto subito cominciava a dargli meno fastidio, a perdere di importanza e di significato. Che sul meccanismo tagliente della memoria, ma anche sulle luminarie dell’happening megagalattico, in eurovisione, si era posato un velo di polvere, probabilmente di colore ocra.

Antonio Filippetti (da Napoli)
Il coronavirus in maschera

Nell’era del coronavirus il tema ovvero il problema delle mascherine è diventato predominante, un coro unanime di diffusione pressoché giornaliera da parte degli “esperti”, dei mezzi di comunicazione, della gente comune. Le mascherine fanno anche da cartina di tornasole per valutare lo stato generale dell’arte in tutti i sensi: quello per così dire scientifico, visto che non c’è stato accordo sull’efficacia del loro impiego, quello politico, tenuto conto che non si è capito a chi toccava il compito dell’approvvigionamento, quello pratico se, come è apparso, indossarle non sempre è facile e comodo tenuto conto dei tanti modelli in circolazione. Ma soprattutto, fino a ieri, mai avremmo immaginato che le mascherine anti Covid potessero diventare un must nelle polemiche e nei dibattiti dell’opinione pubblica a trecentosessanta gradi.

Tuttavia se ci spostiamo per così dire un po’ più in là, se assumiamo cioè il tema delle mascherine come specchio o espressione del tempo presente, quello appunto dell’epidemia, potremmo ricavare qualche riflessione non proprio trascurabile dal punto di vista psicologico e relazionale. La riflessione verte proprio sull’oggetto in sé: la maschera che protegge ma nello stesso tempo nasconde. Tralasciamo ovviamente le polemiche sorte a suo tempo – e forse mai sopite – sull’utilizzo dell’orrendo velo a cui alcune popolazioni sono ancora legate limitando ex-lege i diritti della persona; nel nostro caso le valutazioni sono d’ordine psicologico e culturale. La maschera sembra essere il suggello di una civiltà che si cela, si nasconde, non solo per prudenza o pudore ma più ancora per vergogna, come a oscurare una malefatta che è poi quella in questo caso della incapacità di istituzioni socio-sanitarie e politiche di assicurare un’adeguata protezione. Ma poi forse c’è anche qualcosa di più che attiene allo spirito dei tempi e che richiama alla mente precedenti artistici e letterari che ci aiutano a capire meglio il problema. Se ci riflettiamo, infatti, non possiamo non riconoscere il ruolo del contrasto esistente tra la maschera, appunto la finzione, e il volto, vale a dire la realtà: un dualismo che coinvolge l’essere e l’apparire. E’ questo, come si sa, un tema caro al cinema di Ingmar Bergman che lo sviluppò più volte e che risulta dirompente ad esempio in “Persona”, una delle opere più significative del regista svedese. Senza trascurare ovviamente la commedia dedicata al tema specifico di Luigi Chiarini, “La maschera e il volto” che segna l’avvio del teatro grottesco. Ma per quanto riguarda la letteratura e il teatro, il tema della finzione e della maschera è fondamentale nell’opera di Luigi Pirandello al punto che il grande autore scelse per la sua famosa raccolta di testi teatrali proprio il titolo di “Maschere nude”. Le similitudini col tempo presente sono in effetti straordinarie a conferma che nell’opera dei classici c’è quid che non cessa mai di parlare alle nostre coscienze. Per quella che è forse la sua commedia più famosa, “Sei personaggi in cerca d’autore”, lo scrittore prescrisse che i protagonisti del titolo indossassero una maschera in scena. La dicotomia vero/falso, finzione/realtà è fondamentale nell’opera pirandelliana e la maschera, vera o simbolica, contrassegna la problematicità dell’esistenza, impossibilitati come siamo a definire contorni e limiti della realtà. Ora le mascherine anti virus che proteggono dal contagio e ne impediscono la diffusione, sembrano assegnare anch’esse a ciascuno di noi la fissità di un “ruolo” fasullo, (fake), impedendo o limitando la ricerca della verità e condannando infine l’umanità intera a una dimensione priva di libertà e qualificazione.

Lucio Castagneri*

Cara Maddalena,*

dal prof. Rossi son venuto a conoscenza degli esiti del concorso per lo spettacolo delle Donne Greche Celebri, e non è inutile complimentarmi con te per essere stata scelta dalla Fuis come interprete. Allora dovremo rimetterci insieme al lavoro e approfitto per spiegarti come si svolgerà il progetto: anzitutto, come credo tu sappia già, il mio lavoro di enucleazione dal mondo tragico greco di cinque figure importanti si è determinato su: Medea, Ifigenia, Cassandra, Elettra e Fedra. Per ciascuna figura ho scelto dei monologhi – anzi più d’uno di vari autori – particolarmente significativi. E non sarà tutto insieme, ma distribuito su cinque serate, in realtà cinque pomeriggi di video- registrazione. Ahimé, dovremo lavorare senza pubblico per le note ragioni della pestilenza, e ci dovremo fingere un pubblico, ma a sala vuota. Bella prova d’artista per te e di regista per me, che comunque in qualche punto ti farò anche da spalla. Cioè: dove la protagonista si rivolge al coro, o alla nutrice etc… e quindi con brevi momenti di dialogo. Avremo finalmente la scenografia di Massimiliano Kornmuller e tutto procederà in tempi stretti. Poco fa ti ho inviato tutto il copione e conto se sei a Roma lunedì di iniziare insieme il lavoro di studio full immersion del testo di Medea che sarà il primo e l’apripista del progetto. Ti scrivo dal momento che il tuo cellulare non suona. Chiamami appena leggi questa.

Ciao, Lucio

* E’ l’autore vincitore del Concorso Fuis “Cique figure fenninili delle tragedia greche”
* Maddalena Ferrara è la vincitrice del casting del concorso dic ui sopra

Silvana Cirillo
Fantasmi romani/ Fuoco al cielo

Caro Tonino,

sono arrivata ad oggi, sabato 23 e non so neanche come! Sarà stata l’euforia del famoso 18 maggio, con le sue libertà concesse(…non mi fraintendere eh!), o quella dell’incontro magico con la mia stupenda estetista che mi ha fatto un restyling completo, rendendomi nuovamente guardabile dal mondo.., sarà il lavoro ripreso con telefonate, semiprogetti ( metà sono affidati al buon cuore del virus…)appuntamnti skype, riunioni online, letture di libri da valutare x varie collane, altri per il Premio Strega, cambi di stagione ritardati fino allo spasimo, ma obbligati, insomma mille compiti e faccende da sbrigare… ma il tempo mi è volato via in un batter d’ali. Proprio come gli

amici gabbiani…Sono volati via dal comignolo mio dirimpettaio: si vede che,finita la stagione degli amori, migrano in altri cieli, verso altri luoghi… Epperò, l’altro giorno, mentre facevo acquisti sotto casa e mi affaccio alla porta del negozio per guardare meglio il colore della maglietta da comprare, chi ti vedo trotterellare sul marciapiede alla ricerca di immondizie in cui rovistare?  Un piccolo gabbiano bianco con le ali striate di grigio che insieme ad un piccione quasi corvino, piccolo anche lui, gironzolava tranquillo, come fosse a casa sua. E forse lo era proprio,  a casa sua: chissà che non sia proprio lui ( o lei) il frutto di quegli amplessi stupendi gridati al cielodall’alto del camino, a cui per giorni ho assistito dalla mia terrazza ? Ne avevamo pubblicato anche la foto, ti ricordi? Intanto osservavo con la commessa, scherzando, che i due uccelli non guardavano il colore delle piume, si vedevano uguali, perché razzisti non si nasce, si diventa…

Ho letto molto, ti dicevo, libri di vario genere, qualcuno vecchio e qualcuno appena uscito . Due particolarmente belli e che mi sentirei anche di consigliare…Uno sicuramente lo conosci, Fantasmi romani, del 2006, l’altro recente, davvero fascinante, Fuoco al cielo, già  Premio Viareggio Selezione della giuria , probabilmente no. Voglio parlarne un po’, come di tutte le cose belle, che è giusto condividere con gli altri!

 

Con immutato entusiasmo, in un sol giorno, mi sono letta per la seconda volta  Fantasmi romani, l’ultimo  romanzo di Gigi Malerba, unica sua opera non ancora tradotta in francese, che presto sarà pubblicato in Francia. Ce l’hai presente? La storia  di Giano, famoso architetto urbanista, e Clarissa, la coppia  borghese, che vive nel cuore colto e mondano della vecchia Roma, circondata da vari altri personaggi . Un matrimonio, il loro, apparentemente libero e spregiudicato, in effetti tormentato da sospetti, gelosie, malumori, desideri, sogni (sogni notturni, come quelli con cui Malerba confezionò un bellissimo Diario di un sognatore,  affermando che erano proprio i suoi ) e sensi di colpa. Ma niente dramma, molta ironia;  schermaglie fra i vari personaggi che fanno parte del gioco – soprattutto dei giochi amorosi – tradimenti, incontri casuali e cercati, confessioni, insinuazioni, ipocrisie …Monologo esteriore chiamava Gigi questa strategia letteraria di due voci alternate che monologano sulla propria e l’altrui storia , naturalmente guardandola da due punti di vista, e dandone ognuno un’interpretazione diversa, senza incrociarsi o confrontarsi mai. Cervelli scoperchiati, li chiamerebbe Debenedetti, in cui lo scrittore può affondare lo sguardo senza filtri e senza barriere…

E come entra bene nelle elucubrazioni, nelle arguzie,  nel  profondo della parte femminile…Sorprendente, ti ricordi? Un po’ come quando scrisse l’altro monologo a due, Itaca per sempre, dove Penelope e Ulisse  raccontano il ritorno di Ulisse … la stessa realtà vista dall’uno e dall’altra. Malerba anche lì entra profondamente nell’animo femminile e parteggia chiaramente per la logica stringente di Penelope.  Nei Fantasmi, invece, non contento della dialettica e dello scambio di sospetti dei due coniugi, introduce argutamente e  in parallelo un  terzo elemento squilibrante, il romanzo che  Giano scrive di nascosto. Di nascosto sì, ma non tanto da impedire a Clarissa di trovarlo e di leggervi, sotto mentite spoglie, la loro storia vista. Lei  ci si specchia dentro e ci si riscopre diversa, lui diabolicamente  la trascina nei suoi trabocchetti…Fino al finale, anch’esso stupendamente e diabolicamente aperto… Di una modernità questi racconti che  scorrono in parallelo, che, ne sono certa, solleticherà molto i gusti francesi. Sei d’ accordo?

Di tutt’altra tempra il romanzo, duro , forte come un pugno – come lo sono d’altronde tutte le catastrofi ambientali – e che non riesci a non leggere tutto d’un fiato fino in fondo, Fuoco al cielo di Viola Di Grado. Sempre due i protagonisti, anche qui una sofferta storia d’amore, ma l’ambiente non è la Roma sorniona, snob e popolare assieme del rione Parione, bensì un paesino sconvolto dall’esplosione di Chernobyl, dove ancora dopo tanti anni non è consentita una vita normale o amori sereni…Non voglio esagerare, e non amo proprio i paragoni ( né tantomeno le stupide classifiche settimanali…)ma per darti un’idea, la suggestione nella lettura è quella dei grandi drammi del novecento, divinamente scritti e condotti, di un Ibsen, ad esempio. Non si può descrivere: le sofferenze della psiche martoriata dalla crudeltà cieca della storia, i disorientamenti della giovane donna che ancora non riesce ad abbandonare i luoghi infetti dell’infanzia.., gli impeti d’amore e la dialettica tormentata dei due giovani, vanno letti…fino in fondo, fino al  colpo di scena di un finale inaspettato…Un Libro/monito, mai così «indovinato » come in questo momento, in cui l’ ecosistema è al centro delle preoccupazioni mondiali! Anche a Malerba sicuramente sarebbe piaciuto questo Fuoco al cielo, al Malerba ecologista sin dai tempi de Il Serpente e  Salto mortale, che molte battaglie ha condotto per la difesa dell’ambiente, regione o città che fosse, in cui viveva. * Battaglie che forse sorprenderebbero anche il suo lettore affezionato, abituato a testi pieni di paradossi e di ironia,  cosi raffinatamente dialettici e arguti, ma ignaro della vis polemica e combattiva con cui lo scrittore combatteva la mano invasiva e avvelenante dell’uomo sulla natura. Sebbene in effetti ovunque e da sempre Malerba abbia trovato il modo di inserire battute o riflessioni sullo stato preoccupante dell’ambiente. Anche in questo ultimo  Fantasmi romani, dove prospetta addirittura una Città del futuro, una Roma utopica, cioè, con interi quartieri ripensati e senza più grattacieli periferici, una città che si riappropria dei suoi venticelli purificatori, liberi di così di aprirsi varchi  senza più barriere …

* Quella sull’ inceneritore di Orvieto, già in fase di avanzato progetto, durata anni ha fatto epoca: e vinse malerba con tutti i firmatari ambientalisti, Legambiente in primis. Nel 1997 l’inceneritore morì definitivamente.

Maggie Gee (dall’Inghilterra )
For Hanna and Robbie

None of us know where we are any more, or
where we are going. Old friend and dear,
we share
children, and understand fear of fathers.

Hanna, you planned
to return from here to your first home, Ghana,
long before this:
‘the boy needs his space’ –
for photography, his profession,
and also to be.

Your son Robbie, the gifted and teasing London boy
who makes moonscapes of smoke and glass
from shadows and light in small urban rooms,
who catches our lips, and the gaps
in the things we say, who holds us
in time, black and white and deep-
ly, entirely, ourselves, who strips
with his camera what’s not of our essence away,
but still safekeeps us.

None of us knows where we’re going, or where
we are. Old friend and dear,
no-one foresaw
the new law of fear which has made us all strangers.

When you left here
with your life in enormous cases

you didn’t know

that London

was crowding downstairs

headlong through dark noisy tube tunnels towards

silence, your son, our godson

would soon rush out to buy sacks of rice

to store in his new independent space,

nor that you would be using the masks

you imported to Ghana (to help you make soap)

to protect your life, nor that chickens

and elegant long-necked black guinea-fowl who

rootle through small red flowers in your yard would seem so precious.

None of us see, so far, where we are

in this strange new story. Old friend and dear,

how can we know

where our longing for safety will take us?

Hanna, when you arrived

at Heathrow, aged 10, from grandma in Ghana

we kept you a week in detention –

You thought ‘This is Britain’,

loved sweets and the airport lights.

I know as little of Ghana as you did, then,

of London, but here we are, linked by the phone

this morning, and both of us dancing,

(while Robbie, probably, sleeps)

you to Soca and Afrobeat to keep fit, and I to Motown.

Now, in this handheld movie you send, I can stroll down

your neighbourhood walk in Accra

by your side and see wide open streets
that could lead to our nearby seaside estates

and we would be there, dancing and laughing,

kept safe by love, and by distance.


Photograph of Hanna Sakyi
Robbie Spotswood www.robbiespotswood.com

Mariù Safier
Un piccolo gesto

Il bocciolo sporgeva curioso, oltre la cancellata di ferro del giardino.

Il ramo dell’arbusto sul quale era cresciuto, simile a un braccio teso, lo proiettava fiero verso l’esterno, presentando con orgoglio, il risultato del paziente, operoso fermento della terra: una rosa dal tenero color dell’aurora.

La prima a mostrarsi, a spiccare nel suo acerbo splendore, fra il verde compatto delle foglie, lucidate da un’impalpabile pioggia di primavera.

Dondolava festosa, ansiosa di aprirsi alla piena maturità e vivere la propria vita.

Una mano brutale passando, ghermì l’involontaria offerta: strappò maldestra la rosa in boccio tra spina e spina, senza neanche pungersi e infilò il gambo, nell’occhiello di una giacca di tessuto ruvido e scostante.

Il cespuglio scempiato mormorò insieme a tutte le fronde, per la cattiveria gratuita, mentre il fiore pendeva sconsolato, inerte, condotto verso la sua sorte.

La donna arrivò in ufficio esibendo l’ornamento ma si accorse con dispetto, che fastidiosi insetti avevano trovato alloggio tra i petali: tolse il fresco trofeo, di colpo diventato inadatto e lo gettò nel cestino.

Mai più la rosa si sarebbe dischiusa.

Il destino, che fino a quel momento si era accanito contro il bocciolo, s’impietosì.

Dita delicate lo raccolsero: ne compresero il dolore, l’ingiustizia subìta e lo condussero sotto un fresco getto d’acqua.

Lavata, la rosa si sentì rinascere, i suoi ospiti, disturbati, volarono via: fu sistemata in una bottiglia di plastica, accanto a chi l’aveva salvata, tra commenti e sorrisetti ironici.

Il fiore amava la vita, non voleva lasciarla senza crescere, con tutte le forze si augurò di poter diffondere il profumo e la bellezza per cui era stato creato; durante il giorno, guardò con gratitudine l’essere umano che battendo sulla tastiera del computer, faceva comparire segni sconosciuti su uno schermo luminoso.

Ignorava il nome del dispositivo, sentiva però che diffondeva un gradevole tepore e lo riscaldava.

Arrivata la sera, le luci furono spente; il bocciolo maltrattato si era ripreso e si preparò a dormire. Nessun rumore, nell’ufficio piombato nel silenzio degli oggetti inanimati: quanto diversa la notte da quella piena di mormorii e fruscii del grande giardino, colmo di odori balsamici! Li ricordò in tutti i sogni e il mattino dopo, il suo primo movimento istintivo, fu di schiudere i petali rattrappiti.

Appena tornate, le mani gentili accarezzarono la rosa e subito cambiarono l’acqua; un sottile, intenso profumo, cominciò a sprigionarsi dalla corolla color dell’aurora, che con il passare delle ore si mostrava rigogliosa.

Durante la settimana, il fiore fu ammirato quasi con imbarazzo, certo con sorpresa; la trasformazione del bocciolo si compiva gradualmente, senza interruzioni: poco a poco, s’intravedeva il suo cuore dorato e l’aroma persisteva, tenace, avvolgente.

Quando iniziò l’inevitabile decadenza, l’ufficio era deserto per il riposo domenicale; la rosa malinconica profumava dolcemente, pensando che forse non avrebbe più rivisto la persona che l’aveva aiutata a fiorire, a vivere in un ambiente non ostile.

Aveva perso le radici, gli amici alati e allegri con i loro canti, gli insetti industriosi, le farfalle eleganti, gli sciami di moscerini, però aveva intravisto un mondo diverso, incomprensibile, con movimenti convulsi, rumori molesti, tensioni violente; le cure ricevute l’avevano protetta, compensando lo strappo, consentendole di crescere e di svilupparsi appieno.

Non era possibile chiedere altro. Sapeva di aver assolto il suo compito: regalare al mondo grazia e bellezza.

Perdendo le forze, reclinò il capo e sospirando lasciò cadere i petali stanchi, i bordi aggrinziti non più color dell’aurora, ma ingialliti. Planarono con un volo leggero, sul tavolo da lavoro.

Le mani amiche ne trovarono un mucchietto, ai piedi della bottiglia di plastica e li raccolsero in un contenitore per puntine da disegno, non sapendo di preciso neanche perché lo facesse. Per evitare che la rosa finisse di sfogliarsi, non le cambiò l’acqua; lei resisteva tenace, conservando appena una parvenza della sua forma leggiadra, disposta intorno al pistillo, lieta dell’attenzione costante: una sintonia che ingentiliva la realtà quotidiana.

Quando anche l’ultimo petalo cadde, non restò che uno stelo bruno, con le foglie accartocciate; allora, chi l’aveva raccolta ebbe un’idea. Radunò i resti fragili come velina, che emanavano un odore tenace, li mise insieme e s’incamminò verso il grande giardino.

Da subito, aveva individuato il luogo di provenienza della rosa, allineato sul percorso abituale di ogni giorno: le sue sorelle erano sbocciate dietro la cancellata e quando passava vicino a loro, ne ritrovava sembianza e profumo. Seguendo un ignoto impulso, aveva preso la decisione di riconsegnare alla famiglia d’origine il perduto bocciolo, nella certezza che anche le nuove arrivate lo avrebbero riconosciuto.

Si avvicinò all’inferriata e aprì la scatolina di cartone: una brezza tiepida s’impadronì del contenuto e lo disperse nell’aria.

Una rondine scese a volo radente, afferrò un petalo disseccato e lo portò nel vicino nido appena allestito, intanto una coccinella arrivò a fermarne un altro e poi un altro ancora, mentre un moscone ronzava perplesso…

Il cespuglio bisbigliò felice e il giovane uomo fischiettando, le mani in tasca, la testa rivolta al cielo sul quale scendeva il velo tenue del crepuscolo, tornò verso casa, sentendosi insolitamente allegro.

Giulia Morgani*
Ma sì, uscire per andare dove?


Da quando c’è un «quasi-liberi-tutti» non amo uscire di casa.
La gente sbuca da ogni angolo, prende il sole mentre aspetta l’autobus e le file si sono allungate a dismisura. Sì, perché anche se un incremento della libertà è stato concesso, certe cose non sono cambiate. I parchi dopo un’invasione di ex prigionieri domestici sono sotto controllo, i bar sono aperti e molti altri posti hanno ancora le serrande abbassate. Tutto ciò si traduce in code davanti ai supermercati perché la voglia di star fuori è tanta ma di questa libertà ora come ora non sappiamo bene cosa farcene. O forse perché delle abitudini che abbiamo preso in questi due mesi non possiamo più fare a meno.

L’essere umano si abitua a tutto. Un po’ come i virus.
Comunque la gente ha ripreso a sorridere, almeno con gli occhi. Il mondo è un po’ meno grigio e sicuramente più incasinato e polveroso. E con il caldo che avanza, respirare con questa roba sulla faccia è veramente difficile. Sarò impopolare ma un po’ ho nostalgia dell’isolamento. Intendiamoci, solo di alcuni aspetti dell’isolamento. La voglia che finisca, ad esempio. Il senso di appagamento anche solo nell’andare a buttare la spazzatura o nel guardare il mondo dal terrazzo condominiale.

La cosa che mi è mancata di più, e lì ho capito di aver sviluppato una forte asocialità, non sono stati i contatti umani ma il panorama.
Giorni senza sole, senza cielo, giorni a contare il numero di persiane tappate, di panni stesi e cenni di saluto con il tipo in pigiama che fuma alla finestra. Abito in una bella casa che ha la pecca di essere al primo piano e affacciare all’interno di un cortile. Sono in basso, circondata da palazzi di nove piani.

Una specie di contrappasso per essere cresciuta in case dove da ogni finestra vedevo il mare. Un panorama ti fa viaggiare con la testa, ti fa sentire libero, ti fa carpire sensazioni che sono dentro di te ma che altrimenti non avresti trovato. Un panorama può far molto. E in situazioni come la quarantena anche di più. All’inizio mi veniva una specie di claustrofobia a sapere che mi volevano confinata in casa. L’antidoto all’ansia è stato nutrirmi ogni giorno con qualcosa di bello, una frase, un dipinto, un film, un racconto, qualsiasi cosa purché fosse bella per me. Una buona abitudine che non dovrei perdere e chissà perché è più facile staccarsi da quelle buone che da quelle cattive.

E comunque, segnatevelo, il bello annienta l’ansia.
Poi c’erano momenti dove mi sentivo avvizzire per mancanza di sole. Anni fa abitavo in un monolocale seminterrato a Campo de’ Fiori. Mi avevano regalato una piantina e, per timore che stesse male, ogni mattina la portavo a prendere luce, uscivo con il vasetto in mano e le facevo fare un giro tra le bancarelle del mercato, piazza Farnese, via del Pellegrino. E in quarantena ho portato me a prendere luce, avevo diritto anche io, no? Una domenica c’era il sole e mi sono buttata fuori casa, avevo bisogno di respirare e camminavo con voracità, smaniosa di esterno.

Neanche una macchina. Neanche una persona. Ho incontrato una bicicletta ferma sul marciapiede, di quelle che si noleggiano con il cellulare.
Ho scaricato l’app e sono salita in sella. Sono andata al quartiere vicino, è un quartiere storico molto popolato. Anche lì non ho incontrato nessuno. Ho vagato nella mia zona postindustriale soffermandomi a guardare i vecchi mercati generali: fabbricati in rovina con al centro una palude. Li ho trovati di una bellezza violenta. Spostando lo sguardo altrove potevo vedere gli scheletri dei gazometri dismessi, il rudere del vecchio silos e la cisterna di cemento: archeologia industriale che ci vuol poco a immaginare ricoperta di edera e verde, ultima testimonianza della presenza dell’uomo sul pianeta.
I piedi pedalavano veloci percorrendo il ponte moderno che sembra la carcassa di un dinosauro. La strada era vuota e il sole splendeva, il mio viso finalmente libero dalla mascherina fendeva l’aria e mi sono sentita felice.

«La città è mia!» ho urlato pedalando sempre più veloce nella mia corsa di libertà. Mi mancano quei momenti. Mi mancano le strade vuote. Guardo i miei occhi e vedo che dentro di me qualcosa è cambiato, e non nei due mesi d’isolamento ma negli ultimi giorni. Faccio fatica a rimettermi in moto, non lavorativamente, di quello non vedo l’ora, ma socialmente.

Mi fa fatica anche parlare al telefono. E la luce che ha sempre acceso i miei occhi è intermittente. Mi dico che sono solo stata troppo con me stessa, e io ho bisogno di fuggire da me stessa a volte.
Spesso, a dire il vero, per questo recito e scrivo. È liberatorio. E sulla scena o sulla pagina non è molto diverso, sempre di racconto si tratta. Che sarei finita a raccontare storie mio nonno l’aveva capito prima di me e quando ho iniziato a scrivere l’ho fatto partendo da lui. Da una delle sue storie, una cosa che gli era capitata, che mi aveva colpito ma che non avevo ascoltato con abbastanza attenzione. Le domande che avrei voluto fargli sono rimaste taciute. Potevo solo immaginare le risposte.
Così mi sono trovata anche io a indagare accanto a Giacomo, l’avatar di mio nonno, a percorrere le strade di Centunoscale Scalo che non sapevo dove avrebbero portato. Il paese era sconosciuto a entrambi ma per me era la somma di luoghi che ho amato, negli aspetti più crepuscolari. Abbiamo incontrato nuove persone, altre le ho ritrovate trasfigurate come in certi sogni, abbiamo fatto amicizia con un bambino dai capelli grigi, lo stesso che per tutta la mia infanzia mi ha guardato dalla parete di mia nonna, chiuso in una cornice. Io e Giacomo ci siamo sentiti spiati, manipolati, confusi, ci siamo fermati davanti a muri di mattone che nascondevano chissà quali segreti. Ne abbiamo vissute di avventure. E ho potuto passare un altro po’ di tempo con mio nonno e con altre persone che non rivedrò mai più.
In fondo non siamo soli mai e dentro noi stessi abbiamo tutte le soluzioni. L’essere umano si abitua a tutto. Anche alla prigionia. Ma sì, uscire per andare dove? Il mondo delle mascherine mi mette ansia, meglio sdraiarmi sul terrazzo condominiale e contare le nuvole.

* Giulia Morgani è in libreria con “Il paese dalle porte di mattone” (HarperCollins)

Francesca Lo Bue
Sfida

 

Chiamare.

Grido quieto.

Cosa?

Qualcosa che gira disperso.

La favola serpeggia, rugiada palpitante.

Gesti slavati s’avvicinano,

di nuovo fuggono nell’azzurro impercettibile,

reticenze innocenti e agitate.

Ci sarà ancora l’aroma oscuro della rosa sfiorita?

Troveranno quiete le illusioni in agguato?

Le croci svanite?

I gesti invisibili?

I segnali che adocchiano inibiti?

Qui dove aspetta una statua di sale,

e il fiume turbolento aspetta l’erigersi di una torre.

Qui nella dimora dove aspetta la parola

per fondare la leggenda e rapire il sogno,

qui nelle fila ininterrotte del dolore dimenticato delle maschere sommesse.

Qui nel giardino di ceneri intorno alle braci spente.

Guardare verso l’infinito,

Guardare nel pallore dell’oscurità silenziosa.

Si può quando il vuoto è fondo, e con la speranza di niente?

E perché no la voce dell’enigma, il gioco della favola,

i calici e le anfore?

Salvatore Rondello
ANDRA’ TUTTO BENE (acrostico)

 

Adesso che lottiamo

Nell’infinita

Dimensione dell’ignoranza,

Resilienti al destino,

Animiamo la speranza.

Temiamo i nostri simili,

Untori sconosciuti,

Tenuti distanti.

Terribili sospetti

Oscurano il volto

 

Bendato da certi

Elementi, necessari

Nella salutare

Esistenza in vita.

Roma, 17 maggio 2020

Françoise Mifoumou Allmendinger (dal Gabon)
Grafic novel

 

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Ernesto Paolozzi*

Pandemia: ho peccato, mi sono redento

Chi di noi non ha sognato, in qualche momento della vita, stanco di lottare, di commerciare con il genere umano, di ritirarsi in un convento?    Di partire per una piccola isola sperduta nell’oceano, con pochi amici, lontano dal frastuono del mondo? Sogni, immaginazione, fantasticherie che lasciano il tempo che trovano per tornare alla vita quotidiana, alla responsabilità, alla lotta, alle speranze e alle delusioni che ti rendono saggio a loro modo. Tornare alla vita dalla quale non ci si può mai veramente distaccare se non morendo. Ebbene, a me l’isolamento imposto dalla pandemia che ha colpito l’intero pianeta, per qualche aspetto, mi ha catapultato nel tranquillo mondo dei conventi, mi ha imposto ( e, dunque, mi ha tolto responsabilità) la separazione dal commercio con gli esseri umani. Il che mi ha dato serenità, tranquillità.

Non fosse stato per l’angoscia dettata dalla tragedia che colpiva tante donne e uomini, dal senso di smarrimento per l’imponderabilità della condizione, lo sgomento per la crisi economica che probabilmente avrebbe colpito la società,  la forzata clausura mi ha giovato , una cura dell’anima e del corpo. Non vivere l’ansia, ad esempio, per parenti e amici generalmente gettati nella lotta continua della vita quotidiana, le sue mille insidie, mortificazioni, follie. Certo, di tanto in tanto il pensiero andava a medici e infermieri e a tutti quei lavoratori esposti ogni giorno al pericolo. Un pensiero non retorico, commosso. Ma le mie giornate correvano serene, come in un convento così come lo immaginiamo e forse non è.

Ho scoperto poi che molti hanno vissuto, una volta che le restrizioni sono state abbandonate e la clausura è finita, con ansia la ritornata condizione di libertà. Anch’io, almeno nei primi momenti, ho quasi avuto timore di ricominciare a vivere la vita normale. Di nuovo responsabilità, ansie, preoccupazioni, fastidi grandi e piccoli. Sembra sia una sindrome abbastanza comune. La felicità per la “riapertura” non ha pareggiato la serenità della clausura. La banalità della vita quotidiana che, in certo qual modo, la quarantena aveva interrotto bruscamente costringendomi ad una vita più riflessiva, vorrei dire, seria, interessante. La banalità quotidiana mi è sembrata una condanna, lieve condanna, per un attimo sospesa.

Devo confessare di aver commesso un peccato: di aver guardato, come ammette un personaggio di Sciascia, con interesse e divertimento lo sconvolgimento che ha colpito tante persone. Si, capitoni, anguille che si dimenavano nelle loro piccole vasche. Nervosi, atterriti, distrutti, impauriti ma arrabbiati, sconcertati perché la loro stupida vita quotidiana si era così bruscamente interrotta. I privilegi spariti, i piccoli imbrogli impediti, le meschinità svanite. Adolescenti invecchiati male, sofferenti di fronte alla oggettiva repressione dei loro vizi, alla messa tra parentesi della loro arroganza sciatta e cafona. Ricchi e poveri accomunati da un plebeismo che non poteva esprimersi nel consueto, rumoroso impeto. Un sentimento, il mio, credo abbastanza comune quanto inconfessato. Naturalmente l’immensa tragedia che ci ha colpito è prevalsa e anche io ho espiato quel peccato di fronte allo sgomento, alla pietà per l’intera umanità e per noi stessi, i nostri affetti, i nostri amici, i nostri ideali politici messi a dura prova. E così mi ha fatto tenerezza perfino quel mio amico che si è battuto per il Libero Aperitivo come fosse sulle barricate della Comune di Parigi. A suo modo ha sofferto anche lui, la sua campana ha suonato, in fondo, per tutti noi peccatori, per tutti noi, laicamente e semplicemente, essere umani.
* Docente Università “Suor Orsola Benincasa” – Napoli

Alessandra Cesselon
Che succede nei musei? Prossime riaperture d’importanti gallerie a Roma, da maggio 2020

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Galleria Borghese – Roma

A Roma, come in tutta Italia, inizia una serie di riaperture di musei e gallerie, dopo la totale chiusura imposta dal Covid 19. Nonostante le norme severe di accesso, queste opportunità danno respiro alla nostra voglia di bellezza e cultura.

Prima tra tutte la Galleria Borghese che, con l’illuminata gestione di Anna Coliva è tra i primi musei italiani a riaprire al pubblico da martedì 19 maggio.

Il Museo ha riorganizzato i servizi e gli spazi e ha attivato tutte le misure necessarie per migliorare la fruizione e rendere l’esperienza dei visitatori piacevole e sicura.

Le visite, solo su prenotazione.

Da non mancare, la famosa mostra: Raffaello, 1520 – 1483, che riapre dal 2 giugno alle Scuderie del Quirinale, e proroga la sua durata fino al 30 agosto 2020.

Riapre anche Palazzo Braschi , con Canova. Eterna Bellezza, che aveva avuto già oltre centoquarantamila visitatori prima della quarantena ed è stata prorogata fino al 21 giugno 2020. Il fascino del classicismo incanta con le centosettanta opere di Canova e dei colleghi protagonisti dell’estetica raffinata del mondo italiano d’inizio ‘800.

A Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale, le rassegne sono state prorogate e termineranno quindi il 2 giugno. In mostra: Gabriele Basilico, Milano ritratti di fabbriche 1978/80 uno dei maggiori protagonisti della fotografia italiana e internazionale, e incentrata sul tema della città con oltre duecentocinquanta opere. In contemporanea l’antologica sull’artista americano Jim Dine.

Riapertura al MAXXI di Via Guido Reni, dove c’è ancora un evento da non perdere dedicato anch’esso all’architettura: Amare l’Architettura di Gio Ponti. Da venerdì 22 maggio e prorogata fino alla metà di settembre. Anche La Galleria Nazionale di Valle Giulia, ex Gnam riapre al pubblico con una nuova mostra nel Salone Centrale. Per chi vuole vedere ancora alcune opere dell’ ‘800 e ‘900, prima che sia definitivamente disabilitata dalla direzione, nelle sue principali missioni di museo storico.

Molto complicato l’accesso ai vari musei, per cui conviene chiedere informazioni specifiche prima di andare. Si prevede quasi sempre l’obbligo di preacquisto con 1 euro da casa, o in prenotazione gratuita, dei biglietti di ingresso, allo scopo di annullare le code in biglietteria e ridurre gli affollamenti nelle sale. E comunque niente visita, non ci si sottopone a termoscanner. Molti altri siti restano invece putroppo chiusi.

Eugenia Serafini
Torneranno

 

Torneranno

Cieli di Lapislazzulo e Lune

d’Argento

COVID 19 non vincerai in eterno

Datemi un cielo bizantino

una Cuba d’ORO

un falcone di Federico

un castello di carte colorate

una penna con il pennino e

il calamaio con l’inchiostro

il grembiulino bianco e il colletto

con il fiocco rosa per le femmine e

per i maschi blu

Datemi le rOse rampicanti bocciolo

BIANCO e foglia VERDE smalto del

mio giardino

La voce di mia madre voglio e

la mano di mio padre lungo il viale che

porta alla casa dell’infanzia

e la pineta che sa di resine

Il riso di mia sorella Teta voglio che

bambina mi taglia i capelli seduta io

sulla finestra spalancata

il gioco a tre corde delle ragazze nel giardino e

il grido

ATTENTA!

La serenata di Checco a Teresa nella notte e

il pranzo di NOZZE sotto il pergolato

Si sposarono a grappolo i giovani della famiglia

Noi adolescenti la rosa tra i capelli

i calzini corti la gonna a ruota

ridevamo insensate e

felici

Mangiavamo confetti BIANCHI

Eugenia Serafini, Mangiavamo confetti BIANCHI, Acquarello, 2019

Solo un battito d’ali

Io lo SO

Non vi ho dimenticato

Siete rimasti

REALTA’ VIVA

nei miei sOgni e nel cuOre

VOI

che tornate in mutate sembianze

dai luoghi dell’infanzia verdi

prati e ciliegi in fiore siepi di tuie

odorose e nidi di cardellini tra grida

gioiose di bimbi

VOI

severi nel rimprovero e dolci

nell’abbraccio

Troppo breve il tempo che ci fu dato perduta

l’infanzia nel rincorrersi dei giorni adolescenti del

crescere veloce

ricerca di un tempo adulto e crudele

mi apparite stupefatti sull’orlo del ‘900

attoniti testimoni di STORIA

VOI

Sopravvissuti a macerie di guerre chimiche e

bombe nucleari

Ho vissuto la mia STORIA

COVID19

contestazioni e lotte dure

LIBERTÀ! SIEMPRE!

Porto il vostro e il mio peso e

Tuttavia

Gioco ancora a nascondino sotto

il tavolo della grande cucina nella

Casa grande e il calore è della legna di quercia

e il profumo è del pane che lievita

TONDO

Oggi vicino il tempo del ritorno che

ricongiunge spazi e luoghi

vi vedo vi sento

dove io sono

Io lo SO

solo un battito

d‘ali


Eugenia Serafini, Albero del sOgno, Acquarello, 2016

Irina Chulkova e Pavel Konakov*
Pandemia in Russia

Пандемия в России, как и во всем мире оказала разрушительное влияние на тур бизнес. С марта 2020 года мы остались без работы, так как туристы перестали приезжать в Россию. Но мы решили не унывать и воспользовались самоизоляцией для развития новых туристических маршрутов и укреплению связей с нашими партнерами.
Пандемия показала, что самое главное – это здоровье и очень важно укреплять иммунитет, поэтому мы решили сконцентрироваться на развитии эко -туров и предложить нашим клиентам интеренсные маршруты для походов, где они смогут насладиться природой, подышать свежем воздухом , подняит физическую активность, а также ознакомиться с жизнью Россия за пределами таких мегаполисов, как Москва и Санкт- Петербург, узнать, как живет местное население в селах и деревнях нашей странны.
Также мы запустили серию гастрономических туров, где туристы смогу ознакомится с полезными для здоровья рецептами русской кухни , основанными только на натуральных ингредиентах, и сами приготовить вкусные блюда национальной кухни. Мы также принимаем активное участие в интернет проекте по обмену полезными рецептами с итальянцами, и с удовольствием готовим итальянские блюда в России , а также учим итальянцев готовить нашу традиционную еду.
Мы шлем наши наилучшие сердечные пожелания итальянцам и надеемся на скорую встречу.
Traduzione
La pandemia in Russia, così come in tutto il mondo, ha avuto un impatto devastante sul business del turismo.. Da marzo 2020 siamo senza lavoro perché i turisti hanno smesso di venire in Russia. Ma abbiamo deciso di non scoraggiarci e di usare l’autoisolamento per sviluppare nuovi itinerari turistici e rafforzare i legami con i nostri partner.

La pandemia ha dimostrato che la cosa più importante è la salute ed è molto importante rafforzare l’immunità, così abbiamo deciso di concentrarci sullo sviluppo degli eco-turisti e di offrire ai nostri clienti interessanti percorsi per le escursioni, dove possono godersi la natura, respirare aria fresca, aumentare l’attività fisica, oltre a conoscere la vita in Russia al di fuori di megalopoli come Mosca e San Pietroburgo, imparare come la popolazione locale vive nei villaggi e nelle città del nostro paese.

Abbiamo anche lanciato una serie di tour gastronomici, dove i turisti potranno conoscere le sane ricette della cucina russa basate solo su ingredienti naturali, e preparare essi stessi deliziosi piatti della cucina nazionale. Partecipiamo inoltre attivamente a un progetto su Internet per lo scambio di ricette utili con gli italiani, e siamo felici di cucinare piatti italiani in Russia, oltre a insegnare agli italiani a cucinare la nostra cucina tradizionale.
Inviamo i nostri migliori auguri agli italiani e speriamo di incontrarvi presto.

*Sono titolari di Moscow Navigator, agenzia di promozione culturale e turistica in Russia e partner del “Premio internazionale Pushkin” in Italia.

Lucia Marchi*

Desiderio

Fatemi sognare

Che il mare laverà

Le nostre coscienze

E il sole

Scalderà i cuori

Così troveremo il coraggio

Di cominciare

Una nuova esistenza

Cosmica

Angoscia

Il sole di maggio

Riscalda le coscienze

Intirizzite dal lungo isolamento

E rischia

Di bruciare i cuori

Ormai sopraffatti

Dalla paura

Di restare orfani

Del piacere di un abbraccio

*Direttore Biblioteca Casanatense

Condirettore Centro di Ricerca di Eccellenza Diritto d’Autore

Antonio Scatamacchia

Il virus si sta impadronendo del mondo

La maggior parte delle regioni del mondo si sono infettate, mancano all’appello le estreme regioni dell’Artide e dell’Antartide e l’Australia, per il resto ogni sera si fa la classifica di chi ha raggiunto il maggior numero di positivi e quello dei morti. È una gara molto deprimente e tediosa, ha il solo pregio di avvicinarci a popoli di cui si aveva conoscenza solo dai libri di geografia, da parte di coloro che non hanno avuto il privilegio di conoscerli direttamente, avvicinarci e mostrare un brano di empatia, perché il virus ce l’ha resi idealmente vicini, quasi famigliari, comunque degni di commiserazione. E oggi si parla del Brasile, i suoi ventimila morti per contagio, un record di decessi nelle ultime 24 ore. Il Sudamerica è il nuovo epicentro della pandemia, l’Argentina comincia a rientrare nel novero della gara giornaliera, così in Cile. in India non si scherza, 5000 contagi al giorno, in Amazzonia grande preoccupazione per le popolazioni indigene e poi viene, non ultima l’Africa. Lì siamo al collasso sanitario, la popolazione che in media risulta giovane, rispetto alla vecchia Europa, già fiaccata da piaghe endemiche, quali la tubercolosi e l’AIDS, ha un record di 29 milioni di persone che si avviano alla povertà assoluta. Ventidue milioni di africani avrebbero bisogno di essere ricoverati negli ospedali inesistenti e quattro milioni avrebbero urgente necessità di terapie intensive, nel frattempo proliferano guerre intestine. E cosa fa l’Europa? Che corre il rischio di una invasione di profughi. Ma l’Europa con il suo record di due milioni di casi e 170.000 morti sta in affanno e non ha l’idea e la forza di come intervenire. Se nel frattempo avesse costituito un esercito europeo avrebbe avuto l’occasione di imporre una pace e un aiuto ai popoli locali, molto meglio di altri interventi da parte degli Stati Uniti o Cina, Turchia e paesi del vicino oriente, ma sono pure illusioni e lo stiamo constatando nella tragicomica tergiversa prolissa discussione sugli aiuti economici. La Cina che ha provveduto per suo conto di appropriarsi di enorme ricchezze, come la partecipazione alla estrazione nelle miniere del Congo, ora sostiene di non avere nuovi infettati, mentre l’USA vanta 25.000 decessi e un milione e mezzo di casi, nella classifica segue il Regno Unito, l’Italia, poi la Francia e la Spagna. Quale gara mortale! Gli asintomatici se ne vanno allegri senza mascherina.

23 maggio 2020

Daniela Quieti

ZAPPANDO LA TUA TERRA

Le quattro e mezza

sveglia, contadino

notte stellata

mettiti in cammino.

Mucche da mungere

il tuo cane abbaia

prendi il trattore

attende lì nell’aia

Comincia un altro giorno di sudore

alle tue spalle spunta la Majella

montagna madre, cima già innevata.

Mentre la notte adesso si cancella

ecco, lontana, la città malata.

Il padre non abbraccia più suo figlio

ognuno cerca il proprio nascondiglio.

Dietro ogni maschera incombe la tristezza

niente più baci, resta l’incertezza.

Tu, certo, contadino, la tua guerra

la vincerai zappando la tua terra.

29 aprile 2020

Carla Gagliardi Desaur (da Londra)
In premessa

Gentilissimo Presidente,

La ringrazio del preciso appunto.

Unsafe” mi sembrava bello lasciarlo ed è ottimo virgolettarlo…modalità che io evito a causa della tastiera e delle elaborazioni scorrette del cellulare. A Voi ogni ritocco, grazie.

Mi interesserebbe molto pubblicare alla conclusione con il titolo SPIRITO NEL BUIO perché veramente sento questa tensione…stamattina ho ricevuto la foto di una mia insegnante della nursery, una di quelle salvate perché ho curato per tonsillite, che sta facendo babysitter ad un bambino appena diventato fratello maggiore.

È bello vedere che la vita continua rigogliosa nonostante i nostri politici…

Io ora sono in Italia ma sono in linea diretta con la scuola …quindi continuerò ad informarvi regolarmente. Mio marito è ancora a Londra perché aspetterà giugno per poter venire essendo un semplice turista! Ieri mi ha confermato che nonostante la pressione amministrativa del governo inglese sempre più scuole stanno rifiutando l’apertura, addirittura a dispetto del business.

Tutta questa parte potrò trattarla a parte nelle prossime settimane perché in uk sta avvenendo una selezione del personale allucinante: di base avendo dei contratti molto easy c’è un invito, neanche tanto celato, al licenziamento facile.

Inoltre in nursery ho lasciato la mia collaboratrice, la segretaria che mantiene i contatti con tutte le famiglie dei genitori e degli insegnanti perché sto attuando una sorta di screening costante in previsione della riapertura.

Mio marito che calcola il business mancato e gli inesistenti aiuti sventolati alla tv spera di riaprire a luglio ma io prego per settembre.

Scusi la lunghezza,

come vede è un problema anche nelle email.

Peraltro L’ho conosciuta via email e non vorrei apparire telegrafica.

Le auguro buona domenica

Carla Gagliardi

IL MONDO AL CONTRARIO

Mentre ai telegiornali inglesi si fa un continuo accenno alle soluzioni europee, un costante confronto per seguire le linee guida di fondamentale esempio per evitare rischiose ondate del virus, noi cittadini normali ci sentiamo dire nelle grandi banche, in agenzie del centro, che non c’è disponibilità a prelevare in euro …. Riluttanza di questo tipo l’avevo incontrata pagando in lai un editore rumeno o cercando di inoltrare qualche real brasiliano: cambi pressoché sconosciuti; ma ora la non disponibilità di banali cifre in euro mi pare irreale.
Eppure l’UK non ha ancora formalmente chiuso le frontiere, anche sull’onda del brexit cui si è aggiunto il coronavirus solamente ora accenna ad una quarantena al rientro senza date, semplici aggiornamenti ogni tre settimane. Quest’ultima soluzione non ha nulla a che veder coi seri provvedimenti italiani dello stare a casa e del non superare i 200 metri, infatti a Londra si incontrano senza problemi persone rientrate da qualche giorno dalla Spagna, …ad esempio.

Venerdì:
Abbiamo redarguito fino all’altro ieri il mondo islamico che imponeva la copertura dei visi alle donne e stamattina mi trovo in un clima surreale.
Mi sono presentata alla stazione di San pancrazio a Londra con tutti i documenti in regola ed un biglietto del treno perfetto per il rimpatrio.

Dovendo passare dal controllo passaporti e carte di identità mi sono premunita di comprare  una grande visiera di plastica che scende dal cappello e coprendomi il viso e parte del collo assicura ai controlli di verificare la mia identità.
Al controllo passaporti tutto ok ma appena mi accingo a sedermi nella hall in attesa del treno, in quell’ora abbondante da trascorrere prima di salire sull’unica serie di vagoni che ci assicurano il passaggio al di là della Manica, vengo avvicinata, in realtà assalita da lontano, da una persona del servizio di sicurezza che mi rimprovera di non indossare la maschera !
Le mostro di disporre di mascherina che ho tenuto in tasca pur indossando, appositamente, la grande visiera…ma non le basta. Cappello e visiera non sono sufficienti, aggiungiamo la mascherina chirurgica mentre leggo in una postazione appartata.
In questo clima irreale dove ingiustizie ed incongruenze fanno in modo che stupidità e rigidità si saldino in un matrimonio pericoloso, fatto di interessi lontani dalla salute di ognuno e troppo vicini al desiderio di prevaricazionie, mi pare che l’obiettivo diventi la semplice riduzione della libertà altrui.
Mi inoltro come in una jungla sconosciuta abitata da animali pericolosi: proprio ieri sono stata io in banca a dover far notare ad un altro cliente, presentatosi senza alcun dispositivo PPE, di allontanarsi dalla postazione che stavo occupando al fine di mantenere le distanze di sicurezza per il virus nonché, nel rispetto della coda, per buona educazione.
Nessuno dei cassieri, peraltro senza mascherina o visiera, lo stava fermando.

Una nota di sicurezza è sopraggiunta stamattina quando l’uber ordinato da mio marito, nonostante tutte le mie titubanze nell’uso di un taxi, ci ha raggiunto mostrandoci una parete di plastica sistemata alla perfezione tra lo spazio del conducente e la zona viaggiatori dove abbiamo potuto accomodarci senza mascherina.
Peraltro il conducente che non è sceso a sistemare il bagaglio indossava la sua maschera ed esperto di Londra ci ha raccontato di evitare da mesi gli aeroporti dove non vi sono controlli severi. Lui si autogestisce, pulisce con il disinfettante la parete di plastica trasparente che si è inventato e mentre ci racconta la sua esperienza, in un clima di sincerità e fiducia nel prossimo, mi viene naturale chiedergli il paese di origine.
Questo uber londinese è di origini brasiliane e ancora una volta dimostra come gli individui singoli siano pronti ai cambiamenti e alla tutela della specie al contrario dei variegati governatori della maggioranza delle nazioni.
Lui evita ogni riferimento alla nazione dalla quale arriva, sono tutti in ansia per la stupidità del governatore e ci tiene a raccontare che tutta la sua famiglia è in Uk.
In questo mondo ribaltato però permane talvolta l’abitudine mal celata alla sopraffazione: l’individuo singolo ha una possibilità di riscatto, forse l’ultima?
Salgo sul treno dove ci hanno per l’ennesima volta cambiato il posto a sedere per mantenere  le distanze di sicurezza e scopro che un padre con due figli ha deciso di occupate il posto assegnatomi. A questo mondo c’è chi mette al mondo figli solamente per rivendicare un qualche bonus sociale, una scusa eterna alla pessima abitudine di volersi sentire più importanti del prossimo.
Mi chiedo quando finirà questa deleteria abitudine: molti di loro mettono al mondo dei figli nella convinzione, anziché educarli alla condivisione, di poter recriminare al coniuge, ai familiari, alla società intera diritti acquisiti che assicurino il non rispetto delle regole!!
Quante volte sull’autobus, in treno o in vaporetto mi sono alzata per lasciare il posto a degli anziani e i figli di questa setta di prevaricatori, con lo zaino della scuola, si sono seduti al mio posto? Troppo spesso! Speriamo che il virus entri costruttivamente nelle menti e nei cuori e ci aiuti a diventare cittadini del mondo educati ed evoluti: è una occasione imperdibile…
Torniamo al mondo ribaltato: prima del mio rimpatrio mi sono organizzata con mio marito per certificare il nostro stato di salute in previsione del rientro in Italia.
Nelle ultime due settimane ci siamo attrezzati per verificare la nostra <distanza > dal virus: prova del tampone e del sierologico.
Dichiarando con un click qualche sintomo, dell’elenco infinito, tramite il sito ufficiale del governo inglese si può accedere ad un controllo con l’analisi del tampone: iscrizione online, prenotazione in una sorta di drive hall dove recandosi con la propria auto si riceve un kit e nel giro di qualche giorno arriva via email il risultato.
Eccoci al drive in siamo passati la domenica pomeriggio, senza code e in un clima militaresco: accesso ad un parcheggio della municipalità nella zona in cui abitiamo, una dozzina di militari gesticono distribuzione e ritiro del test. La prova ha funzionato benissimo perché con prenotazione alle 15 della domenica abbiamo inspiegabilmente ottenuto il risultato nella prima mattinata del lunedì ma avrei un paio di obiezioni, osservazioni fondamentali che rendono traballante l’intero percorso.
Ci siamo iscritti come singoli raccontando di avere avuto qualcuno dei sintomi: peraltro entrambi negli ultimi due mesi abbiamo avuto almeno una delle patologie in elenco …un elenco che questa settimana è diventato ancor più elastico in Inghilterra.
Aggiungo che l’elastico si sta usurando ed è pronto alla rottura poiché il popolo delle persone che si sente unsafe (in pericolo) supera di gran lunga quello dei certificati shielding e ormai in ogni settore si è aperta la crepa di coloro che non vogliono rientrare nel mondo del lavoro… una voragine.
Vediamo le scuole che avevano annunciato riapertura al primo di giugno ed ora timidamente posticipano all’otto del mese suggerendo ipotesi di chiusura estiva anticipata e slittamento delle ferie fino al primo settembre.
Torno al mondo ribaltato perché mi preme far notare che mentre in Italia il tampone viene somministrato da personale competente, medico o infermieristico che sia, qui il box ci è stato consegnato da un povero soldato che comunicava con noi attraverso un telefonino.

Era una giornata di vento freddo e i soldati avevano la semplice divisa mimetica e il mattino il clima era sui 20 gradi. Nel pomeriggio la temperatura era crollata a 6 gradi e loro abbandonati a lavorare all’esterno, in un parcheggio all’ombra. Avevano una gran fretta, ci hanno comunicato che avremmo trovato tutte le indicazioni dentro la scatola consegnata: ci hanno invitati a parcheggiare l’auto in un angolo per svolgere il test.
Noto con disappunto molte auto, famiglie intere, arrivare dopo di noi e ripartire frettolosamente. Io ho faticato a passare il tampone sulle mie tonsille perché non le ho più, mi sembrava stupido dover ripassare lo stesso tampone nel naso semplicemente perché non era disponibile un secondo tampone.
Credo che la prova sia inficiata dal fatto che mio marito ed io per quanto precisi non siamo stati preparati a sostenere questo test da soli.
Lentissimi qualcosa siamo riusciti a fare e la sera rientrati a casa ci siamo ripetutamente chiesti perché tra i soldati non ci fosse un medico o un infermiere competente?
Peraltro quando parlavano al telefono con noi stando a distanza di sicurezza dalla nostra auto  indossavano la mascherina che rendeva incomprensibile il loro parlare nel vento all’apparecchio telefonico.
Prima di allontanarci ne avevo individuati 8 chiusi in un cerchio di un paio di metri che facevano crocicchio per la pausa caffè…
Il secondo test, quello sierologico che mia madre ha provato nella stessa settimana in Italia spendendo sui 50 euro, mi è costato 98£.
Dal famoso ospedale privato di cui vi ho già raccontato avrei avuto proposta di un test sierologico per 125£, e da mesi le cifre si impennano rendendo il test non più sicuro ma più ridicolo per gli aneddoti che lo anticipano ed accompagnano.
Ci si inscrive online e un box, elegante e pubblicizzante qualche laboratorio privato, arriva via posta normale.
Bisogna studiare tutto a casa in solitudine ed organizzarsi per prelevare il sangue la mattina stessa della consegna al più vicino ufficio postale, tra i pochi rimasti aperti, entro le 12.
Anche in questo kit noto con disappunto che la procedura era stata preparata per due prelievi, per avere una prova che dia maggiore sicurezza al risultato, ma questa opportunità è stata scartata a priori lasciandoci una sola provetta a disposizione. L’idea di un kit completo era probabilmente troppo costosa. Però hanno inserito due fogli rigidi eleganti e colorati per lasciare i propri dati ed essere sicuri di compilare correttamente email ed indirizzo per venire contattati in futuro.
Anche il virus è diventato un business ancora prima di sapere di cosa si tratti: interessante visione al microscopio del problema-opportunità.
In questo caso il risultato del test ha atteso due giorni per arrivare alla mia email, ma nonostante la priorità alfabetica del cognome di mio marito il mio oracolo è sopraggiunto rapido, il suo lo stiamo ancora aspettando.
Sono curiosa e non comprendo la logica di questo tempismo: aspettiamo.
Per ora tutti i responsi sono negativi e ci assale l’affanno dal momento che in realtà speravo, avendo avuto una serie infinita di malesseri passeggeri ma pesantemente invalidanti, di risultare immunizzata.

Torna la paura per i viaggi: aerei e treni, evitare l’aria condizionata e gli assembramenti.
Avevo comunque optato per il viaggio in treno perché la pressione dell’aereo, ripetuta per ben due volte in un giorno era inaccettabile. In generale dal momento che il rimpatrio costringe ad un passaggio sulla capitale, l’opzione mi era parsa assurda tanto nel prezzo quanto nel metodo e mi ero illusa che il viaggio in treno fosse rilassante.
Stamattina improvvisamente calata in questa nuova realtà ribaltata ho scoperto che le regole per viaggiare in treno sono ormai identiche a quelle del trasporto aereo, come la tempistica.
Dentro questa mascherina si soffoca, gli occhiali si appannano e non si riesce a leggere, il viaggio di un miope si riduce allo schermo del cellulare vicino al viso e lontano dal mondo.
Viaggio ormai da due ore e non si è vista l’ombra di un controllore, ho perso il diritto al posto assegnatomi dalla casualità della nuova riorganizzazione dei sedili, non oso indossare la maschera trasparente che mi sono portata perché troppo simile alla semplice visiera che mi è costata il rimprovero.
Comunque i ragazzini della famiglia che si è fatta le regole per sedere ad hoc al mio posto non indossano la mascherina nonostante abbiano vistosamente più di sei anni, mangiano e parlano come se fossero a scuola tra i loro compagni. Perché hanno richiuso tante scuole a Parigi mentre Londra si dibatte in un intricato regolamento che ne assicuri la riapertura?
Perché siamo tanto capovolti nell’inserire delle regolamentazioni per il gusto di trovare la più rapida via di uscita per non rispettarle?
Questo virus che si insinua ovunque, che non rispetta età e società, paesi e nazioni, vola rapido sugli oceani e ripulisce i cieli dal nostro inquinamento sconsiderato…dove ci porterà? Scendo dal treno alla gare du Nord e in attesa di essere controllata per l’ennesimo foglio certificato che mi hanno fatto compilare alla stazione londinese di San Pancras, scopro che non c’è nessun controllo e addirittura chiunque può arrivare lungo il binario del treno. A Parigi non c’è neppure il controllo minimo di accesso in stazione che c’è da anni a Milano, Firenze, ecc.
Incredibile: il mondo ribaltato qui me lo spiega un gentile magrebino, taxista con le masque.
Place de la Republique e place de la Bastille, mi lascia all’hotel a pochi metri dalla gare de Lion da dove domani partirò per raggiungere Milano.
Tutti i negozi sono aperti, la maggioranza delle persone cammina per strada con le mascherine e la tanto discussa Parigi, la super affollata, mi sembra una fotocopia colorata di Londra.
La quantità di persone per le strade è la stessa: il taxista mi assicura che Parigi si sta risvegliando dopo l’apertura di lunedì e allora io gli confermo che a Londra non c’è stato un reale lockdown.
Le due città ad oggi sembrano veramente lo specchio l’una dell’altra ed infatti decido di rinchiudermi in camera a leggere.
Aspetto il mio rimpatrio velato dall’emozione di un rientro in famiglia nella prospettiva vacanziera di godermi l’italia, ma confesso senza poesia che da lunedì il mio turismo svelerà la sua anima, puro turismo sanitario tra la Lombardia ed il Veneto dove finalmente i confini regionali saranno inesistenti.

Paolo Rutili (Rutilans Poetry)
APRILE

Aprile, si apre la porta alla primavera
si chiude ai mortali italici,
le strade silenti,
i poeti scriventi,
allora speriam di gettare radici
per una rinascente era.

A ogni notte segue l’alba
tanti sacrifici
non saranno invano
daremo un giorno la mano
tanto per essere felici
sboccerà un fiore, senza barba.

Lucia Ileana Pop
De ce?

Câtă zi este în ziua

ce-a înmugurit în tine?

Câtă noapte e-n tristețea

ce-a îmbătrânit în mine?

Cât de-naltă e durerea

celor care voce n-au?

Cât de blândă e mânia

celor ce iubire dau?

Adevărul de ce e-n chin?

De ce surâsul e-n suspin?

De ce furtuna e-n senin?

De ce în taină neliniști vin?

De ce iubirea-i trecătoare

și viața e sfâșietoare?

De ce-n adevăr este minciună?

De ce-n frumusețe nu-i vreme bună?

De ce în iubire este tristețe

și-n armonie nu e blândețe?

De ce din necaz bucurii vin?

De ce în extaz e și mult chin?

În moarte de ce-i murmur de viață?

Viața de ce se frânge-ntre degete ca o ață?

De ce în viață moartea e treaptă

și în moarte viața ne-așteaptă?

De ce în viață este venin?

De ce moartea e fără de-alin?

Perché?

 

Quanta luce c’è nel giorno

che è spuntato in te?

Quanto buio c’è nella tristezza

che è invecchiata in me?

Quanto alto è il dolore

di coloro che non hanno voce?

Quanto soave è la rabbia

di coloro che donano amore?

La verità perché è nel tormento?

Perché il sorriso è nel sospiro?

Perché la tempesta è nel sereno?

Perché segretamente arrivano inquietudini?

Perché l’amore è effimero

E la vita è straziante?

Perché nella verità c’è finzione?

Perché nella bellezza non c’è silenzio?

Perché nell’amore esiste la tristezza

e nell’armonia non c’è la mitezza?

Perché nel dispiacere vengono le gioie?

Perché nell’estasi c’è tanto cruccio?

Nella morte perché c’è fremito di vita?

La vita perché si spezza come un filo tra le dita?

Perché nella vita la morte è gradino

e nella morte la vita ci aspetta serena?

Perché nella vita c’è del veleno?

Perché la morte è senza freno.

Roberto Piperno
OGGI CI PENSO

Non posso e non voglio dimenticare

i sibili e i boati dei bombardamenti

sperimentati quando ero bambino

che uccidevano chiunque al di là

di ogni qualità umana o disumana.

Ogni singola bomba dal cielo

non distingue fra uomini e donne

tra onesti e persino buoni

e giovani o vecchi incarogniti.

Anche il Coronavirus arriva

senza sibili e fragori e penetra

in migliaia di corpi senza riguardo

all’età alla religione alla nazionalità

diffuso ovunque sul pianeta

e in breve tempo assassino di troppi.

Poi per fortuna la scienza ha detto

quali precauzioni prendere

proteggendo le mani e il volto

e meglio il corpo intero

restando rintanati in casa

senza contatti con altri viventi.

Viviamo un’esperienza inaspettata

che cambierà si spera con forza

il comportamento di tutti gli umani

obbligati a capire meglio il senso

della solidarietà e della solitudine

per poter così anche sopravvivere

alla minaccia presente e subdola

di una morte buia e inattesa

conclusione brutale e odiata

di ogni istante e respiro vissuti

nella lotta a questo rischio.

Vivere una vita lunga decenni

cosparsa di emozioni pressanti

anche le meno gioiose

è quanto ognuno spera

ma non possiamo ignorare

che per tutti arriverà la fine.

Il contagio del virus mondiale

disprezza e annulla ogni vita

e si concentra in una goccia

di saliva avvelenata

magari nascosta in parole d’amore

da cui forse riparano le mascherine

scudi di plastica cercati e trovati

in luoghi d’incontro e scontro.

Ora necessita andare avanti

sperando che la pandemia si ritiri

per l’isolamento e la cautela

di milioni di esseri umani

pieni di sconcerto e di paure

ma non è ancora la salvezza

senza il vaccino arma definitiva.

Ogni giorno si spera che la scienza

sappia offrirci lo strumento efficace

per tornare a vivere più sereni

e un po’più certi che la morte

ci prenderà ormai già vecchi

quando non si vorrà più vivere

privi di emozioni e speranze.

Alessandra Jannotta

9 maggio 2020: Diciannovesimo piano 

Oggi mentre ascoltavo la musica, sentivo il cuore più leggero.

Mi sembrava come se quel fiume di luce entrasse dentro il mio corpo e lo facesse volare.

Ho deciso.

Il diciannovesimo piano della mia fabbrica sarà pieno di strumenti musicali.

Tantissimi violini e centinaia di pianoforti saranno tutti sospesi in aria.

Quando i bambini entreranno nella stanza, gli strumenti musicali, danzando tra di loro e disegnando meravigliose piroette, scenderanno giù dai loro nuovi amici.

I bambini, senza nessuna fatica, come per magia, saranno capaci di suonare e ovunque si vedrà brillare la loro Gioia.

Ti lascio la poesia a guardia del tesoro e scappo a preparare i cioccolatini a forma di note musicali da regalare ai miei piccoli amici quando avranno finito di fare brillare il mondo con la loro musica.

“Lo spartito magico

Vorrei avere una penna capace di danzare sopra il brutto,

di scavare dentro a chi ha dimenticato,

una penna che sveglia chi dorme.

Vestita del vento della vita, vorrei volare per atterrare su spiagge deserte

dove il bello incanta,

i profumi inebriano.

Musica nel cuore

coprirti

di baci di Sale,

di carezze di Sole.

Musica e Amore:

Baci di sale

Carezze di sole.”

10 maggio 2020: Ventesimo piano 

Oggi il cielo è pieno di nuvole.

La mia mamma dice che sopra le nuvole c’è sempre il sole.

E allora caro Virus, sai che ti dico?

Al ventesimo piano della mia fabbrica ci saranno tante nuvole, su ogni nuvola abiterà un folletto con la barba lunga e le calze colorate  e una fatina con le trecce dorate e gli occhi viola.

I bambini  sceglieranno la loro nuvoletta e subito una scala tutta d’oro scenderà dalla nuvola per fare salire il piccolo.

Quando il bambino si sarà accomodato sopra la soffice nuvoletta riceverà i  cioccolatini a forma di folletto o di fatina e subito fata  e folletto inizieranno a raccontare storie meravigliose.

Ti lascio a guardia  del tesoro una stupenda poesia della mia poetessa, sono certa che riuscirai a capirne il significato più profondo!

“Nuvole

Cupe intense

nere cariche di pioggia,

bianche,grigie.

Sbiadite,

alcune sfumano verso colori indefiniti

filtrano timide la luce del sole,

altre la respingono decise,

l’accolgono vogliose ed appagate.

Tutte  nuvole.

Mille forme diverse distese sullo stesso

cielo.

Ed io quaggiù

tra Verità cercate,volute ,trovate.

Bugie convinte,spavalde,cattive.

E poi la discrezione vestita a volte in bianco,a volte in nero,in grigio.

Nuvole di discrezione su tutto

soltanto nuvole .

Verità luminosa.

Falsità spenta.”


11 maggio 2020: Ventunesimo piano 

Ieri con tutta la mia famiglia siamo andati a fare una passeggiata in centro e siamo saliti su una terrazza fantastica affacciata sui tetti della città più bella del mondo.

Al ventunesimo piano farò conoscere a tutti i miei piccoli amici la bellezza della mia città, una città che strega e che,con la sua arte, tocca il cuore.

Su uno schermo gigante farò proiettare dai miei aiutanti, i buffi folletti e le meravigliose fatine, le fotografie della città eterna.

I miei piccoli amici sceglieranno la fotografia che più gli piace e una grande mano uscirà dallo schermo per portare il bambino nella sua piazza preferita dove, viaggiando su una bacchetta magica, potrà ammirare tutto ciò che desidera.

Se il piccolo vedrà qualcosa di brutto basterà che lo indichi alla bacchetta volante e tutto verrà sistemato in un attimo.

Caro Virus, come sempre, Ti lascio a guardia del tesoro la poesia della mia amica poetessa; tu cerca di continuare a fare il bravo altrimenti i miei amici ti daranno tantissime bacchettate che finiranno per far cadere tutti i tuoi brutti ciuffetti, e così non potrai più combinare guai in giro per il mondo.

“Roma

Una regina vestita di stracci

Mi tende la sua mano affusolata, elegante.

Mi guarda con i suoi occhi grandi capaci di inghiottire.

Mi racconta una storia di secoli passati,

La città eterna non morirà mai.”

Carlo Piola Caselli
Troppi galli a cantare

Sul palazzo della “Civiltà e del Lavoro” c’è scritto «Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori», sì, fra di essi i pensatori e gli scienziati: con il martellamento di giornali e di televisione di questi ultimi trent’anni credevamo che in Italia non ci fossero più scienziati, a causa della fuga dei cervelli all’estero, invece, quasi per miracolo, ora ne siamo pieni, non solo di cervelli ma di cervelloni, dicono la loro, aiutano a condurre dei programmi, fanno di tutto per mettersi in mostra. Covis il terribile è riuscito a scovarli ed ora sono spuntati come funghi e funghetti, abbarbicandosi come i chiodini, a discutere e a dare dei suggerimenti, a suon di gettoni. Però, se qualcuno si azzarda a cantare fuori del coro, in un modo o nell’altro è destinato a fare una brutta fine.

Qualcuno è valido ma, con rispetto parlando, essendo libero di pensarla come voglio, da alcuni di loro io non mi farei nemmeno misurare la pressione.

Così in poche settimane sono usciti dei decreti, gli ultimi dei quali sono uno di 70 pagine e poi un altro di 21, poiché con «troppi galli a cantare, non si fa mai giorno» (Pulcinella direbbe, «Troppi galli a cantà nun schiara mai juorno»).

Inoltre, in essi c’è stata una grande esibizione di analfabetismo, una gran confusione parentale, un gran polpettone di norme, normette e normine che invece di chiarire complicano.

Ci vengono in mente le «grida» manzoniane, solo che quelle erano pressoché lettera morta, mentre ora, in questa confusione, si rischiano i «pizzicotti» di multe pepate, con chiusure di esercizi commerciali (a grande fatica riaperti). Si gioca un vero e proprio rischiatutto.

Tra le notizie che mi sono pervenute, ecco la più assurda, pare che in Croazia, avendo il governo, giustamente, distribuito dei denari a chi è rimasto senza lavoro, in questa categoria siano stati compresi anche i calciatori per cui la gente è indignata: evidentemente quei politicanti hanno paura di loro poiché i calci nelle loro onorevoli parti (recto et verso) li sanno ben assestare.

Gravi segni di decadenza politica e morale? Ai posteri l’ardua sentenza!

La Croazia sta aprendo al turismo ad ungheresi, cechi, slovacchi ed austriaci, mentre per il momento è restia contro gli italiani, essendo stata fatta strage di anziani nelle case di riposo, quando gli intelligentoni hanno mandato i malati di virus in quelle strutture, mentre persino un bambino di 3 anni avrebbe capito e detto «questa cosa non s’ha da fare», così se da un lato si sono alleggeriti i conti della pubblica assistenza dall’altro ci si è fatti una pessima nomea all’estero, poiché gli indici di mortalità hanno avuto dei picchi che si ripercuoteranno gravemente sul turismo internazionale. Tutto ciò è un prodotto derivato del cinismo di pochi contro molti, della mentalità dello scarto, della mancanza di rispetto, del virus della diseducazione diffuso anche da certo cinema, da certa televisione e da certi fumetti (per chi facesse finta di non capire, il “certo” ha la doppia valenza, di “alcuno” e di “certamente”). «Chi semina vento raccoglie tempesta», risale ad Osea (8,7), con versione latina e greca.

Da un secolo a questa parte è aumentata la speranza di vita, dopo la pandemia della spagnola ed il vibrione del colera nel 1973, essendoci stata una selezione naturale della specie, inoltre l’Italia, lungo la penisola, gode di un clima ottimo. Ecco perché nello stivale il virus ha colpito meno.

Molti politicanti, invece di fare delle legittime critiche costruttive, hanno parlato ed agito male ed in maniera distruttiva contro l’idea dell’Europa unita, ora che il turismo internazionale è a rischio e che devono attaccarsi alle mammelle europee, son diventati tanti agnellini ed hanno imparato anche a belare in interlingua od in esperanto. Prima erano contro Schengen, ora vorrebbero a tutti i costi mettere in programma di riaprire le frontiere, non sanno quello che dicono, non sanno quello che vogliono, non sanno quello che fanno. Che squallore!

Qui a Roma hanno stabilito gli orari differenziati, da Figaro dopo le 11, mi son fatto la lunga passeggiata, sotto il solleone, per andare a fissare un appuntamento. Che assurda cretinata (una delle tantissime) far aprire a quell’ora, in genere ci si va una volta al mese, non tutti i giorni, qualche persona magari una volta a settimana, per lo più nel quartiere dell’abitazione.

È diventato un problema incontrarsi, non si sa dove accomodarsi, in qualche bar ci sono due posti distanziati ai capi di un lungo tavolino, in genere ne ho visti però piccoli monoposto, per fortuna a Roma ci sono tante chiese, in una di esse conversava Michelangelo con Vittoria Colonna, come ha raccontato il pittore portoghese Francisco de Hollanda in «Colloqui con Michelangelo».

Giuseppe Cerasari
Scienza, democrazia ed ex alunni

Immagino ora i miei ex alunni alle prese con un rinnovato interesse per la scienza ma soprattutto consapevoli di essere in qualche modo dei privilegiati. Si perché credo di aver fornito loro gli strumenti idonei a capire meglio il nostro tempo. Non hanno avuto bisogno come la maggioranza degli italiani di affidarsi ai cosiddetti esperti per non sentirsi a disagio di fronte alla disinformazione su questi nuovi argomenti. Loro il disagio non lo hanno sofferto né si sono sentiti emarginati essendo già in possesso di empowement. Sono usciti alla grande dallo smarrimento dovuto alle contradizioni dei nostri scienziati, accentuato dalla cattiva informazione della stampa, con notizie e fatti gridati al megafono quotidianamente dai social media. Il rumore di fondo della comunicazione si è avvalso di termini tecnici come R0, oggi Rt o curve di crescita rendendoli certo più familiari a molti. Ma tutto questo ha messo in evidenza la scarsa familiarità degli italiani per le scienze matematiche e la scarsa propensione al calcolo o ai numeri in generale. Questo scarso interesse, anche da parte della scuola e della politica può portare a gravi conseguente aumentando il divario sociale in una società che sempre di più si avvale di tale linguaggio. Non possiamo fidarci più di sedicenti esperti, della pseudoscienza. Per fortuna il coronavirus ha evidenziato anche le fragilità della nostra scienza. Ha messo in evidenza una scienza fatta di esperti che si sono trincerati dietro frasi del tipo “ancora non conosciamo” quando hanno visto confutate le loro previsioni o si sono dovuti esprimere su valutazioni di nuovi comportamenti. E’emersa in pieno una fragilità del sapere e del metodo scientifico. Non ci si può basare solo sui protocolli, va data priorità al percorso formativo del medico, alla sua esperienza clinica, alla sua capacità di valutazione di fronte ad eventi nuovi e alla sua capacità di trovare nell’immediato nuove soluzioni. Medici che studiano sempre, ma soprattutto che si confrontano. Medici che con il solo colpo d’occhio sanno valutare chi deve andare in rianimazione e chi in corsia senza bisogno di leggere le linee guida. E le idee migliori stanno venendo non dai soliti roboanti accademici con titoli acquisiti non sempre per merito, ma da gruppi di medici, veri figli di Ippocrate, che sul web si riuniscono, si confrontano e riportano la scienza alla funzione di “open science”, attraverso canali anche informali, ma rapidi, facendo circolare le idee migliori, diffondendo e condividendo le nozioni acquisite accelerando e spesso evitando i canali ufficiali ma soprattutto rendendo la conoscenza accessibile a tutti.

Ci sono nei fatti due cose: scienza ed opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza.”
Ippocrate di Coo

Lucio Castagneri
Caro Giuseppe,

ti accludo un paio di note ad uno degli ultimi capitoli del mio ultimo romanzo “L’ISOLA DELLE OMBRE”. Concordo pienamente con quanto scrivi, e se non ci fosse il dolore e la sofferenza di mezzo direi che abbiamo assistito ad uno spettacolo su un copione comico di qualità molto scadente. Come vedi alla base delle fantasie che circolano nei miei romanzi tengo presenti le basi del pensiero razionale. La nostra cultura italiana è figlia sì del volo teologico di Dante attraverso i tre mondi, ma anche di Galileo, e quest’ultimo mi pare che lo si sia scordato, così come tu ben ricordi Ippocrate. Hai perfettammente ragione. Nel nostro paese l’ignoranza dell’ortografia e della sintassi è deprecata nei dibattiti politici, usata addirittura come mezzo di denigrazione dell’incauto avversario, come non sia mai la confusione di date e citazioni dotte . Mentre la leggerezza, l’improvvisazione sulle quantità che poi fanno qualità e si fondano sui numeri sono sempre scusabili come se i numeri fossero entità evanescenti ed arbitrarie.Fine modulo

* L’applicazione numerica serve a concretare le necessarie astrazioni della teoria ed agevola l’interpretazione della medesima. L’applicazione dell’indagine matematica a proposizioni, che rappresentino leggi naturali, è stata sinora troppo feconda, perché se ne metta in discussione l’importanza per lo sviluppo della scienza. Se dunque la mente viene abituata a tradurre in simboli e formule i fatti fisici (facendo bene attenzione che non venga mai perso di vista il legame tra il simbolo e la sua realtà fenomenica), sarà offerto ad essa un potente strumento di successo nel lavoro. A mantenere però vivo il legame tra il simbolismo delle relazioni matematiche e la realtà pratica, è necessario l’esperimento: così a dare vita alla formula, è necessaria l’applicazione numerica. (F.CASTAGNERI, Esercizi di Chimica Fisica, Hoepli 1943).

** Cercare degli argomenti persuasivi senza considerare se essi corrispondano o no alla realtà, dà luogo a credenze false e ingannevoli. (AVERROÈ, Grande Commentario alla Metafisica di Aristotele).

Erminia Gerini Tricarico
Voglia di tenerezza

 

Ho capito che la notte aveva deciso di passare la notte da qualche altra parte e non ho insistito oltre. Ho aperto il libro “Momenti di trascurabile felicità”, scippato a mio figlio, perché sono curiosa di sapere che cosa legge e perché soprattutto posso chiuderlo in qualunque momento, appunto, senza la tensione di sapere come andrà a finire. La luce accesa fa accorrere Sis, il gatto grigio, che per un difetto congenito non riesce a bere normalmente e può farlo solo tuffando la testa nella ciotola. Salta sul letto scrollandosi l’acqua di dosso, a testa bassa per farsi asciugare, perché sente che lo faccio contro voglia e con la stessa passione con cui passerei lo strofinaccio sul fondo di una pentola E mentre cerco i kleenex sempre fuori posto, sento che per me un momento di trascurabile felicità è una carezza. Di cui ho bisogno. Subito. Così forte, che mi ha lasciato senza forze. E’ stato come se anche all’anima sia stata imposta la mascherina, quella che di giorno mi toglie il piacere di camminare, perché mi accorcia il respiro. E’ un breve delirio di clustrofobia affettiva, che trasforma questa mancata carezza in un momento di trascurabile infelicità. Ho cominciato ad asciugare il sottogola di Sis, senza strofinare come di consueto, con un massaggio lento, svogliato e l’ho visto chiudere gli occhi con un senso di beatitudine che mi ha stupito. Ha abbandonato il letto per ritornare poco dopo grondante, spingendo il muso contro la mia mano. Aveva un’altra sete, più urgente ed ero io a doverla placare. Con una carezza. E mentre la mia mano si posava leggera sul morbido mantello nei suoi occhi chiusi ho letto che la sua attesa era finita. Quello è stato il suo, il nostro momento di trascurabile felicità.

Chi altro poteva avere voglia di tenerezza questa notte? Ho pensato al mio piccolo giardino, pieno zeppo di piante, stipate su un piccolo tavolo tondo, che si tengono compagnia, perché si sentono invisibili da quando ho lasciato che altri si prendano cura di loro. Con in braccio Sis, di nuovo bagnato, e seguita dall’altro gatto rosso sono entrata in punta di piedi nello studio, come se fossi un’ospite. Ho rimboccato l’acqua alle mie piante, accarezzandole con parole tenere per tutte. Poi, sdraiata sul divano, con i felini che mi ronfano addosso, ho chiesto ad Alexa di ascoltare musica classica. Ho dedicato un concerto ai miei piccoli amici. Stiamo insieme, di nuovo in armonia e mentre le note fluiscono nella stanza il mondo, di fuori, respira con noi.

Gilgamesh Nabeel* (scrittore iracheno, da Istanbul)

Life Will Go On

Keeping a diary is not something new for me. I have written on a daily basis since June 2014 when the terrorist Islamic State (ISIS) overran large swaths of northwestern Iraq occupying Nineveh; that magical Assyrian and Biblical city. At the time, I thought it was necessary to document everything, even if I was living far away in Istanbul. The group’s atrocities against ordinary people, minorities and cultural heritage urged me to document everything in detail. It was a way to keep a historical record. Like Covid-19, I thought ISIS was the end of our modern civilization, but it was not, despite the huge damage it induced and in which many are still dwelling, whether in war-shattered cities in Syria and Iraq or the burden of millions of refugees in the neighboring countries, Europe and North America.

A melancholic caricature showing the word “JANUARY” with all the crises we faced in this year’s first month caught my eye. 2020 started with a US-airstrike that killed the Iranian Major General Qasem Soleimani near Baghdad Airport.

That raised fears of a possible American-Iranian war in the Middle East. It also depicted the volcanic eruptions in the Philippines; the bushfires in Australia that have killed over 1.25 billion animals there; the earthquakes in Turkey that left me trembling for weeks unable to sleep till the early morning

sunrays infiltrate my room window; and of course the Coronavirus outbreak in China’s Wuhan.

Few people felt concerned about the Coronavirus outbreak in January. As a journalist, I was busy covering the escalation between Iran and the USA in Iraq and the effects of that on the ongoing popular anti-government protests in Baghdad since October 2019. Fake news of confirmed Coronavirus cases in

an Anatolian city left me in panic. I tried to forget about it with the load of fears regarding the tragic bushfires in Australia when my friends shared shocking photos of burned wild animals, poor koalas being treated in hospitals, and another friend lamenting the dust and smoke-polluted air in major Australian

cities.

On January 31, I met a young Turkish friend for the first time in person after a long online friendship to practice Turkish and English together. I still struggle with Turkish despite my sixth year here. We enjoyed the meeting in Taksim – Istanbul’s crowded downtown – crossed the Golden Horn, with Ivan

Aivazovky’s paintings on my mind; visited Gulhane Park which was part of the Ottoman Topkapi Palace (once the location of ancient Byzantium). Close to SultanAhmet Square, the red lanterns hung from the roof of a Chinese restaurant reminded us of the Coronavirus for a while. He expressed his fears

after encountering Chinese tourists earlier that day.

This reaction seems unjustified, yet it highlighted what happened later on. Encountering Asian tourists is quite normal, yet the spread of the Coronavirus

made people think irrationally, so they quickly escape as if all the Chinese have the disease. They may be Chinese residing in another country and they may be Asians from other countries. I read that Asian prostitutes in Australia are being discriminated against, started charging lower prices and lying about their nationality. Fear seems to conquer logic.

On those days, I felt like I wanted to escape from everything I felt safer in naive, repetitive conversations with anonymous people! I felt a desire to stop the clock ticks, to stop time unless my will could change the current reality. I felt a desire to fade away and stay forever at the same time. In a crazy moment, I thought that the most rational decision in such a world is extinction.

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The pandemic was accompanied by a parallel one of conspiracy theories and fake news. Some accused China while others saw the crisis as an American war on China. I started to follow the behavior of religious people around the world. In ancient times, people interpreted all epidemics and diseases as divine punishments, pushing people to gather into places of worship and shrines making the epidemic even more disastrous. Nowadays, awareness is greater. I witnessed the closure of places of worship – from Chinese New Years temples, Iraq’s shrines, the Kaaba in Saudi Arabia, the shrine of Our Lady of Lourdes in France and others. Voices about divine punishment are still widespread, attributing it to their perception of morality, women’s clothing, or other reasons. Religion offers nothing to humanity in such times. If religions disappear, the world will lose an important factor of its problems’ causes.

Panic is what we should fear the most. Panic has left food stores and pharmacies empty in some countries, with the hysteria of “toilet paper” in Australia and the crisis dealers waiting to sell all these goods at higher prices.

Some people attempted to spread the infection deliberately. This epidemic continues to show the worst of human beings.

The horror of the Coronavirus news reminded me of the details of Thomas Mann’s Death in Venice, and how the news of the epidemic was not made public to tourists in that city and sterilization was carried out without clarifying the truth of what was going on.

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Although nothing changed for me at the personal level, the pandemic left me in great stress. The Coronavirus can cause disasters that outweigh the issue of death. Countries with an aging population may be exposed to the loss of a large part of their population and increased problems of population shortages.

Lockdown measures will lead to a recession in cultural places, cafes, theaters, cinemas and restaurants. The owners of small projects might lose their sources of income in addition to layoffs and an increase in unemployment rates and, consequently, people’s inability to provide their livelihood. Nightmares of a world full of crimes, and perhaps robbery of food

stores, started to haunt me. The biggest problem is if major factories stop and lay off workers or stop paying their wages. Tourism is now experiencing its worst days, as are airlines. The oil crisis between Russia and OPEC and the increase in Saudi Arabia’s production will harm countries like Iraq, Iran and

Venezuela; as well as US oil producers. This could lead to a large budget deficit in Iraq, possibly to the government’s inability to pay salaries.

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The pandemic brought me back the memories of my years studying medicine in Cairo, the worst in my life. At the time, I used to go as far as frequently sterilizing my hand and keeping a hand sanitizer with me unlike most students. I was putting a handkerchief on my mouth and nose in the morgue and standing in the back rows. However, I got 245 out of 250 in anatomy in the first grade. In clinical lessons, I used to enter the hospital corridor holding my breath as much as possible all the way to the classroom, and I felt nauseous for no other reason than visualizing air infested with germs. Now, I’m really terrified of finding myself obliged to go back to work as a doctor. It can be a nightmare if you are suffering from hypochondriasis.

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In March, I could not sleep well. I was anxious and really in need to sleep to improve my immunity. Around 11am, I heard my mother speaking on the phone with my cousin in Baghdad. As usual, the conversation was about Coronavirus and the need to avoid crowds and not to get out of the house. My cousin said that the shop next door was very crowded and that the police

came to close it on the pretext of overcrowding and the possibility of transmitting the infection before the topic moved to blackmail asking the owner to pay $600 to leave him doing his business.

My mother said it was getting cold again, although spring had arrived and we turned off the central heating system last week. An Iraqi friend based in Chicago sent me a picture of people queuing in front of the stores there. I was about to go back to sleep, but his message forced me to wake up. I have to

go shopping.

I woke up and had a short conversation with mom about the coronavirus and news of an American bombardment of the headquarters of the Popular Mobilization and Karbala Airport in Iraq. On other days, such news may seem substantive, but it frankly seemed dull compared to the threat of a pandemic.

I got ready and had a quick breakfast talking about Jose Saramago’s “Blindness”. The Nobel Prize-winning Portuguese writer also wrote many novels depicting the devastation of human societies and their degradation below animals. I remembered the novel’s terrifying details, as well as his other novels “Insight” and “The Stone Raft.”.

While shaving, I listened to Fairuz’s songs. Yes, the sun is shining and the weather is beautiful, and we can listen to Fairuz’s songs despite everything. I left the house for the supermarket. Outside, my neighbours waved to me from

far away, in front of their villa. I wished them a good day and left. I did not touch the complex’s outer door moving it away with my feet. On the way, I felt the beauty of spring, and had a desire to rub the tip of my nose, what a pity. I do not need that now. Under my favorite plane tree, the wait for the bus was

not long. I took a minibus this time. There was only a teenager on it. I was worried about the coins the driver gave back to me. I got off after one stop as I chose to go to the nearest supermarket. Inside, there were some people and there was actually no overcrowding. The materials were available except for the pasta rack and legumes. There was no pasta. I bought some dry items – not all of them. I took ready soups, some milk, cheese and meat. There was no shortage of these materials as well as sterilization materials.

In the shop, a girl was crying in search of her mother so I guided her to her mother. I left the shop and returned home on foot. The air was fresh and nature seemed uninterested in the news of the pandemic. I fell in love with the beautiful scent of Hyacinth flowers planted in the street. The sky is clear, and

the dragon storm the news warned us of had not reached us yet. Bread pieces were strewn across the street for stray animals. A beer can from last night was there too. I passed a boy who just left his apartment and held my breath while passing by a woman with her child. We are getting scared of other people in a mad way.

I saw a van going back to a well-known store in Turkey and felt that the materials that were sold out would be brought back again. I kept walking and taking pictures of the flowers quickly but with little interest because I thought the mobile phone should be sterilized upon returning home. I remembered chatting with friends about the virus and its arrival from China, and that the Black Death that killed millions in Europe in the Middle Ages came from Asia too and by the Mongols as it is said.

I tried to be positive and remembered the beautiful morale of an Italian dance instructor, who lives with his girlfriend in Rome, and how they post Instagram videos of themselves dancing and keep training people to dance from their flat

as they invite people to stay home with the hashtag #Iorestoacasa: “I am staying at home“. I saw children playing in the garden. I watched the trees with their new leaves, and I felt that earth would continue as usual after every pandemic struck. I wished that we were trees before I remember that they are also threatened by drought, desertification and climate change, all of which people do not care about when spending a lot of money – in all countries – on arms and arms only, neglecting the environment, health and education.

At home, I sterilized my hands, wiped the mobile phone with sterile medical wipes as well, and put the jacket in the balcony to be exposed to the sun. My biology teacher at high school, who had always read my first stories – suggested I write a novel entitled “Love in the Time of Corona”. I liked the idea even though I was thinking of writing a novel about events that were on my mind months ago.

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The pandemic had some good side effects. There were images showing a significant decrease in pollution rates in both China and Italy in conjunction with closing factories. Animals were affected differently due to the decline in tourism. Monkeys conquered the streets of Lopburi province in Thailand in search of food as tourists, who used to feed them, suddenly disappeared. In Japan’s Nara, deer were released from local parks to find their own food. The epidemic changes everything very quickly.

I was insanely checking the numbers of victims every day. Upon knowing that 475 people died in a single day in Italy, I felt so devastated and sad. I saw a photo of military vehicles carrying the coffins of victims in Bergamo without any information to bury them far away. I felt afraid that we will see even higher numbers of victims worldwide or even to get accustomed to that over time.

Sarcasm helps us endure this tragic time. So, I shared a photo with dad holding a huge flying fox bat in Bali in October. I made a joke saying “the soup was so delicious” hinting at all the news about the source of the novel virus. I saw many jokes that the horoscope for all zodiac signs today reads “you will

spend your time at home”. This soon changed when I talked to a friend about a study by Imperial College London expecting a lockdown for 18 months. We cannot expect such a prison sentence.

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Far away from Istanbul’s hectic downtown, our street is always quiet. I can hear the sound of flying planes far more often than the sound of cars. On the opposite end there are hills and trees.

Recently, the world decided to keep quiet forcing the cities to enter a state of hibernation, as if the spring, which is embodied in the blossoms of our garden’s pear, apple, apricot and cherry trees, came to the rest of Earth except for human beings. It seems that our winter will be long this time, and the cities have decided to sleep until further notice under a terrifying and

invisible threat.

I do not go out too often due to my sedentary lifestyle and anxiety remained heavy. The world outside the house is not used to this deadly stillness, and this silence may lead to huge ramifications. Perhaps this is what they call the calm before the storm. I read that when I was eleven in Agatha Christie’s “The Mysterious Affair at Styles”. I did not sleep that night and this is the case today even though I am a night owl. My previous calm was reassuring because the world was fine and I could read, write, enjoy music, discuss various topics, and learn new languages. Today’s calm is different, frightening and hindering. The sounds of the planes have disappeared and I started to further avoid the short dialogues with neighbours. Weekly shopping rounds have turned into website tours. There is a difference between being lazy to leave your house, and the fear of going out as if a monster lurks to rinse your lungs because of a wrong breath.

Freedom does not mean the absence of law, rather than to choose to obey the law yourself. You are free if you choose to be vegetarian, but you are suppressed if you are forcibly banned from eating meat. You are happy with isolation that you choose as a luxury and, otherwise, wither as a cut flower

that is forcibly isolated in a vase overlooking the window of its mother garden.

In normal circumstances, a person rejects the routine, gets tired of it, seeks change. In crisis, a person seeks the return of the routine in any way. What a strange being we are! And how difficult it is to understand and satisfy human beings!

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Throughout the crisis, politicians were doing nothing but playing the blame game. This urged me to listen to Hatzidakis’ lovely Greek song of Kemal and its touching lyrics in the end, «Καληνύχτα, Κεμάλ. Αυτός ο κόσμος δεν θα αλλάξει ποτέ. Καληνύχτα», or “Goodnight, Kemal. This world will never

change. Goodnight.”

I tried to sleep in vain. I discussed fears with my friends. “No kisses among lovers! That will be a catastrophe! Nothing of this will happen!” wrote a friend of mine, based in London, “Let me tell you something! Today, I went to buy sandwiches from an Indian and Arab restaurant, ignoring the hygiene measures. Nothing will change. On the contrary, those who will survive this crisis will be more open to life. Kisses and hugs will be the first requirements of life after the pandemic. Atheists will say science saved us and religious people will claim that God has answered their prayers. Life is going and will continue as it was..”

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The Coronavirus crisis taught us that there are limits to our knowledge. Although we are far ahead of our predecessors scientifically and scientists have been able to know the full genome of the virus and much about it and its behavior and start experiments to stop its invasion of our cells, this requires

time, patience and cooperation.

There are limits to our healthcare systems’ ability. There are limits in the ability of countries to support the national economy, businesses, companies, and the ranks of the unemployed.
There are limits to human freedom in dealing with the planet’s partners: Mother Nature, animals. We are not the only ones on this little blue planet. Here are the peaks of the Himalayas seen from hundreds of kilometers away for the first time since World War II because of lower pollution rates after a few weeks of partial reduction in human activities. There are limits to the ability of humans to accept compliance with simple instructions that reduce the spread of infection and limits in their ability to absorb the danger quickly before it knocks on the door of every country, and even ignoring some of the dangers until they knock on each one’s door personally.

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My worries over the economy drove me to watch documentaries on the Great Depression in 1929, while my existential fears led me to a documentary addressing the situation on earth in the aftermath of the disappearance of all human beings. As Albert Camus depicted in his “Plague”, the numbers of victims became less attractive to people’s attention as time passed. I knew this very well as an Iraqi journalist. After the US-led invasion of Iraq in 2003, the media was interested in covering the news of bombs, and then they started to cover the major ones only. The same applied to the civil war in Syria and the pandemic later on. Being accustomed to death is a scary idea.

Sharing the statistics of victims worldwide lost the lust of the beginnings.

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Life is like a Lady Justice statue: blind and cruel in her mercy. Day after day, the Coronavirus pandemic proves that our world is driven by a blind force; that the law of the struggle for survival is real; and that mutations in viruses are proof of the validity of evolution theory, among many other proofs. Our

attempt to stop the natural development of life and change is desperate and useless, and our interventions may be more destructive than we imagine.

World wars led to millions of casualties, yet developed the ideas of humanism and human rights. The need for a workforce boosted women’s rights activists’ struggle and helped liberating women. We all know for sure that we are here because our ancestors had survived much worse times, and we are much

stronger than them. I am quite sure of something; that is life, changed or not, will just go on.
Istanbul May 15, 2020

* Gilgamesh Nabeel is an Iraqi writer and journalist based in Turkey. He writes on Middle Eastern politics, education, archaeology and women’s rights for Al Fanar Media, USA Today, Washington Times and other publications. Nabeel has a medical bachelor’s degree from Egypt’s Kasr Al Ainy School of Medicine and published a novel, “The Struggle of Masks,” in 2016.

TRADUZIONE
Gilgamesh Nabeel, La vita andrà avanti

Tenere un diario non è una novità per me. Scrivo quotidianamente dal giugno 2014, quando lo Stato islamico terrorista (ISIS) ha invaso ampie fasce dell’Iraq nordoccidentale occupando Ninive, quella magica città assira e biblica. All’epoca, ho pensato che fosse necessario documentare tutto, anche se vivevo lontano, a Istanbul. Le atrocità del gruppo contro la gente comune, le minoranze e il patrimonio culturale mi hanno spinto a documentare tutto nel dettaglio. Era un modo per tenere un registro storico. Come Covid-19, pensavo che l’ISIS fosse la fine della nostra civiltà moderna, ma non lo era, nonostante gli enormi danni che ha causato.e in cui molti vivono ancora, sia nelle città distrutte dalla guerra in Siria e in Iraq, sia nel fardello di milioni di rifugiati nei Paesi vicini, in Europa e nell’America del Nord.

Una malinconica caricatura che mostra la parola “GENNAIO” con tutte le crisi che abbiamo affrontato nel primo mese di quest’anno ha catturato la mia attenzione. Il 2020 è iniziato con un primo attacco degli Stati Uniti che ha ucciso il generale iraniano Qasem Soleimani vicino all’aeroporto di Baghdad.

Questo ha fatto temere una possibile guerra americano-iraniana in Medio Oriente. Ha anche raffigurato le eruzioni vulcaniche nelle Filippine; gli incendi in Australia che hanno ucciso oltre 1,25 miliardi di animali; i terremoti in Turchia che mi hanno lasciato tremare per settimane senza riuscire a dormire fino al mattino presto quando i raggi del sole si infiltrano nella finestra della mia stanza; e naturalmente l’epidemia di Corona-virus a Wuhan, in Cina.

Poche persone si sono sentite preoccupate per l’epidemia di Coronavirus a gennaio. Come giornalista, ero occupato a coprire l’escalation tra l’Iran e gli Stati Uniti in Iraq e gli effetti di tale escalation sulle proteste popolari anti-governative in corso a Baghdad dall’ottobre 2019. Notizie false di casi confermati di Coronavirus in

una città anatolica mi ha lasciato nel panico. Ho cercato di dimenticarlo con il carico di paure per i tragici incendi in Australia, quando i miei amici hanno condiviso foto scioccanti di animali selvatici bruciati, poveri koala in cura negli ospedali, e un altro amico che si lamentava della polvere e dell’aria inquinata dal fumo nei grandi magazzini australiani.

Il 31 gennaio ho incontrato un giovane amico turco per la prima volta di persona dopo una lunga amicizia online per praticare il turco e l’inglese insieme. Nonostante il mio sesto anno qui ho ancora problemi con il turco. Ci è piaciuto l’incontro a Taksim – l’affollato centro di Istanbul – ha attraversato il Corno d’Oro, con Ivan

I dipinti di Aivazovky nella mia mente; ho visitato il parco Gulhane che faceva parte del palazzo ottomano Topkapi (un tempo sede dell’antica Bisanzio). Vicino a piazza SultanAhmet, le lanterne rosse appese al tetto di un ristorante cinese ci hanno ricordato per un po’ il Coronavirus. Ha espresso i suoi timori dopo aver incontrato i turisti cinesi quel giorno.

Questa reazione sembra ingiustificata, eppure ha messo in luce ciò che è accaduto in seguito. L’incontro con i turisti asiatici è abbastanza normale, eppure la diffusione del Coronavirus

ha fatto pensare alla gente in modo irrazionale, così scappano velocemente come se tutti i cinesi avessero la malattia. Possono essere cinesi residenti in un altro paese e possono essere asiatici di altri paesi. Ho letto che le prostitute asiatiche in Australia sono state discriminate, hanno iniziato a far pagare prezzi più bassi e a mentire sulla loro na-nazionalità. La paura sembra conquistare la logica.

In quei giorni, mi sentivo come se volessi fuggire da tutto ciò che mi sembrava più sicuro in conversazioni ingenue e ripetitive con persone anonime! Sentivo il desiderio di fermare il tempo, di fermare il tempo a meno che la mia volontà non potesse cambiare la realtà attuale. Sentivo il desiderio di svanire e allo stesso tempo di restare per sempre. In un momento di follia, ho pensato che la decisione più razionale in un mondo così fosse l’estinzione.

La pandemia è stata accompagnata da una parallela di teorie di cospirazione e notizie false. Alcuni accusavano la Cina, mentre altri vedevano la crisi come una guerra americana contro la Cina. Ho cominciato a seguire il comportamento dei religiosi di tutto il mondo. Nell’antichità, la gente interpretava tutte le epidemie e le malattie come punizioni divine, spingendo le persone a riunirsi nei luoghi di culto e nei santuari, rendendo l’epidemia ancora più disastrosa. Oggi la consapevolezza è maggiore. Ho assistito alla chiusura dei luoghi di culto – dai templi del Capodanno cinese, i santuari dell’Iraq, la Kaaba in Arabia Saudita, il santuario di Nostra Signora di Lourdes in Francia e altri. Le voci sulla punizione divina sono ancora diffuse, attribuendola alla loro percezione della moralità, all’abbigliamento femminile o ad altre ragioni. La religione non offre nulla all’umanità in questi tempi. Se le religioni scompaiono, il mondo perderà un fattore importante delle cause dei suoi problemi.

Il panico è ciò che dobbiamo temere di più. Il panico ha lasciato i negozi di alimentari e le farmacie vuote in alcuni Paesi, con la hyste-ria di “carta igienica” in Australia e i commercianti in crisi in attesa di vendere tutte queste merci a prezzi più alti.

Alcune persone hanno tentato di diffondere l’infezione deliberatamente. Questa epidemia continua a mostrare il peggio degli esseri umani.

L’orrore della notizia del Coronavirus mi ha ricordato i dettagli della morte di Thomas Mann a Venezia, e come la notizia dell’epidemia non sia stata resa pubblica ai turisti di quella città e la sterilizzazione sia stata effettuata senza chiarire la verità di quanto stava accadendo.

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Anche se a livello personale non è cambiato nulla per me, la pandemia mi ha lasciato in grande stress. Il Coronavirus può causare disastri che superano la questione della morte. I Paesi con una popolazione che invecchia possono essere esposti alla perdita di gran parte della loro popolazione e all’aumento dei problemi di carenza di popolazione.

Le misure di isolamento porteranno a una recessione dei luoghi culturali, dei caffè, dei teatri, dei cinema e dei ristoranti. I proprietari di piccoli progetti potrebbero perdere le loro fonti di reddito oltre ai licenziamenti e all’aumento dei tassi di disoccupazione e, di conseguenza, l’incapacità delle persone di provvedere al proprio sostentamento. Gli incubi di un mondo pieno di crimini e forse di rapine al cibo negozi, ha iniziato a perseguitarmi. Il problema più grande è se le grandi fabbriche si fermano e licenziano i lavoratori o smettono di pagare il loro salario. Il turismo sta vivendo i suoi giorni peggiori, così come le compagnie aeree. La crisi petrolifera tra la Russia e l’OPEC e l’aumento della produzione dell’Arabia Saudita danneggeranno paesi come l’Iraq, l’Iran e la Russia, Venezuela; così come i produttori di petrolio statunitensi. Questo potrebbe portare a un grande deficit di bilancio in Iraq, forse all’incapacità del governo di pagare gli stipendi.

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La pandemia mi ha riportato alla mente i ricordi dei miei anni di studio della medicina al Cairo, i peggiori della mia vita. All’epoca, a differenza della maggior parte degli studenti, ero abituato a sterilizzare spesso le mie mani e a tenere con me un disinfettante per le mani. Mi mettevo un fazzoletto sulla bocca e sul naso all’obitorio e mi mettevo in fila dietro. Tuttavia, in anatomia ne ho prese 245 su 250 in prima elementare. Durante le lezioni cliniche, entravo nel corridoio dell’ospedale trattenendo il respiro il più possibile fino alla classe, e mi sentivo nauseato per nessun altro motivo se non per visualizzare l’aria infestata dai germi. Ora, sono davvero terrorizzata all’idea di trovarmi obbligata a tornare a lavorare come medico. Può essere un incubo se si soffre di ipocondriasi.
A marzo non riuscivo a dormire bene. Ero ansioso e avevo davvero bisogno di dormire per migliorare la mia immunità. Verso le 11 del mattino, ho sentito mia madre parlare al telefono con mio cugino a Baghdad. Come al solito, la conversazione riguardava il Coronavirus e la necessità di evitare la folla e di non uscire di casa. Mio cugino mi ha detto che il negozio accanto era molto affollato e che la polizia è venuto a chiuderla con il pretesto del sovraffollamento e della possibilità di trasmettere l’infezione prima che l’argomento passasse al ricatto chiedendo al proprietario di pagare 600 dollari per lasciarlo fare il suo lavoro.

Mia madre ha detto che faceva di nuovo freddo, anche se era arrivata la primavera e la settimana scorsa abbiamo spento il riscaldamento centrale. Un amico iracheno di base a Chicago mi ha mandato una foto di persone in coda davanti ai negozi. Stavo per tornare a dormire, ma il suo messaggio mi ha costretto a svegliarmi. Devo andare a fare shopping.

Mi sono svegliata e ho avuto una breve conversazione con la mamma sul coronavirus e la notizia di un bombardamento americano della sede della Mobilitazione popolare e dell’aeroporto di Karbala in Iraq. In altri giorni, tali notizie possono sembrare sostanziali, ma francamente sembravano noiose in confronto alla minaccia di una pandemia.

Mi sono preparato e ho fatto una colazione veloce parlando della “Cecità” di José Saramago. Lo scrittore portoghese, premio Nobel, ha scritto anche molti romanzi che descrivono la devastazione delle società uomo-uomo e il loro degrado al di sotto degli animali. Ho ricordato i terrificanti dettagli del romanzo, così come i suoi altri romanzi “Insight” e “La zattera di pietra”.

Mentre mi radevo, ho ascoltato le canzoni di Fairuz. Sì, il sole splende e il tempo è bello, e possiamo ascoltare le canzoni di Fairuz nonostante tutto. Ho lasciato la casa per il su-mercato. Fuori, i miei vicini mi hanno salutato con la mano da

lontano, davanti alla loro villa. Ho augurato loro una buona giornata e me ne sono andato. Non ho toccato la porta esterna del complesso spostandola con i piedi. Durante il tragitto, ho sentito la bellezza della primavera, e ho avuto il desiderio di strofinarmi la punta del naso, che peccato. Ora non ne ho più bisogno. Sotto il mio platano preferito, l’attesa dell’autobus era

Non per molto. Questa volta ho preso un minibus. C’era solo un adolescente a bordo. Ero preoccupato per le monete che l’autista mi aveva restituito. Sono sceso dopo una fermata, mentre sceglievo di andare al supermercato più vicino. All’interno c’era della gente e non c’era in realtà alcun sovraffollamento. I materiali erano disponibili, tranne il portapasta e i legumi. Non c’era pasta. Ho comprato alcuni articoli asciutti, non tutti. Ho preso zuppe pronte, un po’ di latte, formaggio e carne. Non c’era carenza di questi materiali, così come di materiali per la sterilizzazione.

Nel negozio, una ragazza stava piangendo in cerca della madre, così l’ho guidata da sua madre. Ho lasciato il negozio e sono tornata a casa a piedi. L’aria era fresca e la natura sembrava disinteressata alle notizie della pandemia. Mi innamorai del bellissimo profumo dei fiori di Giacinto piantati per strada. Il cielo è limpido e la tempesta di draghi di cui ci ha avvertito la notizia non ci aveva ancora raggiunto. Pezzi di pane sono stati sparsi per strada per gli animali randagi. C’era anche una lattina di birra di ieri sera. Ho incrociato un ragazzo che ha appena lasciato il suo appartamento e ha trattenuto il respiro mentre passava davanti a una donna con suo figlio. Ci stiamo spaventando a morte.

Ho visto un furgone che tornava in un noto negozio in Turchia e ho sentito che i materiali esauriti sarebbero stati riportati indietro. Ho continuato a camminare e a fotografare i fiori velocemente ma con poco interesse perché pensavo che il cellulare dovesse essere sterilizzato al ritorno a casa. Mi sono ricordata di aver chiacchierato con gli amici sul virus e sul suo arrivo dalla Cina, e che la peste nera che ha ucciso milioni di persone in Europa a metà del Medioevo proveniva anche dall’Asia e dai mongoli, come si dice.

Ho cercato di essere positiva e mi sono ricordata della bella morale di un istruttore di danza italiano, che vive con la sua ragazza a Roma, e di come pubblicano i video Instagram di loro stessi che ballano e continuano ad addestrare le persone a ballare dal loro appartamento. mentre invitano le persone a rimanere a casa con l’hashtag #Iorestoacasa: “Io resto a casa”. Ho visto bambini che giocavano in giardino. Ho guardato gli alberi con le loro nuove foglie e ho sentito che la terra avrebbe continuato come al solito dopo ogni pandemia. Ho desiderato che fossimo alberi prima di ricordare che anche loro sono minacciati dalla siccità, dalla desertificazione e dai cambiamenti climatici, tutti fattori di cui la gente non si preoccupa quando spende molto denaro – in tutti i Paesi – solo per le armi e le armi, trascurando l’ambiente, la salute e l’istruzione.

A casa mi sono sterilizzato le mani, ho pulito il cellulare con salviette mediche sterili e ho messo la giacca sul balcone per essere esposto al sole. Il mio insegnante di biologia al liceo, che aveva sempre letto le mie prime storie, mi ha suggerito di scrivere un romanzo intitolato “L’amore ai tempi di Corona”. L’idea mi piaceva, anche se stavo pensando di scrivere un romanzo su eventi che avevo in mente mesi fa.

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La pandemia ha avuto alcuni effetti collaterali positivi. Ci sono state immagini che mostrano una significativa diminuzione dei tassi di inquinamento sia in Cina che in Italia in concomitanza con la chiusura delle fabbriche. Gli animali sono stati colpiti in modo diverso a causa del calo del turismo. Le scimmie hanno conquistato le strade della provincia di Lopburi in Thailandia. La ricerca di cibo come turisti, che li nutrivano, è improvvisamente scomparsa. A Nara, in Giappone, i cervi sono stati liberati dai parchi locali per trovare il loro cibo. L’epidemia cambia tutto molto rapidamente.

Controllavo follemente il numero delle vittime ogni giorno. Sapendo che in Italia sono morte 475 persone in un solo giorno, mi sono sentita così devastata e triste. Ho visto una foto di veicoli militari che trasportavano le bare delle vittime a Bergamo senza alcuna informazione per seppellirle lontano. Avevo paura di vedere un numero ancora maggiore di vittime in tutto il mondo o addirittura di abituarmi a questo nel tempo.

Il sarcasmo ci aiuta a sopportare questo tragico momento. Così, in ottobre ho condiviso una foto con papà che teneva in mano un enorme pipistrello volante a Bali. Ho fatto una battuta dicendo “la zuppa era così deliziosa” alludendo a tutte le notizie sulla fonte del virus del romanzo. Ho visto molte barzellette che l’oroscopo per tutti i segni zodiacali oggi recita: “Tu farai passare il tempo a casa”. La situazione è presto cambiata quando ho parlato con un amico di uno studio dell’Imperial College di Londra che prevedeva un blocco per 18 mesi. Non possiamo aspettarci una tale sen-tenza in prigione.

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Lontano dal frenetico centro di Istanbul, la nostra strada è sempre tranquilla. Sento il rumore degli aerei che volano molto più spesso del rumore delle macchine. All’estremità opposta ci sono colline e alberi.

Recentemente, il mondo ha deciso di tacere costringendo le città a entrare in uno stato di ibernazione, come se la primavera, che si incarna nei fiori dei peri, dei meli, degli albicocchi e dei ciliegi del nostro giardino, fosse arrivata nel resto della Terra, tranne che per gli esseri umani. Sembra che il nostro inverno sarà lungo questa volta, e le città hanno deciso di dormire fino a nuovo avviso sotto un terribile e terrificante minaccia invisibile.

Non esco troppo spesso a causa del mio stile di vita sedentario e l’ansia è rimasta pesante.

Il mondo fuori casa non è abituato a questa mortale quiete, e questo silenzio può portare a enormi ramificazioni. Forse questa è quella che chiamano la calma prima della tempesta. L’ho letto quando avevo undici anni su “The Mysterious Affair at Styles” di Agatha Christie. Quella notte non ho dormito e questo è il caso di oggi, anche se sono un nottambulo. La mia precedente calma era rassicurante perché il mondo andava bene e potevo leggere, scrivere, godermi la musica, discutere di vari argomenti e imparare nuove lingue. La calma di oggi è diversa, spaventosa e ostacolante. I suoni degli aerei sono scomparsi e ho iniziato a evitare ulteriormente la breve dialoga con i vicini. I giri di shopping settimanali si sono trasformati in tour del sito web. C’è una differenza tra l’essere pigri ad uscire di casa e la paura di uscire come se un mostro si nascondesse per sciacquarsi i polmoni a causa di un alito sbagliato.

Libertà non significa assenza di legge, piuttosto che scegliere di obbedire alla legge in prima persona. Sei libero se scegli di essere vegetariano, ma sei soppresso se ti viene proibito con la forza di mangiare carne. Sei felice dell’isolamento che scegli come lusso e, altrimenti, appassisci come un fiore reciso

che è forzatamente isolato in un vaso che si affaccia sulla finestra del giardino della madre.

In circostanze normali, una persona rifiuta la routine, si stanca di essa, cerca il cambiamento. In crisi, una persona cerca il ritorno della routine in qualsiasi modo. Che strano essere che siamo! E quanto è difficile capire e soddisfare gli esseri umani!

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Durante tutta la crisi, i politici non hanno fatto altro che giocare al gioco delle colpe. Questo mi ha spinto ad ascoltare la bella canzone greca di Hatzidakis di Kemal e il suo testo toccante alla fine, “Καληνύχτα, Κεμάλ. Αυτός ο κόσμος δεν θα αλλάξει ποτέ. Καληνύχτα”, o “Goodnight, Kemal. Questo mondo non sarà mai cambiamento. Buonanotte”.

Ho cercato di dormire invano. Ho discusso delle mie paure con i miei amici. “Niente baci tra amanti! Sarà una catastrofe! Non accadrà nulla di tutto questo” scriveva un mio amico, di base a Londra: “Lasciate che vi dica una cosa! Oggi sono andato a comprare dei panini in un ristorante indiano e arabo, ignorando le misure igieniche. Non cambierà nulla. Al contrario, chi sopravviverà a questa crisi sarà più aperto alla vita. Baci e abbracci saranno le prime esigenze della vita dopo la pandemia. Gli atei diranno che la scienza ci ha salvati e i religiosi diranno che Dio ha risposto alle loro preghiere. La vita va e continuerà come prima”…

La crisi del Coronavirus ci ha insegnato che ci sono dei limiti alla nostra conoscenza. Anche se siamo molto più avanti rispetto ai nostri predecessori sci-entificamente e gli scienziati sono stati in grado di conoscere il ge-nome completo del virus e molto su di esso e sul suo comportamento e di iniziare esperimenti per fermare la sua invasione delle nostre cellule, questo richiede tempo, pazienza e collaborazione.

Ci sono limiti alle capacità dei nostri sistemi sanitari. Ci sono limiti nella capacità dei paesi di sostenere l’econo-mia nazionale, le imprese, le aziende e le fila dei disoccupati.

Ci sono limiti alla libertà umana nei rapporti con i partner del pianeta: Madre Natura, gli animali. Non siamo gli unici su questo piccolo pianeta blu. Ecco i picchi dell’Himalaya visti da centinaia di chilometri di distanza per la prima volta dalla seconda guerra mondiale a causa dei tassi di inquinamento più bassi dopo alcune settimane di parziale riduzione delle attività umane. Ci sono limiti alla capacità degli esseri umani di accettare il rispetto di semplici in-strutture che riducono la diffusione dell’infezione e limiti nella loro capacità di assorbire rapidamente il pericolo prima che questo bussi alla porta di ogni paese, e anche ignorando alcuni dei pericoli fino a quando non bussano personalmente alla porta di ognuno.

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Le mie preoccupazioni per l’economia mi hanno spinto a guardare i documentari sulla Grande Depressione del 1929, mentre le mie paure esistenziali mi hanno portato a un documentario sulla situazione sulla terra all’indomani della scomparsa di tutti gli esseri umani. Come Albert Camus ha rappresentato nella sua “Peste”.

Le vittime sono diventate meno attraenti per l’attenzione della gente col passare del tempo. Lo sapevo bene come giornalista iracheno. Dopo l’invasione dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003, i media erano interessati a coprire le notizie sulle bombe, e poi hanno iniziato a coprire solo quelle più importanti. Lo stesso valeva per la guerra civile in Siria e la pandemia in seguito. Abituarsi alla morte è un’idea spaventosa.

Condividere le statistiche delle vittime in tutto il mondo ha fatto perdere la lussuria degli inizi.

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La vita è come una statua della Signora Giustizia: cieca e crudele nella sua misericordia. Giorno dopo giorno, la pandemia del Coronavirus dimostra che il nostro mondo è guidato da una forza cieca; che la legge della lotta per la sopravvivenza è reale; e che le mutazioni nei virus sono la prova della va-lidità della teoria dell’evoluzione, tra molte altre prove. Il nostro

Il tentativo di fermare lo sviluppo naturale della vita e il cambiamento è disperato e inutile, e i nostri interventi possono essere più destrutturanti di quanto immaginiamo.

Le guerre mondiali hanno causato milioni di vittime, ma hanno sviluppato l’idea dell’umanesimo e dei diritti umani. La necessità di una forza lavoro ha dato impulso alla lotta delle attiviste per i diritti delle donne e ha aiutato a liberare le donne. Sappiamo tutti con certezza che siamo qui perché i nostri antenati sono sopravvissuti a tempi molto peggiori, e noi siamo molto più forte di loro. Sono abbastanza sicuro di qualcosa; che sia la vita, cambiata o meno, andrà avanti.

Istanbul 15 maggio 2020

* Gilgamesh Nabeel
è uno scrittore e giornalista iracheno con sede in Turchia. Scrive di politica, istruzione, archeologia e diritti delle donne in Medio Oriente per Al Fanar Media, USA Today, Washington Times e altre pubblicazioni. Nabeel ha conseguito una laurea in medicina presso la Kasr Al Ainy School of Medicine di Egitto e ha pubblicato un romanzo, “La lotta delle maschere“, nel 2016.

Rita Laganà
2020 – Odissea nell’ospizio

Al suo risveglio fu colpita da un assordante silenzio che poco si confaceva al luogo in cui si trovava. Di solito, Nicolina, la sua vicina di letto la svegliava con secchi e persistenti colpi di tosse e con gli estenuanti lamenti ed elencazione dei dolori che affliggevano il suo povero corpo. Una sorta di giaculatoria infinita di cui Nicolina era unica e sola officiante mentre lei, Lucetta, fingeva di non sentire tirandosi le lenzuola fin sopra la testa. Subito dopo cominciavano i tramestii delle inservienti e il rumore dei carrelli con sopra i vassoi della colazione, squallide isole di latte scremato e fette biscottate con una lacrima di marmellata contenuta nei microscopici involucri. Una voce stridula la incitava ad alzarsi in fretta senza pensare alla fatica che le costava chiamare all’appello tutte le sue forze per mettersi in piedi. Si sentiva come una di quelle bambole dal corpo rigido e legnoso con cui amava trastullarsi nella sua infanzia che, sia pure vissuta in tempo di guerra, era comunque stata un’età felice, quella della speranza. Adesso lei stessa era diventata una pupattola dallo sguardo vitreo senza futuro.

Preoccupata dell’eccessivo silenzio si alzò a fatica e si sedette sul letto mentre i suoi occhi ancora insonnoliti, si spalancarono a dismisura nel constatare che Nicolina non c’era ma il letto era perfettamente rifatto senza piega alcuna come se nessuno vi si fosse mai adagiato. Le foto e i vari ninnoli che la sua compagna di stanza aveva sparso qua e là per rendere meno anonimo l’ambiente, erano anch’essi spariti e tutta la stanza era di un nitore abbagliante-. Ogni granello di polvere era stato rimosso come se una magica mano avesse cancellato completamente l’esistenza della persona che fino a ieri sera aveva abitato in quel luogo.

Si stropicciò gli occhi e arrivò a darsi degli schiaffetti sulle guance per essere sicura che non stesse sognando. Si, si, si! Era propria sveglia e padrona di tutti i suoi sensi e sentimenti.

Cercò il suo cellulare che, come tutte le sere, lasciava appoggiato sul comodino. Le serviva, appena sveglia, ad inviare il messaggio di saluto per tranquillizzare sua figlia. Non lo trovò, anch’esso sparito! Eppure era ben sicura di averlo messo personalmente ma, alla fine, lasciò perdere perché le sembrava un fatto trascurabile rispetto a tutto ciò che d’insolito stava accadendo intorno a lei.

Pian pianino dopo aver infilato le pantofole si cimentò a fare i primi passi per uscire dalla stanza. Indossò la sua vestaglia e preso il bastone appoggiato, come al solito, sulla sedia e si avviò esitante e impaurita per cercare qualcuno che le potesse fornire qualche spiegazione.

Il corridoio stretto e lungo simile a quello dei nosocomi rendeva ancora più inospitale la casa dei “diversamente giovani”, così definita dalla direttrice che, al momento del suo ingresso accompagnata da sua figlia Lina, le aveva detto che aborriva il termine di anziano che le sembrava un’etichetta quasi dispregiativa nei confronti di chi avesse varcato la soglia della maturità. La donna era stata gentile e anche divertente e aveva rassicurato sua figlia, oppressa dai sensi di colpa per non averla potuta ospitare a casa sua quando Lucetta era rimasta vedova. Era sicura dell’amore di Lina ma suo genero, in apparenza garbato e affabile, si era rivelato un uomo rigido e inflessibile nei confronti di moglie e figli. Lo aveva compreso vedendo, a volte, sua figlia con gli occhi arrossati di pianto e gli adorati nipotini, Matilde ed Ezio, che le avevano confidato di temere le punizioni del padre anche per marachelle di poco conto.

Lucetta, conciliante di natura, teneva tutto dentro di se sperando di essersi sbagliata e di avere amplificato ed esagerato il suo giudizio nei confronti del genero. Era però sicura che fosse stato lui a decidere del suo ricovero che lei aveva accettato per non creare problemi alla sua amata Lina. Tutto ciò le frullava in testa mentre si avviava per il corridoio silenzioso in cerca, come fosse una naufraga approdata su di un’isola deserta in cerca di qualche segno di vita per placare l’angoscia di ritrovarsi sola e sperduta. Ma ciò che vedeva era ancora più strano e preoccupante perché le stanze avevano le porte spalancate e i letti ben rifatti senza nessuno dentro. Vide allineate lungo il muro le carrozzine lucide e brillanti come se nessuno le avesse mai usate. Aveva l’impressione che fosse stata cancellata la presenza degli ospiti abituali. Dolori e gioie, ricordi e passioni, tutto sparito, intere vite spazzate via e inghiottite durante la notte all’insaputa di lei, Lucetta, profondamente addormentata.

Arrivò barcollante nella sala che fungeva sia da soggiorno che da pranzo con i tavoli apparecchiati con candide tovaglie e stoviglie pulite e i bicchieri capovolti. Si sedette stremata, ormai impaurita a morte e fissò il grande schermo del televisore che troneggiava su di un gigantesco carrello. Sullo schermo senza audio vide immagini di cui le sfuggiva il significato. Persone bardate di scafandri bianchi come quelli degli astronauti spingevano barelle sulle varie autombulanze che partivano via a tutta velocità, a sirene spiegate.

Mai aveva visto scene così inquietanti. Era abituata alle trasmissioni d’intrattenimento leggero e, in realtà, la TV si era rivelata un potente sedativo perché, la sera, tutti i pensionanti si addormentavano russando profondamente mentre lei avrebbe voluto ritirarsi in camera a leggere qualche libro che la figlia le aveva portato per passare il tempo. Purtroppo la direttrice sempre con un sorriso ben stampato sul viso come quello della pubblicità, le aveva sequestrato i libri dicendo che le avrebbero affaticato la vista e turbato la mente. In tono suadente e garbato ma che non ammetteva repliche le aveva consigliato di seguire come gli altri i programmi televisivi scelti rigorosamente dai suoi assistenti per evitare litigi tra gli ospiti. Lucetta aveva obbedito temendo che la donna potesse lamentarsi con sua figlia nel caso avesse tenuto un comportamento poco collaborativo. Solo adesso si rendeva conto di essere stata inserita in una struttura che lasciava ben poco spazio alla libertà personale e ognuno doveva sottostare alle regole definite necessarie per il bene della comunità. Si ricordava di un’ospite che, arrivata dopo di lei, aveva cominciato a protestare e a sobillare gli altri sulla qualità del cibo da lei ritenuto scarso e scadente. Aveva osato contestare le rigide regole proponendo di non vedere la TV ma di giocare a burraco. Dopo qualche tempo, la donna scomparve e non se ne seppe più niente e a chi chiedeva di lei, le cameriere non rispondevano oppure dicevano di rivolgersi alla direttrice. Un muro di silenzio quasi omertoso si era innalzato tra chi dirigeva e chi era ospitato e lei percepiva che le esigenze personali erano state sacrificate in nome della comunità e tutti dovevano sottostare ai dictat di coloro che pretendevano di gestire corpo e mente.

Ma il cuore, quello no. Il suo cuore era lo scrigno segreto che conteneva tutta la sua vita, gli affetti più cari, la sua storia e il suo essere più profondo che nessuno poteva violare o controllare. La sua anima era libera e volava leggera e colorata come una farfalla lasciando una scia dorata invisibile ai più e solo occhi limpidi e innocenti avrebbero potuto percepire. Questo suo sentire le diede una forza inaspettata e sorprendente e quando, alle sue spalle, sentì la voce perentoria della direttrice che le diceva: “Lucetta sei pronta? Manchi solo tu!”

Si alzò di scatto come se fosse tornata giovane e rispose: ”Sono pronta!”.

Adriana Bellanca
Virus 2020

Silenzio profondo incombe nell’aere
ovunque rotto da martellìo incessante
positivi contagiati isolati
notizie incalzanti si susseguon sempre più

Tutti a casa anche a far niente
grandi e piccoli finalmente
giochi letture o una vecchia ricetta
ci fan gustare una vita senza fretta

Svanisce lo stress
lievitan le relazion
Covi 19 prima o poi sparirai
e ancor più forti ci lascerai
12/03/2020

LU VIRUS

Pigghialu attaccalu
fallu firriari
’nta lu muru sbattilu
mortu ‘nterra lassalu

Accussì avissimu fattu
cu n’armalu ranni e pussenti
ma cu stu virus semu imputenti
iddu ni viri e li baffi si licca
basta un sautu e la festa nni fa

’Nta lu munnu ‘nteru
sìmina morti duluri e scantu
vatinni sparisci tutti priamu
la manu ri Diu r’in celu aspittamu
06/04/2020

IL VIRUS

Prendilo attaccalo
fallo roteare
al muro sbattilo
morto a terra lascialo

Così avremmo fatto
con un animale grande e possente
ma con questo virus siamo impotenti
lui ci vede e si lecca i baffi
basta un salto e la festa ci fa

Nel mondo intero semina morte dolore e spavento
vattene sparisci tutti preghiamo
la mano di Dio dal cielo aspettiamo

 

Paola Rago
Lezioni (a distanza) e altri sconfinamenti

Entrano alla spicciolata e io vedo illuminarsi tante piccole caselle, fino a quando davanti ai miei occhi si compone una griglia e di ognuno dei miei studenti mi arriva spesso solo un’icona. Io li saluto a uno a uno, perché sono tutti ugualmente importanti e preziosi e, anche se loro lo sanno, voglio comunque ribadirglielo ora che sono distanti.

All’inizio non capivo perché non si mostrassero, poi ho compreso che tanti potevano essere i motivi e non legati solo al desiderio di nascondersi. Per cui io non dico nulla, poi ecco che appaiono per un po’ e vedo tutta la tensione, la preoccupazione, l’ansia su volti che mi guardano senza parlare.

“Come state?”, domando quando ci sono tutti. Qualcuno risponde “bene”. Gli altri se ne stanno in silenzio. Poi mi chiedono come sto io.

“Sto bene, certo che sto bene”.

Quindi, dico: “Cominciamo?”, come quando stavamo a scuola.

Ma i nostri sono dei lunghi discorsi interrotti che ogni volta, senza accorgercene, ci riportano a ciò che sta succedendo. Di qualsiasi autore si discuta c’è sempre un filo rosso che ci collega inesorabilmente al presente. Saba, uomo solo e desolato, ci parla della condizione di gran parte dell’umanità di oggi. La poetica della negatività di Montale sembra prefigurare come molti giovani stanno immaginando il proprio futuro. La siepe di Leopardi è diventata la porta di casa che non si può superare. L’Orlando furioso, certo lui diventa pazzo perché ama una donna e non è ricambiato, ma se lei lo amasse e fosse irraggiungibile, non potrebbe ugualmente impazzire per struggimento d’amore?

Chi sa che cosa pensano!

Se qualcuno di loro guaderà “il rivo strozzato che gorgoglia” o si perderà nei vicoli della città vecchia o, ancora, riuscirà a salvarsi affidandosi a un Astolfo che avrà lo sguardo dell’eroe senza macchia e senza paura.

Certo è che mai mi sarei aspettata di sentire, dai ragazzi di quarta, che sperano tanto di tornare a scuola l’anno prossimo. Altrimenti come faranno a sostenere l’esame di stato?

Forse sono troppo “grandi” per ammettere di avvertirne la mancanza. Sì, proprio della scuola e di tutto quello che rappresenta, al di là del bene e del male.

Anche a me manca.

E mi balza in mente il giovane Cavalcanti. Scrive versi che non mi ha mai fatto leggere, ma sta attento come nessuno quando si naviga nel mare della letteratura. E Calvino, che racconta storie fantastiche per sfuggire alla prova che l’aspetta sempre dietro l’angolo. E poi Levi col suo bagaglio di tragedia, che trascina con dignità e pudore. E Pascoli, il ragazzo dallo sguardo incantato, che spesso guarda fuori dalla finestra dell’aula e si perde dietro chi sa quale foglia che danza nell’aria. E ancora Foscolo, puledro indomabile che non sta un attimo fermo sulla sedia e non si rassegna al suo destino di esule.

Tanti, davvero tanti sono gli studenti che io associo ad autori e anche a figure letterarie. Ma, tra tutti i personaggi, campeggia Alice, che non si sazia mai di correre dietro al coniglio bianco della conoscenza. E ogni volta la sua mano alzata mi mette alla prova e mi spinge a trovare risposte che tenevo sepolte dentro di me.

Tutto bello, tutto perfetto?

Certo che no.

Ci sono anche i Lucignoli, i picari, i “vienimi a cercare”. Portano sulle spalle anni di insuccessi scolastici e sono convinti che lo studio “non è arte loro”, sono meteore che appaiono e scompaiono, danno di sé un’immagine annoiata o saccente, rimuovono l’idea del futuro, rifiutano ogni forma di dialogo, finché non si convincono che tu non li “cerchi” per pura formalità, ma perché vuoi trovarli veramente. E solo a quel punto si fanno trovare e si comincia, insieme, “a riveder le stelle”.

Finiscono per essere gli ex studenti più affezionati, quelli che ti danno gli auguri, che ti mandano un messaggio, che ti vogliono incontrare, quelli che non perdono mai l’occasione per dirti che senza di te non ce l’avrebbero mai fatta. E anche se io protesto e insisto che senza la loro ostinazione e volontà io non avrei potuto fare niente, i loro occhi mi guardano per un attimo in modo accondiscendente, ma poi scuotono la testa e l’irriducibilità degli antichi Lucignoli non mi lascia scampo.

E ci sono, infine, i “sommersi”, quelli che non frequentano più.

Lasciano i banchi vuoti, i compagni, i discorsi interrotti, i silenzi, i mezzi sorrisi e tanto altro ancora.

Anche quest’anno, come sempre, la classe dei maturandi andrà via. Ma, in realtà, nessun docente lascia mai i suoi alunni. Ti tornano in mente all’improvviso. E a volte tornano davvero. E tu quasi non ritrovi più nel volto di adulti i ragazzi di un tempo. Poi avviene sempre la stessa cosa, riconosci la luce degli occhi del tuo antico studente. No, non mi riferisco a un atteggiamento, ma proprio a una luce, che solo chi è abituato a guardare quegli occhi per anni conosce e mai dimentica.

Ho terminato da poco la video-lezione. Ciascuno di noi ha donato all’altro una parte di sé, come sempre avviene ogni volta che c’è di mezzo l’arte e la bellezza.

Ma ecco due occhi straniti:

“E se perdessi la mia età più bella?”.

Angelo Zito

LA FORNARINA

Ner dipinto a Palazzo Barberini

la fornarina der maestro Sanzio

senza vergogna cià le zinne ar vento.

Nun pôi sapé la storia de sta donna

che fece girà er boccino a Raffaello.

Lui lavorava a fà la villa Chiggi

e a santa Dorotea poco lontano

viveva Margherita ar mezzanino.

Se dice che er padre suo a piano tera

ciavesse la bottega pe’ fà er pane.

Artri dicheno che se chiamava forno

quello che lei teneva dentro casa

e che affacciata a la loggetta

chiamava li clienti a coce er pane.

Capischi, lei infornava a modo suo.

Sin che un giorno Raffaello te la vidde

e doppo de avé assaggiato con piacere

je fece chiude er forno e la dipinse.

Tanto forte fu l’amore de sti dua

che er pittore d’Urbino se consunse

e prima de arivane a li quaranta

lasciò la fornarina senza pace

che se chiuse in convento addolorata

a scontà li peccati der passato.

FONTANA DEI 4 FIUMI

All’occhio de li pellegrini

che in quell’anno santo der cinquanta,

famo a capisse der 1600,

affollaveno la piazza ndove er papa

celebrò la messa giubilare,

quer beveratore proprio ner mezzo

che dava l’acqua solo a li cavalli

era ‘n’affronto per decoro urbano.

Cosí Innocenzo X Panfili

chiamò l’architetto Boromini

pe’ costruí su la pozza una fontana.

Er tempo passa e lo svizzero va piano

invece er cavalier Bernino zitto zitto

prepara un progettino co’ l’argento

e lo rigala a una femmina introdotta

Donna Olimpia de nome Maidalchini.

Lei, de casa ne le stanze vaticane,

lo vece véde ar Papa e lo convinse.

Passeno du anni e quer portento

che ammiramo oggi ne la piazza

diventò un artro simbolo de Roma

co’ bona pace de quer Boromini

che pe’ consolallo ebbe dar Papa

l’incarico de la cchiesa lì de fronte.

Capischi come annaveno de corsa?

Quanno er Papa comanna l’omo risponne.

Proprio come oggi da ste parti

comanneno in troppi e nun se smove gnente.

E NUN FINISCE MAI

E nun finisce mai

er tempo de l’attesa

lo sguardo appoggiato a la finestra

er sonno che nun vô arivà

e intanto aspetto

er caffè co la moka fatto a casa

li pollici girati a contà er gnente

er pensiero a chi sta là de fora.

quanti giorni passati dentro un’ora

quante vorte a capì che giorno è oggi

ho messo le crocette ar calennario

e aspetto

un sogno una speranza un accidente

nun vojo tanto, basta poco o gnente,

basta uno sguardo rubbato come prima

basta capí da che parte annamo

basta tornà co li sogni a occhi aperti

vojo tirà fora er vestito da l’armadio

e intanto aspetto

e nun finisce mai.

Carlo Bernari
Dalla democrazia greca al Governo Mondiale

15/05/2020 venerdì – Questi giorni ho pensato che, comunque vada, la vita non sarà come prima della pandemia. Potrà essere migliore oppure no ma sarà in ogni caso diversa.

Prendiamo come esempio la situazione economica. I Romani non riuscivano sempre nel loro intento ma cercavano in ogni modo di mantenere stabile il valore della moneta. La loro era un’economia di guerra che, con le razzie e le tasse fatte pagare alle popolazioni dei territori conquistati, garantivano il mantenimento dell’impero e i rifornimenti. Quando non c’è stata più la possibilità di espandersi e saccheggiare anche l’Impero Romano ha segnato la sua fine.

Ora, analizzando la situazione odierna, l’economia capitalistica fondata sul massimo profitto, sul mercato e sulla moneta unica europea, si è sviluppata con continui aumenti dei prezzi. Questo è avvenuto anche quando l’Euro, che da noi equivaleva inizialmente a circa 2000 lire, dopo pochi mesi ha subito una svalutazione di quasi mille lire (500 centesimi) consentendo un raddoppio dei redditi alle imprese. Nello stesso anno, dopo pochi mesi, tutte le attività commerciali hanno aumentato i prezzi come se questo vantaggio non ci fosse mai stato e tutto sulla spesa dei cittadini. Qualcuno ha cercato di dare la colpa all’Euro e all’Europa ma le cose non stavano così perché le varie associazioni hanno imposto di agire in questo modo. Posso confermarlo perché ero al mercato quando è avvenuto e tutto a scapito della stabilità della moneta.

Adesso, in piena pandemia, mi meraviglia scoprire che chi dirige gli Stati, non sembra abbia compreso che solo uniti si vincono le pandemie e non solo. Se si crede che ci si può rafforzare a scapito degli altri non si è capito che se non si agisce uniti perdiamo tutti. Enrico Berlinguer sosteneva la necessità di un governo mondiale dell’economia e delle risorse per risolvere la fame nel mondo e affrontare il problema dell’ambiente e salvare l’ecosistema distribuendo risorse e produzioni. Ci sono oggi dirigenti validi e all’altezza che sappiano guardare lontano? Io purtroppo non li vedo neppure a sinistra e a destra neppure parlarne.

Nel 753 a.C. ha avuto inizio la storia di Roma. Negli stessi anni la Cina era già un impero. Ho sempre pensato che se la Cina dovesse assimilare la cultura occidentale fondendola alla propria diventerebbe padrona del mondo. Quello che dovrà sempre più conquistare è introdurre, senza timidezze, la democrazia che non sembra faccia parte del suo ordinamento. In questo caso, insieme alla Russia e a tutto l’occidente, potrebbe rendere possibile la realizzazione di un Governo Mondiale.

La sera abbiamo rivisto il concerto della quinta di Beethoven diretta da Ezio Bosso. Lui era la musica e viveva della musica. Il suo sorriso era il segno di una felicità interiore che trasmetteva anche a chi lo seguiva, compresi i componenti della sua orchestra che lui riusciva a valorizzare, anche singolarmente, rendendoli parte integrante della spiegazione e dell’esecuzione musicale. Per me è venuto a mancare un amico, un fratello e ha fatto bene la Rai a salutarlo così, con la sua musica.

La quarantena è finita?

16/05/2020 sabato – Ezio Bosso il giorno dopo è sembrato quasi dimenticato. Avrei saputo volentieri qual è stato l’indice di ascolto della quinta sinfonia di Beethoven.

Oggi la notizia più rilevante è quella che stabilisce per lunedì l’apertura di quasi tutte le attività. Vuol forse dire che la quarantena è finita? Il coronavirus non è stato ancora debellato e il vaccino non è ancora pronto. Questo mi preoccupa perché, anche se non sono molti, la situazione è ora più difficile e pericolosa. Le istituzioni confidano nei comportamenti responsabili dei singoli cittadini ma questo da domani sarà tutto da verificare. Intanto abbiamo passato la giornata leggendo.

Il pomeriggio abbiamo completato il 22° canto del Purgatorio dove Dante e Virgilio incontrano il poeta latino Stazio che rivolge parole di elogio all’autore dell’Eneide che inizialmente non aveva riconosciuto e che considera il suo padre culturale per aver stimolato e accompagnato la sua crescita.

La sera abbiamo visto il film La seduzione del potere di Jerry Schatzberg con Alan Alda, Barbara Harris e Meryl Streep. Un film del 1979 fatto molto bene e che per alcuni aspetti ricorda il modo di fare politica dei nostri giorni.


Domani liberi tutti (o quasi). Incontreremo il coronavirus?

17/05/2020 domenica – Si stanno preparando tutti per aprire domani. Non tutti però hanno sofferto le restrizioni allo steso modo. Sono però tanti che, a ragion o a torto, lamentano di non essere aiutati e si sentono abbandonati. Tanti vogliono qualcosa come se ci fosse denaro sufficiente per tutti o come se solo loro dovessero avere il diritto al sostegno statale e questo perché ritengono che gli interventi già predisposti, e quelli che sicuramente si prenderanno, dovessero spettare prima a loro. Poi se tra questi scopriamo che lamentano perdite nei ricavi di 20 mila euro al mese pur dichiarandone 19 mila all’anno scopriamo che fra tanti italiani che meritano un sostegno ci sono molti che hanno già frodato la collettività come se i guai di tutti non dipendessero anche da loro che, evadendo le tasse, hanno contribuito all’aumento del debito pubblico. Chi governa dovrebbe tenere conto di questo e fare una cernita degli aiuti favorendo chi ne ha veramente bisogno e in ogni caso sostenere l’economia e l’occupazione.

La sera abbiamo visto il film del 2014 Homesman di Tommy Lee Jones che con Meryl Streep e Hilary Swank è anche l’attore principale. Una donna deve portare delle donne in una canonica lontana compiendo un viaggio denso di pericoli.

Domani, il vero pericolo è il coronavirus e l’irresponsabilità di qualcuno che sottovaluta i pericoli derivanti dalla sottovalutazione delle conseguenze delle nostre azioni. Andremo a incontrare il COVID-19? Speriamo di no.

Oggi ho trovato le mascherine insieme al Recovery Fundz

18/05/2020 lunedì – Oggi sono uscito per comprare una confezione di mascherine e finalmente le ho trovate. Sono poi passato al supermercato per il solito rifornimento settimanale e, oltre a scoprire che non ci sono più le file dei primi tempi, le persone mi sono apparse più responsabili di prima anche se è chi lamenta il mancato rispetto delle norme sui mezzi pubblici.

Oggi Francia e Germania hanno approvato il Recovery Fund di 500 milioni di Euro come finanziamento a fondo perduto per i Paesi più colpiti dalla pandemia. Anche se Olanda, e i Paesi del Nord Europa non sono d’accordo è questo il primo segnale che l’Europa esiste. Mi meraviglia che i partiti sovranisti come la Lega di Salvini e Fratelli d’Italia come la Meloni non sono d’accordo e forse voteranno contro. Ora, con tutti i limiti di questo governo, quello che è stato fatto e deliberato è quanto di più importante di qualsiasi intervento dei governi precedenti. Certo che uno come Berlusconi avrebbe ridotto le tasse e fatto di più ma, come sempre, avrebbe sparso briciole e ave sparso briciole e ave sparso briciole e avrebbe favorito i suoi redditi per milioni di euro, come è successo con l’IMU e le tasse di successione ma non solo.

Prima di dormire ho riflettuto sul periodo di quarantena vissuto finora e ho pensato che la clausura l’abbiamo passata discretamente come auto imposizione della disciplina richiesta. Però, nonostante tutte le ragioni, economiche e psicologiche, sono molti che sembrano abituati male e viziati rispetto alle popolazioni del passato. Non si tratta di coraggio perché oggi si nega la realtà per non avere paura mentre il coraggio consiste nell’affrontare la paura di morire con la consapevolezza delle azioni da intraprendere per risolvere le situazioni cercando di non soccombere. A chi sostiene che questo sia tutto un raggiro per tenerci sotto sequestro e che i morti di coronavirus non sono accertati con le autopsie, chiedo di farsi contaminare e solo in questo caso ne riparliamo. Buonanotte.


Anche oggi è passato senza impazzire

19/05/2020 martedì – Oggi sono passato al supermercato per il solito rifornimento settimanale e, oltre a scoprire che non ci sono più le file dei primi tempi, le persone mi sono apparse più responsabili di prima anche se c’è chi lamenta il mancato rispetto delle norme sui mezzi pubblici.

Oggi anche il Recovery Fund ha suscitato discussioni e polemiche. Ormai sembra che, invece di risolvere i problemi si sappia solo protestare e criticare ogni singolo evento senza porsi il problema se sia buono o cattivo. Strano che ci sia tanta ignoranza in un Paese dove il tasso di scolarità è molto superiore del passato.

Salvini e Meloni hanno indetto una manifestazione in 100 città, compresa Roma, in occasione della festività del 2 giugno che, essendo a festa di tutti gli italiani non sarà mai una festa di una Repubblica delle destre contro una repubblica degli italiani veri. In questo caso, per giunta sarebbe una manifestazione contro gli italiani perché indire assembramenti di quella dimensione, anche nel caso non siano molti, metterebbe in pericolo la vita e la salute pubblica in un momento che richiederebbe una grande attenzione. Che succede se i dati della pandemia dovessero peggiorare? Chiudiamo di nuovo le persone e le attività in casa oppure chiudiamo i responsabili di questo in prigione?

La sera abbiamo visto il film I fantasmi d’Ismaele di Arnaud Desplechin con Mathieu Amalric, Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg. Il film è la storia di un regista in crisi per il ritorno della moglie scomparsa da 20 anni. Aveva finalmente intrapreso a fatica un nuovo rapporto e ora crede di impazzire di nuovo anche perché la moglie si comporta come se non fosse successo nulla. Pure oggi è passato e non siamo ancora impazziti.

Da D’Antona a Bonafede arriviamo a Fellini

20/05/2020 mercoledì – Oggi ricorre il 21° anniversario dell’attentato a Massimo D’Antona ucciso dalle BR. In questa vicenda ci sono alcuni elementi che me lo ricordano perché hanno fatto parte della mia vita. Per esempio, la moglie Olga Di Serio, era allora una dirigente del sindacato Cgil dei dipendenti delle assicurazioni di cui facevo parte. L’altro elemento si riferisce alla giornata dell’attentato. Mentre mi recavo al lavoro in Via Isonzo entrai dal tabaccaio per acquistare un pacchetto di sigarette perché allora ancora fumavo. Mentre ero al banco entrò una donna brutta, grassa, capelli sporchi e in disordine che mi passa avanti con aria prepotente chiedendo non ricordo più che cosa. Al tabaccaio che le disse di non avere il prodotto richiesto, rispose in malo modo insistendo nella richiesta e, solo dopo ripetute insistenze, uscì lasciandoci sorpresi e perplessi. Dopo diversi giorni vidi la foto di questa brigatista sui giornali con la notizia che era stata arrestata insieme agli altri della cellula che aveva organizzato l’agguato appostandosi in una cabina telefonica della Via Salaria, non lontano dal mio posto di lavoro. Inoltre Massimo era un giuslavorista eccellente che stava elaborando nuove regole del lavoro che avevo conosciuto in anteprima e con cui ero d’accordo perciò un pensiero per questa azione insulsa, anche perché credevo che le BR fossero ormai sconfitte, è andato a Massimo.

Durante la giornata il Governo ha retto perché la maggioranza non ha approvato la richiesta di dimissioni del Ministro Bonafede e, anche se su posizioni critiche, Renzi ha votato contro il provvedimento. Salvini però dovrebbe tacere visto che, per motivi più gravi, e che lo riguardavano direttamente, è stato assolto dalla sua maggioranza che ha impedito che fosse processato anche se ora, che non è più Ministro, dovrà essere giudicato da un tribunale dove potrà difendersi prima di essere eventualmente ma .

La proposta di Recovery Fund è osteggiata da tre paesi nordici che presenteranno una loro controproposta che approva il provvedimento ma è contraria al prestito UE a Fondo Perduto. Ritengo che la misura è in ritardo e insufficiente ma staremo a vedere.

La sera abbiamo rivisto il film di Fellini La dolce vita. A parte un cast nutrito e d’eccezione il film muove, negli anni del boom economico, una critica feroce alla borghesia romana e verso tutto quello che si muove intorno a questa, incapace anche di divertirsi e di rispettare e curare veri rapporti umani.

Domani, il Governo presenterà i provvedimenti della manovra economica in questi tempi di coronvirus.


Oggi ho visto ancora dei film

22/05/2020 venerdì – Il PdC Conte ha dichiarato che l’emergenza in cui si trova il Paese è eccezionale e, per affrontarla in modo altrettanto eccezionale, bisogna procedere con provvedimenti efficaci monitorando gli effetti per apportare modifiche ogni volta che la situazione lo richiede. Su questa strada non si può dire che il Governo non faccia niente e gli eventuali errori sono dovuti al fatto che non si sta fermi.

La Cassa Integrazione ha raggiunto un record negativo già in aprile e le Partite Iva e assegni ai dipendenti lasciano ancora fuori 4 milioni di persone che lavorano o che il lavoro l’hanno perso. Anche fra i braccianti sono stati regolarizzati 300 mila invisibili ma la situazione ne richiede molti di più e l’impegno del governo per salvare i posti di lavoro sarà al massimo di ogni possibilità. Molte attività commerciali rischiano di non aprire più e emerge anche il tentativo della criminalità di dare l’assalto alle erogazioni e all’acquisto a basso costo di attività a rischio di fallimento. Qui lo Stato e la Finanza devono fare il massimo sforzo per impedirlo perché potrebbero essere tolte somme destinate ai cittadini bisognosi.

Dopo la spesa di fine settimana al supermercato abbiamo passato il pomeriggio a vedere il film del 2018, Il coraggio della verità di George Tillman Jr. con Amandla Stenberg sull’uccisione, da parte di un poliziotto, di un ragazzo nero armato di una spazzola per capelli e sul tentativo di criminalizzarlo.

La sera abbiamo poi visto il film su Peppino Impastato, ucciso dalla mafia, di Marco Tullio Giordana con una splendida interpretazione di Lunetta Savino nella parte della madre Felicia Impastato. I due film, per alcuni aspetti, hanno qualcosa in comune, specialmente per quello che riguarda i tentativi di criminalizzazione delle vittime.

Con questi rivolgimenti dell’animo ho poi cercato di prendere sonno.

Una giornata al mare

23/05/2020 sabato – Oggi sono riuscito a passare una giornata al mare nello stabilimento dove prendo una cabina dal 1991. La giornata è stata bella e assolata ma piena di sorprese spiacevoli. Una mareggiata ha distrutto la cabina e della spiaggi sono rimasti poco più di cinque metri. Con il distanziamento non so proprio come si può pensare di creare le condizioni per ombrellone e sdraie. La cabina, in tutti questi anni, era pagata da otto utenti che si dividevano una spesa accessibile per la stagione. Sono venuto a sapere che ora può essere occupata solo da nuclei familiari il che vuol dire che la spesa può essere suddivisa al massimo solo da quattro persone. Perciò il nucleo familiare non ce la può più fare a pagare e forse dovremo rinunciare al mare e ai bagni di cui non abbiamo mai fatto a meno. Poi con meno clienti, come la legge stabilisce, gli stabilimenti aumenteranno i prezzi anche perché aumentano anche le spese per rendere possibile l’applicazione delle leggi. Ora, per chi come me ama il mare e fin da piccolo non ha mai rinunciato a questo bene naturale, significherebbe la perdita di qualcosa che fa parte di me da sempre come placenta della vita.

La sera, dopo cena, abbiamo visto il film La conseguenza di James Kent. Si tratta di un film contro la guerra dove però sono sfumate le conseguenze dei rimini nazisti messi a confronto con i crimini degli alleati, in questo caso inglesi.

Domani spero di passare qualche altra ora al mare, purtroppo senza poter prendere il sole o fare bagni.

Roberto Croce

La pioggia si fermerà, la notte finirà, il dolore svanirà. La speranza non è mai così persa da non poter essere trovata. 

(Ernest Hemingway)

 

La speranza 

Le nubi lentamente si diradano

e il cielo riprende il suo spazio,

la luce si riaffaccia nei cuori

e il vento fa volare i pensieri.

La mente è ancora confusa

per tutto il dolore

e le paure di ieri.

È solo un incubo, si chiede,

che di colpo svanisce

ai primi raggi del sole?

Mi guarda come un cerbiatto

già pronto alla fuga,

quella carezza dell’anima

che chiamiamo speranza.

La felicità sta nell’equilibrio

e si nutre di saggezza,

ma la passione per la vita

è una forza travolgente

che vince ogni tristezza.

E non è mai abbastanza.

(Roberto Croce ©️2020. All rights reserved)


Vincenzo Ruggero
L’inverno

Dopo Decreti e Ordinanze di vario tipo, finalmente dal 3 giugno potrò ritornare in Umbria, visto che a Terni ho una piccola cappella di famiglia dove riposano gli amati genitori, persi pochi anni fa, e che non visito da quasi tre mesi, mentre invece ero solito farlo al massimo ogni quindici giorni. Quando loro erano vivi, quello era un rito pressoché settimanale, sinceramente distensivo e occasione per scappare da Roma e respirare l’aria di casa mia, non avendone mai troncato dagli anni ’60 il legame molto più che affettivo.

Un triste fine-settimana dell’inverno 2004 trovai mamma e papà a letto, con l’influenza – niente di grave, per carità –, ma per la prima volta ebbi la sensazione di perderli, ed io stesso all’improvviso non mi sentii più un eterno ragazzo, cosciente che l’inverno della vita, che stava calando sui miei genitori, sarebbe stato pure il mio film qualche anno più tardi. Scrissi così questa lirica per fermare degli attimi di struggente sentimento:

L’inverno ( a mia madre )

E fu così, madre mia,

inverno della vita,

veloce, forte, al passo di vento:

gli occhi e le pene tue,

specchio del mio divenire.

E fu così, padre mio,

inverno della vita,

cupo al suono di lugubri campane:

curva la schiena tua,

a destare i miei prossimi dì.

Cala l’ombra su gioia e speme,

vuota la via cui tramar disegni:

sole ormai al tramonto,

amore sbiadito al peso d’ essere qui.

Oh falce di luna calante,

buio è all’uscio del focolare,

morte che chiama impellente nell’ora,

a me pure, quando l’ultima spira ?

L’isolamento forzato della quarantena, da ieri finito, questo desiderio di rivedere l’Umbria me lo ha scavato nel cuore, anche per altre ragioni, meno importanti ma umanamente comprensibili, come scambiare un po’ di chiacchiere con i vecchi amici o fare quattro passi per corso Tacito, luogo-simbolo della gioventù.

Roma, nei suoi tratti di quotidianità, non mi è mancata, eccezion fatta per quei frangenti in cui decido di viverla da turista -con un caffè greco a via Condotti o una puntatina al Pantheon, passando per la Galleria Sordi – e allora è un’altra cosa…

Per tutto il resto mi sono risparmiato solamente traffico per strada e concitazione dappertutto, rumori e poca educazione, non bastassero i cattivi odori dei cassonetti e dello smog.

Dal terrazzo della camera da letto godo di un panorama di Roma che si estende a 180 gradi dal Tuscolo fino alle periferie del mare, passando miracolosamente per un’icona – a ben 15 chilometri in linea d’aria – della Cupola di San Pietro. Ebbene, vedere completamente limpido tale spettacolo, al tramonto o all’alba che sia, è cosa rara; ma in molti di questi giorni baciati da un dolce maggio senza nubi, e principalmente senza inquinamento, ciò è stata la regola, la cui poesia la lascio solo immaginare. È come avere avuto la paga del sacrificio attuale, dove, apparentemente limitati nei legittimi diritti, in realtà ci riappropriamo di altro che avevamo dimenticato: il silenzio, la quiete, la socialità, la natura, la riflessione…

Verranno anche i tempi del bilancio, dell’analisi del rapporto costi-benefici su tutto ciò che stiamo vivendo, ma per ora si cerchi di trovare almeno qualche opportunità nel dramma della pandemia, sperando che questa non finisca in tragedia sociale – dalla Sanità all’Economia – misurando i numeri che caratterizzeranno il mondo futuro: per molti di noi dietro l’angolo, ma per i giovani di fronte all’avvenire.

casa mia, oggi 18 maggio 2020

Maria Teresa Serafini (Civitavecchia)

Dubito, ergo sum

20 Maggio 2020

Momento più basso culturalmente nella storia dell’uomo in India contagi a non finire così in Messico momento eccezionale PAURA non c’è decreto che abolisce la paura, codice diverso nei comportamenti, economia difficile alternativa far lavorare investimenti contagi sul lavoro preoccupano i dipendenti tutela assicurativa malattia INFORTUNIO SUL LAVORO attività a tra poco tra poco tra poco altro decreto sblocca lavoro, sblocca scuola, ciclone o mio Dio Naomi Campbell considerata una delle donne più belle del piaNetA compie 50 anni NON POTRA’ FESTEGGIARE IL COMPLEANNO COME SI DEVE !!!!!!!!!!!

E al mio compleanno chi ci ha pensato? Sei NAOMI TU? No,So’ di più!


21 Maggio 2020

Che film stiamo vedendo? E’ già in calo la curva epidemica sempre più meno ricoveri, meno morti, contagiati, 21 indicatori decidono se fare micro zone rosse e spostarsi attraverso le regioni professor NNNN volendola pensar male, qualche regione potrebbe veder salire questi indicatori, Io mi limito a un film che è andato in onda qualche tempo fa, i dati sono affetti dalla politica delle regioni, sono alterati, aree grigie, aree minor, aree plus molti punti critici non siamo tranquilli sull’esito finale, economia mondiale in ginocchio, intervenire sui primi casi sospetti in maniera rigorosa siamo nel presente: NON VEDO perché impedire l’arrivo dei turisti. Abbiamo dati da analizzare? perché ha graziato alcune zone? Dati parziali, stragi ovunque anziani esposti ,sequenze Virus fino al momento è abbastanza identico se mutazioni avvengono lo vediamo in ritardo ma potremmo trovarne a Singapore il virus ha una proteina orfott (?) sembrava fare la differenza ma non sappiamo se è vero né quando potremo saperlo differenze tra ammalati 2 più 2 situazione meno drammatica virus più buono meno letale COL CALDO SPARiRA’? Allora i paesi caldi? Dura 70 (!) giorni non è cambiato nulla ma l’uso delle mascherine ha ridotto la carica infettante nella gola bronchi polmonite giustizia meno ricoveri epidemie attenuazione non sappiamo i motivi SARS sparì ma quella dei cammelli MERS sta sempre lì nell’Arabia sAuditA studi proposti 40 studi favorevoli all’ idrossiclorochina cosa dice? Solfato NON solfato Combinata o no non serve anzi la clorochina aumenta il pericolo, non considerare i tempi di somministrazione, diabete non conferma eticità aumenta la mortalità VA LETTO tutto . Sull’ozono revisioni studi comparativi coklein (?) Piede diabetico carie per ozono è in sperimentazione Covid fino a che punto scricchiola AIFA fenomeno furfantesco italiano idross e … emergenza prevaleva ebola trattamenti che fallirono 2 anni dopo furfanteria allo stato PURO dati di danno. Ozono è doping anche x il ciclismo si porrà parola fine o inizio studio x sapere se funziona serve principio etico fondamentale ipotesi studi placebo NON SI SA Nulla cosa aggiunge cosa leva? Ricerca su molecole applicate ad altre malattie Il razionale fatto di dati sperimentazione ozono: dati tenuissimi perplessità non so conosce protocollo vitamina D essenziale al sistema immunitario pubblicato deficienza di vitamina D ma non ha significato Medical journal non esiste prova NON ESISTE inferenza, non c’è Base anzi NON ECCEDERE Nelle dosi. Parigi flash Germania 1 po’ graziata fase 2 infettati dati NERI ma più bassi SI VA AVANTI, in 1 ristorante 50 persone quarantena restrizioni OBBLIGO DI MASCHERINE DISTANZA SOCIALE TUTTO DA VALUTARE !!!!!!!!!!!!!

Manifestazioni contro male parole proteggere i bambini mascherine ai piccoli ? ORRORE proposti vestiti che uccidono il virus è un business Prodotti pulizia. VACCINI X BAMBINI ORGIA di DISINFEZIONE SANIFICAZIONE OSPEDALI nelle STRADE sono un DANNO per la MICROFAUNA ci scordiamo che la mascherina va indossata correttamente—- professori debbo CHIUDERE. ————————————————————————————————————————————————————————————————————————————————

———————————————————————————————————————————————————————————————————————————Soltanto guai, tu puzzi di guai lontano un miglio, Covid 19.

Ormai non c’ è un attimo in cui non si sentano parole parole parole sulla situazione che mi sembra camminino in parallelo su due binari: uno dice non è cambiato nulla: PERICoLO, l’altro: RipArtire econOmia LO chiede, rispetto delle regole. MULTELICENZE REVOCATEFurbetti della movida. Fate le vacanze in Italia black list.

Sussidio arriverà. Bonus vacanze scusi, esperto, ma parecchi hanno già preso le ferie… va bene lo stesso bonus biciclette e monopattini. Sussidio prossime misure accoglierò le istanze misure d’intervento, rissa alla Camera, bagarre in aula intervento dei valletti in aula. Cari telespettatori vi lasciamo alla lettura delle Previsioni del tempo. Buongiorno (Ah, finalmente qualcuno che dice una buona parola, il Papa ormai non è più in streaming) Buongiorno a tutti il tempo va stabilizzandosi il vento va attenuandosi l’anticiclone la farà da padrone domenica qualche piovasco poi le NUBI si trasferiranno da una regione all’altra lungo tutto l’arco dell’Appennino nel meridione nel settentrione isole e centro——————— Che bellezza, loro possono farlo.

Non mi ci raccapezzo più su nulla.

23 maggio

Ogni giorno è più difficile orientarci, almeno per me, fortuna che sul video passano “riassunti” della situazione non so se confondono di più o no ma una scoperta c’è stata: fate le vacanze in Italia, molti hanno già preso le ferie? È uguale piano pandemia copia incolla per 14 anni. 2006 2007 2008 ————-Sperimentazione processo riformatore Way back (?)

Ma qual era la scoperta ? Ora abbiamo nuove star: virologi epidemiologi e i tuttologi? Disoccupati. I manichini sono i più protetti non hanno il naso e stanno dietro una vetrina. Dubbio: la comunione sarà da asporto? Sostanze antibatteriche dobbiamo osmosiggiarci come? LAVANDOCI LE MANI.

Mi rendo conto ogni giorno è più difficile scrivere il diario anche perché alla paura si è aggiunta una VALANGA di PAROLE che mi sommerge perché ciascuno di noi ha vissuto giorni da incubo ed in maniera diversa in case diverse siamo molto diversi ORA.

Giornata della legalità

Oggi è il 23 maggio, da anni dal porto di Civitavecchia partiva la nave della legalità, lo scorso anno il nostro Presidente Mattarella ha avuto parole importanti per i giovani che si accingevano a raggiungere Palermo. Questo anno è virtuale. I Comuni hanno accolto la proposta di Maria Falcone ed esporranno un lenzuolo bianco in ricordo della 28^ ricorrenza di questa giornata.

ESAMI ESAMI ESAMI

di terza media di licenza superiore tesine, colloqui, piattaforme, firme digitali, programmi, video lezioni: ho capito, ho solo confusione e stanchezza ma riusciremo a tornare bene?

Dubito, ergo sum.

Ma guarda che sant’Agostino aveva capito proprio TUTTO.

Amore, Core che non trovi? Le salviette igienizzanti … Amore, Core!

Ps.

Un episodio gentile lo devo ricordare, perché nel bailamme l’ho capito: due bariste, mamma e figlia, hanno mostrato due buste con bigliettini affettuosi e soldi che clienti affezionate avevano donato loro il giorno della riapertura.

Domenico Mazzullo

AL TEMPO DEL CORONAVIRUS – 10
La Storia al Tempo del Coronavirus

Una piacevole, ma seria conversazione con una mia carissima Amica, ieri, mi ha fornito lo spunto per questa odierna pagina del nostro Diario.
Si parlava, ovviamente, del Coronavirus, come spesso accade ormai e ci chiedevamo che traccia avrebbe lasciato nell’animo di ognuno di noi questa esperienza, così tragica ma anche così particolare, unica, imprevedibile, quasi incredibile e uscita da un film di fantascienza, piuttosto che da una ben triste realtà.
Lei mi raccontava, stupita e meravigliata, quasi impressionata, che La Sua figlia di sette anni, con aria molto seria e compunta, a proposito di questo argomento le aveva detto, il giorno precedente:
”Mamma, ormai nulla sarà più come prima”, con una maturità e una capacità di preveggenza, assolutamente inusuale a quella età.
Io, nel complimentarmi con Lei per la acutezza di pensiero della bambina, ho, dal canto mio, aggiunto che ciò che la bambina temeva, costituisse invece, la mia più ottimistica speranza, ossia che nulla sarebbe tornato più come prima, ma ho confessato che il mio costituzionale pessimismo cosmico, mi inducesse a pensare invece, che purtroppo, superato un primo momento di euforica esaltazione, tutto sarebbe invece tornato esattamente come prima, nella sua stolta misura.
A difesa della mia tesi assolutamente pessimistica e disfattista ho aggiunto che mai sentenza è stata più abusata, ma anche smentita dai fatti, di quel famoso detto “Historia magistra vitae”, meraviglioso a dirsi, ma assolutamente utopico e irrealizzato, come purtroppo i fatti storici stessi dimostrano e confermano.
Se così fosse, dopo la prima, o massimo seconda vicenda bellica, l’uomo avrebbe dovuto imparare, dalla esperienza degli eventi, che la guerra, iniziata con grande festosità e baldanza da entrambi i contendenti e conclusasi dopo una inevitabile carneficina, con la vittoria dell’uno e la sconfitta dell’altro, con altrettanta festosità e baldanza, in realtà non aveva minimamente risolto i problemi, o le cause per cui era iniziata, anzi spesso le aveva ulteriormente complicate, rivelandosi quindi assolutamente e irrimediabilmente inutile.
Se l’essere umano fosse stato capace di imparare dalla esperienza e quindi dalla Storia, le guerre sarebbero dovute sparire dalla faccia della Terra fin dalle prime contese tra Homo sapiens e Homo di Neanderthal.
Ma così non è stato e la Storia non ha insegnato. E continua a non insegnare.
L’uomo continua a non imparare e a commettere, a ripetere gli stessi stolti errori.
A questo punto la mia Amica, colpita dal mio pessimismo e forse sconcertata da questo, mi ha citato una frase che aveva letto e che ad esso si addiceva:
“La Storia è una Maestra che insegna in un’aula vuota”.
Sono rimasto ammutolito e colpito, ammirato per la profondità della sentenza, alla quale ho continuato a pensare e sulla quale ho continuato a riflettere fino ad ora che ne scrivo.
Non è vero che la Storia non insegni, come siamo abituati ad affermare.
Al contrario La Storia insegna e tantissimo, forse addirittura tutto, ma sono i discenti che mancano, che disertano l’aula dove la Storia stessa tiene lezione, costringendola ad insegnare in un’aula vuota. Siamo noi uomini, gli scolari ingenui e sciocchi, che abbiamo disertato l’aula della vita, ove la Storia tutti i giorni tiene la Sua preziosa lezione.
Purtroppo temo che lo stesso accadrà per questa ultima lezione che la vita ci ha riservato, del tutto nuova e inattesa, diversa e inusuale.
Non la solita guerra devastante, una carestia che ci affama, un cataclisma che ci distrugge o ci sommerge, ma un minuscolo, microscopico virus invisibile, che semina morte, rammentandoci, ancora una volta, la nostra immensa debolezza e vulnerabilità, tanto più sciocca, quanto più stoltamente e superbamente ci crediamo potenti.

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Roma, 16 maggio 2020

Solidarietà al Tempo del Coronavirus II

Cari Amici, mi fa piacere tornare su questo argomento, con cui aprii la prima pagina di questo Diario, per vari motivi.
Il primo, egoistico, perché mi sta molto a cuore e credo che non sia mai troppo, riprenderlo più volte in considerazione, essendo facilmente dimenticato e sottovalutato.
Secondo perché la lettera di una mia paziente mi ha indotto a rifletterci di nuovo, per rispondere ad una Sua obiezione, molto precisa, puntuale e ben argomentata.
Non potendo riportarla integralmente, per il rispetto dovuto a fatti personali, ne sintetizzo il concetto che riguarda il nostro discorso :
Si obiettava, nella lettera, che spesso la solidarietà del singolo, di ciascuno di noi, in presenza di eventi di portata enorme e coinvolgenti una quantità grandissima di persone, in fondo è null’altro che una goccia nel mare e la sua utilità si disperde, si vanifica, si annulla, nella enormità del bisogno e dei problemi insoluti.
Si tratta di una obiezione che ho ascoltato spesso e che naturalmente non condivido pur riconoscendone la apparente legittimità.
Per rispondere ho utilizzato, a fin di bene, un racconto trasmesso una domenica mattina alla radio, in una rubrica religiosa, credo di Culto Evangelico, che ascoltai casualmente in attesa del notiziario e che mi colpì molto per la sua concretezza.
Un vecchio, una mattina, su una spiaggia solitaria e molto estesa, osservava un giovane, che in riva al mare, raccoglieva dalla sabbia le Stelle Marine, quei molluschi di mare, che spesso vengono trasportate dal moto delle onde sulla sabbia asciutta, ove in breve muoiono e le gettava di nuovo in acqua, salvandole.
Dopo averlo a lungo osservato, in silenzio, in questa valorosa opera di salvataggio, il vecchio si avvicinò al giovane e dall’alto della sua saggezza, frutto degli anni trascorsi, gli disse: “Caro figliolo, quello che fai così generosamente è inutile. Vedi la spiaggia quanto è estesa?” E così facendo fece un ampio gesto col suo braccio, per dare maggior enfasi al suo dire. “Essa è piena di Stelle Marine finite sulla sabbia e destinate a morire. Il tuo gesto bello e generoso non cambia niente”.
Il giovane, con fare rispettoso nei confronti del vecchio, lo ascoltò con attenzione, poi guardò in silenzio la Stella marina che aveva raccolta in mano e senza dire nulla la gettò in acqua.
Solo allora disse al vecchio: “Sì, ma per lei cambia tutto”.
Ecco, in quelle poche, semplici parole, che il giovane, con rispetto, rivolge al vecchio, è contenuto tutto il significato del racconto che così violentemente mi ha colpito e che obbliga tutti noi ad assumerci la responsabilità di un gesto, che potrebbe apparire inutile e poco rilevante, in rapporto alla enormità del bisogno, ma che nei confronti della persona, dell’essere, umano, animale, vegetale cui è rivolto, cambia interamente tutto, sconvolge la sua esistenza, la trasforma e le dà un significato.
Non siamo autorizzati a trincerarci, a nasconderci dietro la facile scusa, giustificazione apparentemente razionale, ma direi meglio cinica, che il nostro gesto sarebbe una goccia nel mare e che in fondo non cambierebbe niente, prima di tutto perché di quel mare ognuno di noi è una goccia di cui esso è costituito e poi perché il nostro gesto, la nostra goccia, per chi la riceve, cambia tutto.
E, particolare per nulla trascurabile, quel gesto, quella goccia cambia tutto anche per noi che lo abbiamo compiuto. Da quel momento in poi non saremo più gli stessi.
Mi torna alla mente quella frase del Talmud: “Chi salva una vita, salva l’Umanità intera”.
Credo ora di averla compresa un po’ meglio, nel suo significato.
Grazie per avermi letto fin qui.

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Roma, 17 maggio 2020

Ringraziamento

Carissimi Amici,
ieri sera dopo una lunga giornata con i Pazienti ho aperto Facebook e alla mia pagina ho trovato la sorpresa bellissima di tanti commenti da parte Vostra, con l’invito a non chiudere le pagine di questo Diario e di continuare a scrivere.
Mi sono emozionato e sinceramente tanto commosso.
Per fortuna ero solo nel mio studio e non mi ha visto nessuno, anche se penso che mostrare commozione ed emozione per la dimostrazione di affetto, non abbia nulla di vergognoso.
Sinceramente non credevo, non avrei mai immaginato, che tanti di Voi leggessero le mie righe scritte e le mie povere cose e soprattutto che tenessero a leggerle.
Ciò mi ha enormemente stupito e sconcertato.
Ma è stata una bellissima sorpresa, un meraviglioso regalo che la vita mi ha concesso.
E i regali donati con tanto affetto e con altrettanto affetto ricevuti, non si rifiutano mai.
Ho compreso, attraverso le Vostre parole, che si era creato un legame con Voi, e quando si creano dei legami, diventiamo responsabili delle Persone con cui li abbiamo creati.
Perdonatemi per non averlo compreso.
Per questo motivo e per la gratitudine vera, che provo nei Vostri confronti, riapro con grande emozione questo diario e riprenderò a sporcare le sue pagine.
Forse non riuscirò ad essere puntuale quotidianamente, perché gli impegni con i Pazienti mi assorbono molto, ma cercherò di fare del mio meglio e con enorme piacere.
Allora a domani, con tanto sincero affetto e ancora grazie di cuore.
Domenico

Roma, 22 maggio 2020

Fabrizio Labarile

ONOFRIO AL CAFFE’

a dispetto del Coronavirus

Onofrio, un celibe avanti negli anni ma abbastanza giovane di spirito, non appena ha appurato ,tramite il relativo Decreto Ministeriale, che tutti i locali di ristorazione potevano aprire, si è rallegrato. Egli era convinto che in nessun altro bar sapevano fare bene il caffè come nel suo locale abituale. Già il pomeriggio del giorno 18 maggio, dopo aver indossato messo l’abito buono come se dovesse partecipare ad una festa ,ha avuto la prima sorpresa negativa davanti alla porta del bar,poiché essendoci diversi avventori, é costretto ad aspettare come, d’altronde, tutti gli altri. Non appena arriva il suo turno entra , e gli sembra di essere approdato in una caserma in attesa della visita del generale , quando tutto deve essere in ordine : le indicazioni dover recarsi, gli avvisi da rispettare ; mentre i pochi tavoli con due o tre persone distanti tra loro appaiono come delle barche in mezzo al mare intende a pescare. Il cameriere nel servire un cliente , a cui inavvertitamente era caduta la mascherina. Lo redarguisce aspramente: “ Lo capisce che il suo atteggiamento irresponsabile può causare danni ad altre persone , oltre al buon nome del nostro locale !” Il malcapitato avventore, con molta educazione,replica:” Mi scusi, ma la mascherina mi è appena scivolata e la stavo raccattando. Comunque il suo atteggiamento per una semplice distrazione è stato esagerato e fuori luogo.” Subito dopo, senza aggiungere altro, si alza e guadagna l’uscita. Onofrio , appena sorseggia il caffè , al contrario delle volte precedenti, gli appare più amaro ,quasi insipido. Ma, per evitare inutili discussioni, paga e ,prima di uscire, getta un’altra occhiata per rendersi conto se fosse effettivamente quello il suo locale preferito. Nota, purtroppo con amarezza che il Coronavirus , non soltanto ha mietuto vittime , ha arrecato dolori a tante persone, ma ha trasformato in peggio il carattere di altre. Le ha rese brute ,quasi degenerando i loro sentimenti e le forme più semplici di cortesia e gentilezza. E, mentre ritorna a casa, un nugolo di riflessioni assaltano la sua mente, come le mosche attaccano il miele. Le mascherine che dovrebbero servire a proteggerci da eventuali disagi, nascondono i comportamenti, spesso scorbutici, di tanta gente. In fondo , questa pandemia suscita in noi tutti un continuo allarme di poterci ammalare e, forse, anche morire. Siccome nella nostra società la morte non è contemplata,o meglio viene considerata quella che riguarda il prossimo; il semplice pensiero che possa colpire noi stessi ci fa precipitare in un abisso di tristezza. Ognuno di noi interpreta questo ruolo in modo diverso , ma quasi sempre negativo per se stesso. Il comportamento del cameriere è sintomatico. Il suo risentimento non è stato tanto inopportuno perché al cliente era scivolata la mascherina, quanto perché lui medesimo, rischiava di essere contagiato. Insomma , si è creata una sorta di psicosi generalizzata,per cui invece di accettare e rispettare le regole per la nostra incolumità con il dovuto senso di responsabilità, e preservando gentilezza verso il prossimo, si osservano come una dispotica forzatura. Onofrio, quando ritorna a casa si prepara con la sua caffettiera il beneamato nettare e , mentre lo gusta, riflette: Se neppure tutti i danni che sta causando questa epidemia fanno diventare le persone più buone ; cosa deve succedere affinché gli uomini siano più umani e sensibili e generosi ?

SANTERAMO 19 MAGGIO 2020

LA ROTTURA DEL MATRIMONIO Misfatto del Coronavirus –

I danni causati dalla pandemia che, oltre aver cagionate decina di migliaia di vittime e sofferenze atroci a tanti ammalati, ha generato conseguenze psicologiche a molti cittadini. Racconto la storia di Marco, un giovane meccanico , che sta vivendo un calvario senza precedenti, è sintomatica. Con il Decreto Ministeriale dell’11 Marzo scorso ,sono state proibite, tra l’altro, anche tutte le cerimonie religiose; e,pertanto il sogno del giovane di convolare a nozze con la sua fidanzata Cecilia, è stato bruscamente interrotto e rinviato a data da destinarsi. Ciò avvenne appena un mese dopo aver preparato finanche gli inviti e le bomboniere. I due fidanzati fecero buon viso a cattivo gioco. Con grande senso dell’umorismo asserirono all’unisono:” Il destino ,con grande magnanimità, ci ha regalato ancora diversi mesi di libertà supplementari.” Tuttavia , non è stato il destino, ma la decisione di Cecilia tanto strana quanto inattesa a fare precipitare in una cupa tristezza prima, e in una disperazione dopo Marco. Due giorni dopo Pasqua la ragazza ,desiderosa di voler abbracciare la vita religiosa, è entrata in un convento di Suore nel centro Italia. E, senza il coraggio di affrontare il fidanzato e spiegare perché aveva optato per questa scelta, e da quando tempo la covava ; affidò le sue spiegazioni ad una laconica lettera. Il giovane deluso , non soltanto per la fuga di Cecilia, ma per essere stato gabbato. E si è chiesto continuamente : come aveva potuto fingere , almeno negli ultimi mesi, di amarlo e condividere ogni preparativo per le imminenti nozze, se già aveva deciso di entrare in monastero ? Ora, che rifletteva con ponderatezza ; in effetti la ragazza specialmente dopo l’estate scorsa era cambiata: pensierosa, addirittura taciturna, e finanche meno propensa allo svago e al divertimento. Anzi, durante le feste del Santo Natale si era inventata una perenne emicrania per evitare di partecipare alle serate danzanti ,o trascorrere il tempo libero, specialmente il fine settimana, con i soliti amici. Marco, con il cuore gonfio d’amore e la cecità di un innamorato fedele, giustificava l’ indisponibilità di lei senza nessun sospetto. All’inizio del duemiladue , sembrava che l’ apatia della giovane, fosse scomparsa alla stessa stregua che una nuvola nera si dirada all’apparire del sole. Tuttavia, le notizie del Coronavirus che con il tempo sono divenute sempre più drammatiche, il morale dei due fidanzati e di lei in particolare è diventato molto apprensivo. Ormai, é già trascorso un mese dalla partenza di Cecilia , e Marco si chiede come può essere tutto svanito e , nei momenti più acuti di rabbia, se la prende con questo maledetto Coronavirus. Infatti, se non fosse mai esistito lui e la fidanzata sarebbero convolati a nozze , fissate per il 13 Aprile; e ora vivrebbero felici. Tuttavia, un nugolo di pensieri gli arrovellano il cervello e gli pongono i seguenti quesiti. E se ci fossimo sposati e lei, dopo qualche tempo mi avesse lasciato ? E se si fosse pentita, e mi avesse lasciato sull’altare ? In quel caso oltre alla beffa , avrei sopportato anche il danno. Infine, viene sorpreso da un pensiero generoso che addolcisce il cuore e allieta il suo animo : Ma lei ,ora e in futuro, sarà veramente felice . Sicuramente Marco non lo saprà mai, ma lo consola il fatto che questa sua personale sofferenza, per quanto gli lacera il cuore, in rapporto ai lutti e alle pene di tanta gente,è abbastanza sopportabile .

Santeramo 22 Maggio 2020

LA CHIESA DI TERESA – La ripicca del Coronavirus –

Quando all’inizio di Maggio la signora Teresa ha appurato che finalmente dal 18 maggio poteva recarsi di nuovo in chiesa, dopo un’assenza di oltre due mesi, il suo morale è salito alle stelle. Per lei , dover essere costretta a non andare al tempio, che specialmente da quando era rimasta vedova, oltre dieci anni fa, era stato il rifugio abituale durante i giorni d’isolamento, le è sembrato di vivere in prigione. Il primo giorno d’apertura,puntuale si reca alla sua parrocchia per assistere alla SS. Messa, dopo tante altre celebrazioni seguite in diretta TV e officiate dal Santo Padre. Appena arriva nel cortile della chiesa ,nel vedere un’infinità di persone in attesa , pensa di aver sbagliato data. Invece si tratta di tanti fedeli che non avendo trovato posto nella Chiesa, sono costretti a rimanere fuori. Lei fa buon viso a cattivo gioco e, nonostante la sua cagionevole salute che le impedisce di restare in piedi per molto tempo, resiste per seguire questa prima messa. Tuttavia,dopo un quarto d’ora si sente mancare e ,grazie all’aiuto di alcuni volenterosi, viene soccorsa e accompagnata alla sua dimora. Naturalmente le parole di affetto e solidarietà per la salute della signora Teresa sono tante, come pure quelle contro questo maledetto Coronavirus che ci ha costretto finanche a non poterci recare nella casa del Signore. Il parroco, Don Michele, venuto a conoscenza dell’accaduto, il medesimo pomeriggio si reca a casa di Teresa per rendersi conto del suo stato di salute e per incoraggiarla. Alla vista del Sacerdote, la signora resta basita ma anche molto contenta, e subito afferma:” Grazie per essere venuto . Mi dispiace se il mio malessere sia stato per lei motivo di preoccupazione e di fastidio. A causa della mia salute, io non posso restare molto tempo in piedi.” Il parroco, alquanto commosso dalle parole della dona, le risponde:” Signora Teresa, a me dispiace l’inconveniente, dovuto anche alla mia latente organizzazione. In collaborazione con il mio sagrestano , ho dovuto far fronte ad un’infinità di doveri ; come sanare tutta la chiesa,ogni banco ,il confessionale e l’altare. Ci è sfuggito il compito molto importante per i fedeli: mettere fuori dalla porta della Chiesa le sedie, considerato che dentro non c’è posto per tutti. Comunque La ringrazio per essere venuta a messa , e La prego di ritornare tutte le volte che vorrà. E se non troverà posto in Chiesa ,sappia che ci sarà una sedia per seguire con agio la Santa Messa.” Teresa, molto contenta dalle parole rassicuranti del Prete, gli risponde:” Grazie per questa visita inattesa e l’attenzione che ha voluto concedere alla mia modesta persona. Le sono molto grata e sono convinta che avendo a disposizione una sedia potrò venire anche tutti i giorni.” Il Parroco ,soddisfatto da quella conversazione amichevole, prima di accomiatarsi , tira fuori dalla sua borsa la Stola, e rivolta a Teresa , asserisce:” Se vuole , le posso impartire la Santa Benedizione,in considerazione che questa mattina non ha potuto riceverla.” Alquanto emozionata la Signora ,china il capo e si fa il segno della croce. Subito dopo il prete va via. E Teresa riflette: quante vicissitudini stiamo attraversando a causa del Coronavirus; speriamo che quando sarà tutto finito ,noi esseri umani traiamo gli insegnamenti di bontà generosità e altruismo che servono per migliorare la nostra vita.

Santeramo 20 Maggio 2020

Alessandra Cozzani

Diario

Mina: un’assenza così presente

Lei è stata la prima a sottrarsi alla presenza fisica, ad aver capito che si poteva cantare senza farsi vedere, che si poteva sparire pur restando presenti. Ha anticipato un’epoca di quarant’anni. Sul palcoscenico è stata quasi subito dentro il suo mito, consapevole, per questo lontana dalla realtà, immagine donata ai media e insieme sottratta. Non amava volare, né viaggiare, soprattutto non amava stare su un palcoscenico. Si è infine ritirata nella sua casa di Lugano, oltre il confine, ma vicina. Da quel momento cresce il mito Mina, come se la sua assenza, invece di farla dimenticare, avesse contributo a renderla sempre più famosa, presente nelle nostre vite di tutti i giorni, indispensabile per dire certi sentimenti, certe emozioni. Lei così assente così presente.

 

E non so perché quello che ti voglio dire

Poi lo scrivo dentro una canzone

Non so neanche se l’ascolterai

O resterà soltanto un’altra fragile illusione

Se le parole fossero una musica

Potrei suonare ore ed ore, ancora ore

E dirti tutto di me

25/3/20

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura,

ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

………………………………………………….

Temp’ era dal principio del mattino,

e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle

ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle;

sì ch’a bene sperar m’era cagione

di quella fiera a la gaetta pelle

l’ora del tempo e la dolce stagione;

ma non sì che paura non mi desse

la vista che m’apparve d’un leone.

Dante Alighieri. La Divina Commedia. Inferno. Canto I.

Il viaggio di Dante inizia con la bella stagione, quando in cielo compare la costellazione dell’Ariete, indica quindi l’equinozio di primavera. Questo è anche il momento in cui era avvenuta la creazione dei corpi celesti, “l’amor divino mosse di prima le cose belle”. L’amore di Dio è un movimento che non si ferma al principio della creazione, ma si rinnova di continuo, ogni giorno. Anche chi non crede può trovare questa realtà nella bellezza. La bellezza, l’amore e Dio sono un’unica cosa. Concetto di derivazione platonica che eredita il Medioevo, almeno nelle sue concezioni filosofiche più alte.

Questa è la spiegazione per cui celebriamo oggi, 25 marzo, Dante e la sua poesia. È anche il giorno dell’Annunciazione, dunque momento focale che riunisce la creazione, l’annuncio dell’Angelo e l’inizio del viaggio spirituale di Dante. È implicita nella discesa di Dante negli inferi l’idea della luce, della ricerca della luce e del suo ritrovamento alla fine dell’inferno quando nell’ultimo verso del canto XXXIV dice:

E quindi uscimmo a riveder le stelle

Infatti non si tratta di vedere il sole, ma le stelle. Il suo viaggio non è finito, dovrà ancora percorrere il Purgatorio. Le stelle sono la luce della notte.

26/3/20
Fantasmi

Le case sono piene di fantasmi dei nostri sogni e di ciò che vorremmo che gli altri fossero e non sono. Così, in questi giorni, viviamo in case infestate da fantasmi, che sono le emanazioni, concrete e difficili da sostenere, dei nostri sogni e dei nostri incubi. Le case piene di sogni, persino a causa di ciò un po’ ubriache, adesso, dopo tanti giorni di chiusura, le vedi oscillare sulle colline illuminate o nelle viuzze strette dei paesi o nei grandi viali delle città. Ma tutte tremano e si stringono tra loro, così infestate, così piccole, anche quelle di cinquecento metri quadrati, che non sai dove andare a nasconderti, perché il fantasma ti segue e ti insegue e di certo, prima o poi, ti acchiapperà.  Vorrei che tutti questi fantasmi si prendessero per mano e facessero un bel girotondo, correndo sempre più velocemente fino a cadere a terra e ridere a più non posso, fino a disfarsi, fino a sollevarsi in aria leggeri come piume e andare nelle soffitte o tra le nuvole. Là dove sono sempre stati. E allora gli uomini e le donne piano piano, dopo notti insonni e giorni inquieti, prenderebbero le loro vite nelle mani un po’ rattrappite, timorosi di far cadere o spezzare quel gingillo fragile e bellissimo, ma un po’ strano, un po’ straniero, che è la vita. E coi piedi già stanchi per essere stati troppo a lungo fermi, aprirebbero finalmente le porte chiuse e andrebbero per le strade, finalmente liberi, contenti, e stringerebbero al cuore ancora di più la vita e farebbero di ogni gesto semplice, di ogni santo giorno, un atto sacro e irripetibile. E vivrebbero più leggeri, coi fantasmi sempre là che li sorveglierebbero per vedere se vanno dove li porta il loro desiderio, che in tutte quelle settimane ha sonnecchiato nei sogni e nei pensieri ed è passato su di loro leggero come un fantasma.

27/3/20

Un silenzio

Queste notti lunghissime di

luce, di ore e attese ininterrotte,

che si rincorrono in cerchi

per incantarci,

e fuori una guerra muta, senza

spari, né passi.

Un silenzio

grande e dentro,

più grande,

la speranza.

28/3/20
Lo spazio chiuso
La casa di Grazia Deledda

È una casa patriarcale che si snoda su tre livelli, una casa-torre. Grazia amava rintanarsi in soffitta dove si sentiva protetta da un tetto di travi e canne. Era lì che Grazia sognava il suo futuro? Di certo lì pensava, rifletteva, fantasticava. Immaginava la sua vita di donna ribelle nella quale, identificandosi, si dava il nome di Grazietta. Non voleva sposarsi, voleva però diventare famosa e scrivere.

Ma il carattere delle ragazze si formava in cucina, le calde cucine patriarcali col camino sempre acceso e il braciere accanto, dove le donne si raccontavano le storie di paese, riportate dalle comari, storie di briganti sulle quali la fantasia di Grazietta facilmente si incendiava. Ma anche di matrimoni e di infelici amori, di vendette e risentimenti. È lì che matura Grazia, la donna che desidera un matrimonio borghese, una vita tranquilla, dei figli, conformità e rispetto sociale. Grazia e Grazietta, la soffitta e le piccole finestre dalle quali osserva per ore, incantata, il monte Ortobene e la cucina con i dolci sapori di miele e pane appena sfornato. Il bisogno di calore, di sicurezza e il desiderio feroce di fuggire, di perdersi nella natura selvaggia là fuori piena di mistici incantamenti.  In quei boschi si aggirano gli spiriti maligni, e le anime inquiete dei bambini morti senza essere stati battezzati che volano argentei tra i rami, o le fate che di giorno, nelle loro grotte, tessono stoffe d’oro e i nani, i draghi e tutte le altre fantastiche creature che popolano le notti buie piene di riflessi lucenti della luna che fa scivolare sulle pietre ombre e raggi di una luce bianca, spettrale.

29/3/20

Dalla cella-salvezza

Dopo settimane di reclusione

gli uomini e le donne cominciarono

a camminare sulle pareti e dentro

gli specchi, cominciarono a camminare

dentro di loro, a cercare in sé tracce

di vita e sorgenti segrete

di acqua fresca.

Dalle loro celle-salvezza

lanciavano richiami con voci

un po’ rauche, sbiadite,

ma ferme. E dicevano

cose diverse da prima,

quando parlavano di

gingilli alla moda e mandavano

selfie pieni di abbagli, di luci

metalliche dal mondo luna-park.

Adesso dicevano ciao, come stai

o dicevano ho fatto una torta,

la vuoi assaggiare? E dentro

i piccoli schermi si scambiavano

dolcetti, cioccolatini o foto

dei boccioli appena comparsi sul balcone.

Adesso parlavano meno,

ma la voce era più forte.

Erano soli e insieme uniti.

Dopo, nel chiasso delle metropoli,

dopo, sarebbero stati ancora insieme?

30/3/20
Però ci sentiamo

Però ci sentiamo.

Non ci vediamo, ma ci sentiamo

al telefono. Hai una voce

che non ricordavo,

non l’avevo mai sentita veramente,

prima c’era solo whatsapp,

nel periodo protozoico,

intendo.

Ci mandavamo i messaggini,

le faccine, le paroline mozzate.

Io, a te, non ti ho mai sentito

al telefono, adesso ti sento sempre,

ti vedo nelle video chiamate

e il tuo viso compare e scompare

quando la linea s’inceppa o cade.

Com’è bello il tuo viso,

come in quei filmati vecchi con le immagini

mosse, che vanno e vengono.

Non ti vedevo davvero prima

ero cieca

ero persa.

Allora ci sentiamo presto,

mi mandi pezzi della tua voce,

del tuo viso mosso

dentro il cellulare,

dentro lo schermo del pc?

E poi ci vedremo presto comunque, vedrai

andrà tutto bene.

Sì, lo so.

Allora a presto

e ci abbracceremo.

Sì, lo so.

Ciao.

31/3/20

Ultimo giorno del mese nero. Attendendo la luce della primavera.

Non c’è poesia che si addica, salvo Eliot: il mese più crudele, lo chiamava lui parlando di aprile,  perché genera desideri non sempre realizzabili, ma vogliamo credere che la sua crudeltà per noi italiani venga da una necessità spoglia di crudezza, crudeltà appunto, che vada all’osso delle cose e le veda senza più infingimenti, unico passo necessario e salvifico per riprendere in mano la propria vita in modo serio e adulto.

Aprile è il più crudele dei mesi, genera

Lillà da terra morta, confondendo

Memoria e desiderio, risvegliando

Le radici sopite con la pioggia della primavera.

L’inverno ci mantenne al caldo, ottuse

Con immemore neve la terra, nutrì

Con secchi tuberi una vita misera.

L’estate ci sorprese, giungendo sullo Starnbergersee

Con uno scroscio di pioggia: noi ci fermammo
sotto il colonnato,

E proseguimmo alla luce del sole, nel Hofgarten,

E bevemmo caffè, e parlammo un’ora intera.

 

T.S. Eliot.  Da : La terra desolata 1922,  in Opere, Bompiani, 1986

1/4/20
In questo Eden fuori misura

Copritevi e rifugiatevi

perché questa è una guerra

senza armi, senza missili.

Andate dove nessuno vi tocchi

e siate salvi

nella vostra povertà,

con le poche parole

imparate a memoria,

che vi saranno di aiuto

nella carestia di pasti

e di lusso.

Saremo così a lungo

smarriti, senza sapere

perché ci è accaduto.

Qualcuno ricorderà

cavallette e carestie

bibliche, qualcuno vedrà

il male come un demone

infernale. Invece

l’uomo è il primo

incidente della Storia,

è lui che bisogna

ritrovare e spogliare

e, come un uomo nudo,

mettere in mostra

nelle nostre vetrine del centro

piene di luccicaglie.

A lui torneremo come

a un Adamo fatto di creta

e di vento, torneremo

a calpestare la terra

dissossata di questo

giardino terrestre.

2/4/20
Vita nell’apartheid da virus

Davanti alla finestra
C’è luce. La vedi la luce?

È aprile.

Così sembra.

Vieni alla finestra a vedere.

Sembra primavera.

È primavera, devi dire, è.

Io vorrei uscire, sai. Correre via, correre …

E dove andresti?

Non so, forse in montagna, in quei prati che ci sono in montagna. Mi metterei a correre, a correre a perdifiato. Sai cosa voglio dire, vero?

Certo. Ti ricordi due estati fa quando eravamo in vacanza coi nostri amici?

Vuoi dire tre anni fa … anzi quattro.

Passa così in fretta il tempo? Comunque quattro anni fa, eravamo su, in quel paese delle Dolomiti, non ricordo il nome.

Il nome o non il nome, chi se ne importa di come si chiamava … ma non era meraviglioso?

Sì, meraviglioso. I cieli azzurri, tersi, i prati ovunque girassi lo sguardo e quella luce verde, radiosa dappertutto …

E come ci divertivamo, ti ricordi?

Altroché, scoprivamo sempre sentieri nuovi, ogni giorno ci spingevamo un po’ più su …

Tu baravi, prendevi la seggiovia e tanti saluti.

No, non è vero.

Oh, sì.

Sarà successo una volta.

E ti abbiamo trovata davanti a noi. Davanti, capisci? Come se fossi caduta lì dal cielo.

Risero.

E ora siamo qui, mia cara, chiuse qua dentro.

Oh, ma non sarà per sempre.

Ma non si vede la fine ecco. Non si vede.

Facciamo un gioco, pensiamo a quello che faremo questa estate. Pensiamo alla prima cosa che faremo quando quella porta si aprirà.

Io camminerò, semplicemente. Voglio sentire la concretezza dell’asfalto duro sotto le mie scarpe, voglio contare i miei passi e dire: uno, due, tre, dire: ora metto avanti un piede e ora un altro e ora un altro.

Ma quanti piedi hai?

Rise.

Beh, tutti i piedi del mondo, penso.

E rise anche la sorella.

Sì, dopo cammineremo tanto da consumare tutte le scarpe che abbiamo e non mi dire che sei stanca, non me lo dire mai.

No, te lo prometto. Camminerò fino a toccare la cima del mondo, entrerò in tutti i locali e mi ubriacherò di gente, di suoni, anche del rumore terribile della città e del brusio sovrastante di caffè e ristoranti e delle parole. Mi ubriacherò di parole, parlerò, parlerò … dirò cose senza senso alla gente che incontrerò: buongiorno, signore, come sta, dove va, io vado in centro, vado a scuola, io non so dove andare, ma vado. Dirò: venga con me a mangiare, anzi: vieni, non ci sarà più bisogno di certe formalità, non credi?

No, di certo. Sebbene alcuni ancora …

Cosa vuoi dire?

Ma sì, lo sai, alcuni di certo vorranno rientrare nei loro abiti consueti, vorranno riprendere la loro vita di sempre.

Oh, sciocchezze. La vita non sarà più quella di prima, non capisci? Quella vita lì non la troveranno più e se la cercheranno peggio per loro. Non ci sarà più nulla come prima, sarà tutto nuovo, tutto vero e tutto all’improvviso.

La cura

Ci portano anfore

di cura, colme di spezie,

di essenze inebrianti

come se dormire fosse

l’anticamera del sogno.

 

La cura ha eccessi ogni dove

e il giardiniere ogni tanto

mi guarda, come una pianta

da potare.

Bevo la cura in piccole tazze

da tè giapponesi, cave e vuote.

Se perdo una frase chi mi cura

si china a raccoglierne il filo

e tace il suo segreto.

Il giardino è armonioso,

inocula una pace ad arte

che non mi appartiene e pure

dà quiete.

Sarà anche questo un sogno,

come ebbe Lao Tzu la sua farfalla?

Oggi ho messo in fila

le tazze da tè usate nel tempo,

tutte di preziosa porcellana,

fragili come panni di luce.

E vuote.

 

3/4/20

Lo spazio chiuso

Casa Mariana di Elizabeth Bishop

 

Casa Mariana si trova a Ouro Preto. La Bishop andò in Brasile nel 1951 per un breve viaggio, ma lì incontrò Lota de Macedo Soares, una donna piena di fascino di cui si innamorò e con la quale visse per quasi vent’anni. La casa risale alla fine del XVII secolo, intorno si estende un’area di sette mila metri quadrati.

Elizabeth Bishop fu una straniera ovunque andasse, orfana di padre, la madre fu presto ricoverata in un ospedale psichiatrico e lei fu affidata ai nonni materni. Ancora studentessa a Vassar College conobbe una delle più grandi poetesse del novecento, Marianne Moore, con la quale ebbe un legame intenso. Marianne fu per lei maestra, ispiratrice e madre. La sostenne e le diede la possibilità di diventare quello che era, cioè una poetessa. Elizabeth abbandonò l’idea di diventare medico e cominciò a scrivere. Molte delle cose che scrisse furono ispirate a Marianne, da lei ereditò la precisione nelle descrizioni, la capacità di accennare all’invisibile parlando dell’oscillazione del mare o di una mappa geografica. Harold Bloom non fu il solo a rintracciare somiglianze tra la Bishop e la Moore, a individuare i piani in cui la poesia dell’una scivolava in quella dell’altra, fino a non saper più distinguere chi scrivesse a chi, chi copiasse l’altra, chi delle due fosse la fonte ispiratrice. Ma si inseguivano e, come in tutti i grandi amori, anche in questo, che lo fu in un modo letterario sublime, rimasero misteriosamente legate.

La poesia della Bishop è un tentativo titanico e disperato di riportare il mondo alla sua bellezza primigenia, per fare questo lo descrisse con un accanimento e una precisione tale che finirono per smaterializzarlo. Lavorava le parole come vetro soffiato, i muri nei quali imprigionava un albero o una piscina si sgretolavano nei richiami sonori delle sue parole. In lei davvero la poesia ha recuperato il ruolo di atto sciamanico, che ebbe nelle antiche tradizioni. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1979, divenne un mito.

Non avendo radici vere, le cercò in paesi stranieri ai quali, per poco, le sembrava di poter appartenere.  Viaggiò molto, soprattutto in paesi caldi. La vegetazione tropicale, gli stili di vita meridionali di popolazioni a lei strutturalmente distanti fecero affiorare il ricordo dei paesaggi freddi dell’infanzia e della Nova Scotia. Fu questa la sua poesia: la riscrittura soave di un mondo perduto.

La sua casa in Brasile era una sequela di stanze piene di calore e insieme povere, dove il vuoto era saldo e ben presente, ma non restava mai freddo. Vi si respirava l’aria di una canonica, la ritenutezza di un animo timido, che ha sempre evitato le luci della ribalta, desideroso più di scomparire che di mostrarsi. Quasi suo malgrado, le capitò di saper scrivere poesia come un dono stravagante, uno strano fiore tropicale intensamente profumato e variopinto, che le era caduto addosso per caso e del quale, forse, non sapeva bene che fare.

Casa Mariana, coi suoi mobili lucidi dalle linee semplici, gli spazi lasciati senza nessuna ansia di riempimento, ricordano lo stile spartano delle case protestanti dell’ottocento. Ma fuori c’è la foresta, animali selvatici, una natura forte e dirompente, alberi dalle radici aeree che strisciano sul terreno come serpenti, in grado di avviluppare e stringere. Di quella natura si può morire. Infatti lei si rinchiude nella sua solitudine, dove si lascia morire di alcolismo e disperazione, a Boston, dopo che la sua compagna Lota, incapace di riportarla indietro nella loro bellissima, selvaggia casa brasiliana dal cuore nero stregato, si suicida. La signorina di Vassar aveva passioni inconfessabili, che la sua disciplina di brava ragazza statunitense non aveva saputo domare.

 

4/4/20

Milano

 

Milano senza più remi,

sei paladina di un mare

che solo i milanesi sanno.

Ora navighi solitaria,

sospesa nella sfera limpida

del cielo di aprile.

Io non ti cerco, non ti chiamo.

Da lontano sento la tua voce

di sirena senza più canto

e, se appena carezzo i muri

vuoti delle tue piazze,

odo il fragore messo in sordina

dei tuoi incantamenti atroci.

Ti sogno nelle vie e nei volti,

ti cerco nei miei sogni,

nel cerchio palladiano delle piazze.

Se non hai più volto lascia

almeno un segno della tua sovrana

presenza.

Io attendo qui, nella mia casa

e nelle stanze dove misuro

metro dopo metro il vuoto.

 

5/4/20

 

Una poesia dedicata al grande poeta Fernando Pessoa e mio grande amore

Il poeta è un fingitore

a

Il poeta è un fingitore

ogni cosa cade in lui

attraverso una membrana

di luce. Si assiepano le parole

come passanti in un giorno

di festa.

Lui a tratti perde la vista,

riscopre le cose dopo, con dolore,

quando il pensiero

migra sulle punte azzurre

dell’ibisco.

Si curva sulla pagina recisa

di vita e allora una a una

ritrova le parole.

Passa la notte a sfogliare

le carte del destino.

Ha casse di serra piene

di nomi da indossare

al mattino. Ne veste uno

ogni giorno nuovo.

La gente lo ama e lui

si converte alla triste

religione della sua profezia.

La notte conta le ore che

lo separano dal mattino.

Se lo incontri non ha parole,

ma sorrisi come tazze colme

di una notte luccicante,

piena di pace.

 

Lo spazio aperto

Le città: Lisbona

 

Non ci fu poeta che come lui si identificò e visse la sua città, Lisbona, pur restando ermeticamente chiuso nella sua solitudine invalicabile. La narrazione della sua vita è la narrazione dei caffè e dei locali di Lisbona frequentati da artisti, soprattutto quelli del Chiado e della Baixa.

Uomo senza fissa dimora, prende in affitto camere ammobiliate che cambierà molto spesso, un bisogno infinito di non lasciare tracce, di non avere identità, di non identificarsi in niente e nessuno. Il suo lavoro: traduttore in uffici commerciali sempre diversi, cambia venti posti diversi nel giro di ventidue anni. E poi i suoi eteronimi, Fernando Pessoa si chiama anche Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Alvaro de Campos, Bernando Soares. Ognuno di questi nomi- personaggi ha una sua storia e vita autonoma. ‘Pessoa’, in portoghese, significa ‘persona’ e tutta la sua vita sarà dedicata al tentativo di cancellare la sua persona. In punto di morte chiederà gli occhiali e uno specchio per cercare, in un ultimo tentativo, di riconoscersi.

Anche il lavoro di traduttore è sintomaticamente un desiderio di perdersi nella lingua degli altri, di poter essere questo o quello, in una elezione camaleontica che diventa malanno, isteria.

Pessoa fu un grande esperto e amante di occultismo, faceva oroscopi anche per sé. Un desiderio segreto di essere cosa? Di trovare cosa? E leggere questo nelle stelle, nel destino … ineffabile natura romantica. E tragica. Indissolubilmente legata al Fato.

I poeti sono i grandi cantori del Fato. Stretti da esso nelle ruote terribili del destino, hanno però avuto dagli dei il dono di saper sciogliere la sofferenza in un canto ipnotico e di far sì che gli uomini se ne innamorino perdutamente.

 

6/4/20

Fiori nati da crepe

 

Le crepe nel terreno generano

vita improvvisa, nostalgica

di grandi vasi e colture lussuose.

I fiori spontanei vi crescono

senza pretesa sotto l’arco del cielo.

Come testuggini levano fuori il loro

capino, curvo lo stelo sottile.

Osservano la bassa frequenza

del vento, misurano per intuito

le radiazioni solari.

Sono un inciampo nel nostro cammino.

Col piede, nel passo affrettato,

rischiamo di pestarli.

Ma essi si ergono subito

un po’ sbiechi, laterali

vita tra parentesi

dalla terra casta di ossa e fango

che si rivolta in fragile virgulto.

 

Nelle giornate fresche, appena

finito l’inverno, andiamo a cercare,

lungo i greti dei fiumi e tra i sassi,

i pallidi fiori senza colore.

Essi non hanno profumo

sanno di terra, di acqua,

di un debole sentore di vita.

Per questo li amiamo

e, stretti a mazzetti,

nella sera, li stringiamo a noi,

fin quando la notte li appassisce.

 

Dilegua, oh notte

Tramontate, stelle

Tramontate, stelle

All’alba vincerò

Vincerà

Vincerò

Nessun dorma

Da Turandot di Giacomo Puccini

 

7/4/20

Sentinella a che punto è la notte?

4 Il mio cuore è smarrito lo spavento mi ha preso; la notte che tanto desideravo è diventata per me uno spavento.

5 Mentre si prepara la tavola, si sta di guardia sulla torre di vedetta, si mangia e si beve. «Alzatevi, o capi e ungete gli scudi».

6 Poiché così mi ha detto il Signore: «Va’, metti una sentinella, che annunzi ciò che vede».

……………………………………..

8 Poi gridò come un leone: «O Signore, di giorno io sto sempre sulla torre di vedetta, e tutte le notti sto in piedi al mio posto di guardia.

9 Ed ecco arrivare dei carri e delle coppie di cavalieri». Allora essa riprese a dire: «È caduta, è caduta Babilonia! Tutte le immagini scolpite dei suoi dèi giacciono a terra frantumate.

10 O popolo mio, che ho trebbiato e calpestato nella mia aia, ciò che ho udito dall’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, io te l’ho annunziato!».

Profezia contro Dumah

11 Profezia contro Dumah.

Mi gridano da Seir: «Sentinella, a che punto è giunta la notte? Sentinella, a che punto è giunta la notte?».

12 La sentinella risponde: «Vien la mattina, poi anche la notte. Se volete interrogare, interrogate pure; ritornate, venite».

Isaia 21,1-12. Nuova Diodati

La notte che sembra non avere fine

Il testo biblico non ci dice cosa accadrà. Il Dio biblico è un Dio severo che si annuncia sovente a chi ha occhi e orecchie per vedere e udire, si rivela non solo ai profeti, ma a chiunque sappia riconoscere il Signore. Forse per questo è un Dio tanto crudo, non ha mediazioni, si avventa feroce, con la forza della sua onniscienza e onnipotenza sull’uomo. Viene il Figlio e media la forza del Padre, troppo dura, troppo vera. Il Figlio mite, che non sa combattere, e rinuncia all’odio e alla vendetta. Matteo dice: Io vi dico di non opporvi al male (Mt. 5,39). Male inteso anche come malvagio, ma in senso più ampio è il rifiuto della commistione col male, per cui ogni tipo di odio, di vendetta, di pensiero invidioso contro il nostro prossimo ci lega infinitesimamente, ma in modo fatale, al male. Esso entra dentro di noi e sarà poi difficilissimo liberarcene. L’odio, il rancore, il desiderio di vendetta ci consumano lentamente e distruggono piano la vita in noi. Non dobbiamo fare del male un bagno di coltura virale.

E tuttavia, neppure Isaia sa cosa accadrà di quella notte, ma incita: venite, tornate, interrogate. Chi vuol vedere segni veda, chi sappia capire, capisca. Ognuno di noi sappia riconoscere la sua voce, i segni che, sebbene a volte tremendi e incomprensibili, indicano la via più autentica e spesso difficile. Segni che non sono mai da interpretare come maledizioni dal cielo, ma segni che nella nostra piccola vita, a ognuno di noi, indicano quale passo fare, uno dopo l’altro.

8/4/20

Ti ho telefonato stamattina

Non siamo diversi, divisi come siamo

tra uomini e donne, tra bimbi e adulti.

Le differenze ci appartengono

per gioco, per capriccio del destino

potremmo farle correre come biglie

su piste di sabbia e vedere chi vince oggi,

chi domani.

Siamo uguali, più uguali, meno uguali

con limitrofe deviazioni dalla matrice

primordiale. Gradi di assuefazione

al gene uomo, sfumature, declinazioni

di un unico inizio.

E siamo legati. Siamo insieme.

 

Possiamo essere così prossimi

e veri senza interlinee tra noi

e in questa verità spogliarci,

essere felici.

Ma ancora dobbiamo ferirci

per capire, per vedere che tutto

è già qui.

Non so dirti questa nudità radiosa

da dove derivi, ma stamattina,

all’alba, l’ho sentita ovunque,

come una luce contagiosa e una pace

in me.

Allora ti ho chiamato.

Tu sei rimasto

muto, un po’ pensieroso.

Lo so, è questo l’effetto che fanno

i pensieri d’amore, ma è perché

con essi abbiamo come un affanno,

non sappiamo capirli eppure,

credimi, sono la via più semplice,

più vera.

A essi poi giungiamo negli anni,

dopo lunghi tragitti dolorosi

e li riconosciamo. Diciamo,

ebbene era tutto lì, tutto già dato,

scontato.

Ecco perché stamattina ti ho chiamato,

ma neppure io sono riuscita a dirti

quello che sentivo, e sono rimasta

lì muta, a parlarti del mio giardino,

delle rose in boccio, di come

tutto è difficile. Poi ho detto:

ricordati l’amore.

Come? mi hai detto tu serio.

E io mi sono vergognata,

ho aggiunto:

ma sì l’amore, quello vero,

quello che fa sempre male,

che ci viene vicino e neppure

lo vediamo.

9/4/20

Vita nell’apartheid da virus

Nell’appartamento da sola.

Vi dirò, la solitudine non è poi male. Io vivo da sola da quando è morto mio marito, buonanima. Ma di certo ci sono dei momenti in cui essere soli è l’ultima delle cose al mondo che vorresti. Adesso siamo tutti chiusi in casa, da settimane. Tengo sempre il televisore acceso, cioè lo tenevo, prima dell’epidemia di quel codid, cordid, come cavolo si chiama. Ne fanno tutti un gran parlare, e mi hanno rotto le scatole coi loro numeri di decessi e contagi.  Io, sapete quanti anni ho? Novanta. Ebbene sì. Teoricamente, da quello che vanno dicendo in giro, sono in un’età a rischio, dico bene? Sono nata nel 1930, dico bene? So fare ancora di conto. Comunque quello che voglio dire è che io la guerra l’ho vista, e qui tutti parlano di guerra, ma la guerra è un’altra cosa, capite? Io so com’è. Non me la ricordo? Certo che me la ricordo, bombardavano sempre, e con la mamma e il papà scappavamo al rifugio. Ricordo che sentivamo quegli aerei terribili passare sopra le nostre teste con un rombo che ti trapassava, lo sentivi fin dentro al cuore. E poi quel tonfo di bombe, quell’esplosione, la terra tremava e qualcuno diceva: questa è caduta vicino. E noi terrorizzati ci guardavamo in faccia, senza fiatare. Cosa ci passava per la testa? In pochi secondi pensavamo: avrà ragione lui, no, ha torto, era lontana, speriamo non abbia preso la casa della zia, della nonna, speriamo che non ripassi di qui. Poi tutto taceva e tornavamo su in casa, e per quella notte era finita. Riponevamo le nostre cose, quattro cose beninteso, che tenevamo sempre pronte in corridoio, per quando scattava l’allarme antiaereo.  Pensare che ce ne scendevamo giù come se niente fosse, a fare la fine dei topi. E ora mi sembra lo stesso. Solo che è un’emergenza continua e misteriosa, invisibile. Qui c’è solo un gran silenzio, niente bombe, nessuno urla. La gente muore lontano, in silenzio. Io mi sento rinchiusa come al rifugio. Cammino ancora, anche se col bastone e sono in gamba, niente governante o roba del genere. Uscivo tutti i giorni, prima, andavo a comprare il pane e il giornale. Tutti dicono che sono in gamba e io lo ripeto. Fa bene ripetere quello che la gente pensa di te, ti fa sentire intera, che esisti. Io, dal canto mio, mi vedo diversa, ma questo è un altro discorso.

Adesso mia nipote ordina la spesa onlain, come dice lei, ti faccio la spesa io nonna, te la consegnano a casa. E così arriva un ragazzo con la mascherina, lascia i sacchetti davanti alla porta e se ne va. Tutto già pagato, e via. La vita è facile, molto più che durante la guerra,  allora non avevamo da mangiare. Comunque sto a casa, non voglio deludere mia figlia e mia nipote, voglio che stiano tranquille. Come passo il tempo? Faccio telefonate alle amiche, parliamo tanto, poi preparo un po’ di tè, mi siedo alla finestra a guardare e qualcuno che passa c’è sempre. Controllo che abbia la mascherina e un sacchetto o due del supermarket, sennò non è legale che esca, così mi ha detto mio genero. Lui è avvocato e di queste cose se ne intende. A volte c’è gente che gironzola senza mascherina, tardi, col cane al guinzaglio. Con la scusa del cane escono tre volte al giorno. Io sto bene, lo dico sempre a mia figlia, sto bene, non ti preoccupare di niente. Alla solitudine sono abituata. Non è male stare da soli a una certa età. Forse neppure prima. Solo che prima si crede che si debba per forza stare con qualcuno, fare una famiglia. Io una famiglia l’ho fatta. Non so però, tornando indietro, se la rifarei, non perché non sia andata bene, ma così, per provare la libertà vera, l’indipendenza che hanno le donne di oggi. Adesso mi fa male il ginocchio e me ne vado un po’ a riposare, al mattino mi sveglio sempre presto. Mia nipote dice che fa fatica, in questo periodo che lavora da casa, a svegliarsi al mattino. Dice che se non ha impegni là fuori, se sa che là fuori tutto tace, non riesce ad avere lo stimolo giusto per svegliarsi. Fa il telelavoro, o come diavolo lo chiamano ora, non so. Comunque i giovani hanno bisogno di stimoli forti, immediati. Io non so se ero così alla loro età. Non lo ricordo. E dire che ricordo tante cose. Ricordo la guerra.

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